"Sono tutti titolari. Chi farà bene domani avrà la possibilità di giocare anche la prossima gara. Questo è quello che ho cercato di trasmettere". Parole di qualche ora fa proferite da Walter Mazzarri, a domanda specifica su Andrea Ranocchia, l'oggetto misterioso di questa stagione nerazzurra, ancora più del desaparecido Wallace. Oggi al Meazza, davanti a Thohir, il difensore di Bastia Umbra avrà l'opportunità di tornare titolare, un posto in squadra perso dopo Lazio-Inter del 6 gennaio scorso, giorno che più di un'epifania per lui ha rappresentato una sentenza di accantonamento.
Quel giorno Ranocchia pagò la disattenzione su Klose che costò alla sua squadra la sconfitta e a lui la fiducia di Mazzarri ma anche di gran parte dell'opinione pubblica nerazzurra. Da allora nove partite da spettatore, un'onta per colui che per anni è stato etichettato come miglior difensore emergente del calcio italiano, e che oggi la Nazionale la sfiora soltanto. Situazione inimmaginabile solo qualche tempo fa, io stesso, suo estimatore da sempre, non mi capacito di come sia precipitata in questi mesi.
Ovvio che il ragazzo, in questo contesto, senta da settimane nella sua testa quella vocina che gli consiglia di andarsene. Detto, fatto, oggi Ranocchia sarebbe già altrove se il Borussia Dortmund fosse andato oltre un flirt da pochi spiccioli, poco gradito alla dirigenza nerazzurra. O se il Galatasaray gli avesse garantito per sei mesi lo stesso stipendio percepito all'Inter. Già, pur di giocare con continuità e candidarsi per i Mondiali l'ex Genoa si sarebbe trasferito per qualche mese persino in Turchia, per poi cercare una nuova residenza più stabile da giugno. Troppo forte quella vocina nella testa. Nulla da fare, tutto rimandato alla prossima estate, salvo clamorosi e ad oggi imprevedibili colpi di scena.
Anche perché una questione assai spinosa incombe: un contratto in scadenza nel giugno 2015, che Ranocchia non ha alcuna intenzione di rinnovare. E, con le dovute considerazioni, gli do ragione. Lui che avrebbe voluto rimanere all'Inter nonostante certe sirene lo invitassero alla propria corte, lui che era stato designato per ereditare la fascia di capitano da Zanetti, lui che avrebbe dovuto essere il futuro dell'Inter e della Nazionale, si è trovato improvvisamente e senza neanche rendersene conto un banale rincalzo a Rolando, arrivato come tappabuchi e diventato titolare praticamente inamovibile.
Certo, sulla retrocessione gerarchica ha pesato anche qualche prestazione negativa (unita alla mancanza di cattiveria che dovrebbe caratterizzare un grande difensore) l'ultima proprio con la Lazio, ma la mia sensazione è che la faccenda sia stata gestita non benissimo. Poca comunicazione tra staff tecnico e dirigenza: se da un lato Mazzarri gli ha preferito Rolando per esigenze di campo, dall'altro forse sarebbe stato logico proteggere il difensore nel giro della Nazionale onde evitare una frattura come quella attuale che, nonostante la buona volontà di Ausilio, pare difficile da sanare.
La conseguenza sarà la svendita, a giugno, di un giocatore che fa gola a molti club, non ultimo la Juventus. A meno di garanzie tecniche che convincano Ranocchia quantomeno a sedersi a un tavolo con l'Inter per discutere il rinnovo. Ma chi gliele può dare queste garanzie? Nessuno, di certo non Mazzarri che però ieri ha aperto una porticina: chi farà bene contro il Torino, potrà mantenere il posto da titolare. A questo punto sta a Ranocchia riprendersi questo posto e la fiducia di allenatore e tifosi. E se tornasse la continuità di impiego, chissà che non arrivi anche una firma.
In un mondo perfetto Andrea sfodererebbe il carattere, scalerebbe le gerarchie che oggi lo vedono quarta, se non quinta scelta e si legherebbe a vita all'Inter. Ma resto pessimista, perché questo non è un mondo perfetto.
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