L’Inter di Simone Inzaghi gioca bene. Non sempre, per carità. Ma quando Lautaro e compagni decidono di alzare i giri del motore (o meglio, ci riescono) i nerazzurri sono strabordanti. E possono davvero giocarsela contro chiunque. Lo abbiamo visto l’anno scorso, in Champions League, quando, dopo aver buttato fuori dal proprio girone con merito il Barcellona, hanno raggiunto la finalissima di Istanbul quasi con irrisoria facilità. O meglio, hanno sofferto col Porto, con Onana (che per me resta un top e al quale va un abbraccio sincero per un momento un po’ così con lo United) che ha salvato lo 0-0 in terra lusitana, nell’unico però vero episodio di angoscia delle sfide a eliminazione diretta. I quarti contro il Benfica sono sembrati una formalità, le semifinali contro il Milan un doppio turno tra una potenza mondiale e un avversario di due/tre categorie sotto. Sappiamo tutti poi come è andata contro il City. Complimenti a Guardiola e ai campioni d’Europa, ma pure ai vice campioni d’Europa.

Quest’anno, dopo un pareggio che sa di vittoria contro la Real Sociedad, si è ripreso da dove si era lasciato. Il secondo tempo da squadra schiacciasassi dell’Inter contro il Benfica è qualcosa da registrare e far vedere a tutti quelli che giocano a calcio. E a quelli che criticano il gioco dei nerazzurri, o il mister piacentino. Anche Arrigo Sacchi, che storicamente non è mai stato un amante del gioco espresso dai nerazzurri, ha cambiato idea. Con quel “Cominciamo subito con la cosa più importante: complimenti all’Inter e a Simone Inzaghi. Contro il Benfica i nerazzurri mi hanno proprio convinto: la loro è stata una vittoria di stampo internazionale per il modo in cui hanno interpretato la partita. Devo ammettere che erano partiti così così, ma poi sono venuti fuori alla distanza e nella ripresa sono stati fantastici. Dopo il gol hanno continuato ad attaccare, ad aggredire, non si sono mai fermati. Bravissimi” ha fatto un enorme passo indietro. Giusto così.

Anche perché in Italia troppo spesso si parla per frasi fatte. Si dice che il Milan abbia il dna europeo, ma l’ultima volta che i tifosi rossoneri hanno esultato per un trionfo in Champions era quasi il millennio scorso. La Juventus, che giustamente puntava alla coppa dalle grandi orecchie nelle passate edizioni, è in ricostruzione. E oggi non partecipa nemmeno al torneo. Il Napoli ha negli ottavi di finale il miglior risultato, la Lazio non credo proprio vincerà l’edizione attuale, come la Roma quelle successive. E allora perché c’è qualcuno che si ostina a criticare l’Inter? Come sostiene Inzaghi, quando le critiche sono costruttive si prendono e si portano a casa (vedi i giudizi post San Sebastian, dove era impossibile elogiare la prestazione nerazzurra), quando però si sminuiscono certe imprese solo per il gusto di farlo, è disinformazione, o mero tifo contro. E questo non va bene.

Certo, serve continuità pure in campionato, perché quanto successo la passata stagione non è accettabile per una squadra che punta alla seconda stella (e che il Sassuolo sia un incidente di percorso isolato), ma meriti e demeriti devono sempre essere evidenziati senza guardare il coloro (anzi i colori) della maglia.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 06 ottobre 2023 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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