Pian pianino ci stiamo avvicinando sempre più al termine di questa annata calcistica. Travagliata, orribile, incasinata, senza senso…ciascuno può dipingerla come meglio crede ma, in sostanza, la prima stagione effettiva dell’era indonesiana. Che ET non fosse un grande conoscitore del pallone lo abbiamo capito giorno dopo giorno; forse, un passo alla volta, sta cercando di entrare nel ruolo non facile di innamorato dei nostri colori. Ma è ancora sufficientemente lontano dall’essere un esperto calciofilo. Ecco perché, nemmeno troppo di nascosto, ha affidato la società nelle mani esperte di un uomo che mastica calcio da anni, per di più proveniente da una scuola di prima categoria: Michael Bolingbroke. E, contemporaneamente, ha cercato di diversificare la società stessa in più rami, mettendo a capo di ciascuno personaggi dall’alto se non altissimo profilo e capacità. Un processo di ringiovanimento sia in termini di età vera e propria, sia sotto l’aspetto puramente imprenditoriale.
Tutti uniti per un solo obiettivo: riportare l’Inter a livelli che competono al marchio ed alla storia di questo club, uno dei più importanti al mondo. Ancora oggi. Nonostante le vicissitudini. Ad onor del vero, ciascuno per quanto possibile, tutti stanno cercando di portare il loro contributo alla causa nerazzurra. E la domanda è: se lo fanno i dirigenti, peraltro pochi dei quali cresciuti con l’interismo dentro, perché non lo devono fare i calciatori? Alla fine della fiera sono loro i protagonisti principali, sono loro che scendono in campo, sono loro che conquistano punti, che vincono o perdono. Né Bolingbroke, né Williamson, tantomeno Claire Lewis. Loro non parano, non giocano il pallone, non costruiscono geometrie in campo, non segnano. Ma stanno facendo il possibile per restituire ai tifosi una grande società. Stanno svolgendo il loro lavoro al meglio. Come e più di qualunque bomber, portiere, difensore o centrocampista.
La palla, a questo punto, passa direttamente attraverso mani e piedi dei nostri eroi; che, nonostante le traversie di questo campionato disgraziato, devono continuare a dare il massimo per la maglia che indossano. Tutti, ma tutti quanti. Dal re del gol all’ultima delle riserve. Senza il minimo risparmio. In nome e per conto della fantascientifica invenzione di monsieur Platini, il Financial Fair Play, tutti all’incirca conosciamo le difficoltà economiche in cui le casse nerazzurre versano. Da qui, da questo mirabolante FFP, nascono le riflessioni, assennate o meno, sul futuro interista. Da un lato c’è il partito di coloro che desidererebbero ardentemente non arrivare in Europa, soprattutto poi se la cosa dovesse rivelarsi un danno riguardo ad un anticipo di preparazione estiva. Perché è chiaro che l’eventuale accesso all’Europa League non avverrebbe dalla porta principale, ma irrimediabilmente da quella di servizio. Con annessi e connessi. Con turni preliminari che porterebbero la squadra a giocarsela su campi sconosciuti o quasi, con i disagi derivanti da lunghi viaggi, oltretutto scomodi. E, a lungo andare, il tutto potrebbe costituire già di per sé una scusante in caso di ennesimo fallimento, cosa alla quale nemmeno voglio pensare. Ma, conoscendo un pochino il mondo del calcio, immagino già i… ma abbiamo cominciato prima… ma abbiamo fatto poche vacanze… ma siamo entrati in forma troppo presto e adesso dobbiamo rifiatare… Insomma, un castello di attenuanti dietro cui nascondersi troppo facilmente.
Altro dato da non sottovalutare; senza EL, senza Europa in generale, il mercato estivo potrebbe essere svolto con un minimo di libertà in più, con una autonomia che l’Uefa non tollererebbe altrimenti. Dal lato opposto il partito che sì, che la manifestazione continentale va raggiunta, costi quel che costi. Perché giocare all’estero fa aumentare la visibilità del brand, perché comunque sia sei sempre l’Inter ed il tuo arrivo garantisce il pienone in un qualsivoglia stadio di una qualsivoglia nazione, perché non è nemmeno pensabile una competizione europea senza i colori del cielo e della notte. E, per finire, perché tanto la multa la dovremo comunque pagare… quindi che senso avrebbe posporre quella che sarà una sanzione certa? Con l’aggravante che adesso, a quanto si vocifera, si parla di una somma discretamente abbordabile. Ma, restando fuori dal circuito e spendendo a destra e a manca, chi ci dice che l’Uefa non si infastidisca e ci aumenti la multa in maniera considerevole? Insomma, dove la giri la giri chiunque ha delle valide ragione da portare avanti a suffragio della propria opinione.
Tutti, fondamentalmente, non sbagliano. Che tradotto significa: nessuno sbaglia. Personalmente mi interessa poco Europa o meno. Io faccio il tifoso, non l’economista. Io non riesco a turarmi il naso di fronte a prestazioni imbarazzanti; perché sono interista, perché quando la mia squadra scende in campo mi aspetto sempre il massimo. E il massimo, in una partita di calcio, è la vittoria. Quindi non faccio conti. Non sto a scervellarmi, ragionando su ciò che sarebbe meglio o non sarebbe meglio. Sul… se vale la pena entrare anche dalla porta di servizio… piuttosto che starsene bellamente comodi ad Appiano preparando una stagione che, a quel punto, dovrà essere di altissima qualità e livello. Vorrei soltanto che i miei entrassero sul terreno di gioco, per le partite che mancano, con un solo ed unico scopo: vincere. E vincerle possibilmente tutte. Se poi gli altri saranno più bravi di noi allora chapeau. Ma cose sul genere Parma o Cesena… anche no. Per quest’anno abbiamo già dato. Nessun pregiudizio. Solo tutto l’orgoglio possibile. Buona domenica!
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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