Qualcuno può obiettare che è facile dirlo adesso, col senno di poi; ma l’analisi di Massimo Moratti fornita due sere fa a proposito di questa tournée americana esauritasi ieri col match contro il Real Madrid è corretta. Semmai, il dubbio sull’eventualità per l’Inter di prendere parte a questa kermesse, nella quale ha affrontato avversari di un rango che quest’anno, al club nerazzurro, purtroppo non compete nemmeno lontanamente, sorge eccome: un semplice assaggio di sfide internazionali di lusso, prima di tornare nel nostro orticello dal quale non si uscirà più. Perché è vero che competizioni come queste forse non te le puoi permetterle se, presidente dixit, stai affrontando un certo tipo di preparazione, e che se queste partite servono ad ottenere indicazioni importanti per la tua squadra, certo misurarsi contro squadre che ti sopravanzano per livello tecnico e nella condizione atletica forse aiuta le casse societarie ma solo fino a un certo punto serve a interpretare bene la realtà.
Si torna a casa, dunque, con la certezza che da adesso ci si concentrerà solo sulle competizioni nostrane e che di conseguenza ora si deve fare sul serio, dimenticando l’atmosfera yankee, i campi improbabili, gli invasori durante le partite. Ma sotto quale ottica va visto questo tour americano? Se guardiamo ai soli risultati, il verdetto è innegabile: uscire con dieci gol subiti e solo uno fatto, tre sconfitte e una vittoria ottenuta al ventesimo rigore grazie alla trasformazione di un portiere portano decisamente all’allarme rosso. Ma se è vero come è vero che questo è calcio d’agosto, allora guardiamo anche il lato della condizione espressa dalla squadra di Walter Mazzarri. Ed è qui che forse il giudizio drastico diventa un po’ più lieve: l’unica gara davvero da dimenticare è stata quella col Valencia, dove si è vista un’Inter francamente impresentabile, disattenta e impacciata. Mentre anche nella sconfitta, col Chelsea si sono viste complessivamente buone cose. E contro la Juve, grazie anche al cambio di sistema di allenamento accennato dal presidente, si sono in parte cancellate le brutture della gara contro Banega e soci.
La gara col Real Madrid di ieri sera rappresenta in questo senso la summa summata del livello dell’Inter made in Usa: primi 60 minuti da incubo, al cospetto di un avversario già in palla, ben sistemato da Carlo Ancelotti, che anche con le seconde linee come Casemiro, quarta scelta nel centrocampo madridista dietro anche al profumatamente pagato Illaramendi, e capace di mandare in tilt i vari Cambiasso e Kuzmanovic, a momenti si concedeva il lusso anche di una mano di burraco sul campo, coi due gol di passivo che sono sembrati un abbuono, complice anche la poca vena realizzativa di Morata. Ma nell’ultima mezz’ora, con una maggiore iniezione di qualità (e, va detto, con il contemporaneo inserimento di diverse giovani leve in casa blanca), si è vista un’Inter più spigliata, capace di accantonare la fragile mossa del lancio lungo verso Palacio, grintoso ma inefficace salvo qualche lampo, e determinata nell’aggredire l’avversario con le giocate in profondità, meritando a quel punto anche il gol della bandiera, anche dopo la sfortunata deviazione di Ricardo Alvarez; soffrendo ma provando a incidere come prima non gli è riuscito praticamente mai.
Due volti di una stessa squadra, cui la qualità e le idee di gioco non mancano ma alla quale ancora tanti puntelli, anche in zone per il momento ‘inedite’, servono come il pane. Si torna a casa, ora, e oltre a concentrarsi sulle competizioni ufficiali, inevitabilmente si provvederà a chiudere il prima possibile per cercare di completare nel modo migliore, anche in relazione al budget ancora lontano dal ricevere gli effetti dell’arrivo di Erick Thohir. Saphir Taider sembra essere il primo nome dopo gli arrivi di Rolando e, a breve, di Wallace, col quale Mourinho ci concederà per una stagione di rallegrarci per poi probabilmente venirselo a riprendere; giocatore interessante, il franco-algerino, anche se condivido personalmente i dubbi emersi circa la sua effettiva collocazione tattica e la relativa utilità.
Si chiude questa tournée estiva con l’Inter che ha affrontato, perdendo, il Real Madrid. E qui, forse, scappa una lacrima: non tanto per la gara di ieri, quanto perché, effettivamente, Walter Mazzarri ha detto la cosa giusta quando ha affermato che una gara così sarebbe stato bello affrontarla in un altro tipo di contesto. E’ vero: Inter-Real vuol dire grande sfida, vuol dire battaglie epiche come quelle degli anni ’80, vuol dire Mazzola e Corso come Amancio e Santillana; è il fascino di un duello storico che però negli ultimi 15 anni si è giocato solo due volte, sempre in amichevole: ieri e nel 2001, quando Adriano si rivelò al mondo con quella cannonata che a momenti bucava la porta del Bernabeu. L’ultima gara ufficiale risale al 1998: fu una notte di Champions a San Siro grandiosa, firmata Roberto Baggio. Il Divin Codino entrò nella ripresa e con due gol nel finale stese le merengues, regalando all’Inter un ruggito in un’annata rivelatasi poi balorda. Tempi che ormai sembrano maledettamente lontani per tanti motivi: ora Inter-Real Madrid si consuma in un campo lontano un oceano, in una semplice amichevole estiva. Non bello per una gara che deve tornare al più presto in palcoscenici migliori. Quanto presto, però, dipende solo da noi…
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