L’Inter ha perso in casa una partita che ha messo a nudo due vicende che la attanagliano e che si porterà fino al termine della stagione, a prescindere dall’esito. 
L’infinita querelle Spalletti-Icardi da una parte e un gioco asfittico, prevedibile, praticato solo muscolarmente con lanci inutili in area, dall’altra.
Siete liberi di pensarla come volete ma se l’Inter avesse avuto almeno un attaccante in campo, anche solo nei venti minuti finali, avrebbe almeno pareggiato. Al contrario per una pura questione di principio Spalletti ha rinunciato a convocare Icardi e ha preferito presunti interessi e il rispetto di un gruppo a quello verso un singolo giocatore. L’ossessione del tecnico verso l’ex capitano è persino smodata, al punto da non essersi accorto di quanto la questione sia personale e che l’Inter sia costantemente messa in secondo piano. Una buona parte di tifosi ieri commentava soddisfatta l’esclusione di Icardi, adducendo motivazioni fisiche “ha fatto solo 3 allenamenti, il tecnico ha fatto bene a lasciarlo a casa quel traditore”. Poi Spalletti ha invece confermato l’indiscrezione che lo aveva portato a non convocare Icardi:
“Lui poteva anche giocare un tempo per me, ma bisogna stare dentro uno spogliatoio ed avere credibilità,” Il tecnico, non contento, ha poi demolito l’attaccante sminuendolo sfacciatamente. “Erano sei anni che l'Inter non andava in Champions? Sei? E Icardi c'era. Quante partite abbiamo perso con Icardi in campo?”.
Siamo tutti d’accordo invece che “La mediazione per fargli mettere la maglia è una cosa per gli sportivi interisti è una cosa umiliante. Io ho bisogno di far giocare gli altri, poi lui rientra in gruppo e se continua a comportarsi come ha fatto sin qui...” 
Il finale è grossolano: “Messi e Cristiano Ronaldo fanno la differenza e pochi altri... E' la disciplina la vera forza della squadra".
Per questo mi sento di dire a Spalletti e a chi difende il suo atteggiamento che Nainggolan non è mai stato un esempio di disciplina, fin dal principio della stagione, è arrivato in ritardo agli allenamenti, ha fatto una vita tutt’altro che sportiva a lungo, ha giocato l’intero campionato nettamente al di sotto del suo standard e voleva lasciare l’Inter già a gennaio, come rivelava un surreale messaggio vocale.  Conseguenze? Una multa di 100.000 euro e qualche sorriso impacciato del tecnico.
Il gruppo viene prima di tutto? Quello dei giocatori croati che mettono i like a Maxi Lopez e alla rimozione della fascia a Icardi? Quello di giocatori (Perisic, Miranda) che vogliono lasciare la squadra a gennaio e che ogni anno tra dicembre e febbraio interrompono l’attività agonistica?
Quello che prima del derby, in casa con l’Eintracht ha giocato senza voglia e idee e si è fatto eliminare da una squadra tanto modesta?
Icardi ha fatto ogni genere di errore possibile, un altro che andava gestito insieme a sua moglie, con ben altri contenuti. Qui non c’è un solo colpevole ma visto che l’Inter in fondo era terza e che l’obiettivo stagionale, stando a molti tifosi era solo quello di confermare il ritorno in Champions, è stato permesso a Spalletti di proseguire l’opera di demolizione del giocatore per salvare il cosiddetto gruppo.

La partita ha invece mostrato lacune quasi inestirpabili in una squadra in cui non c’è un uomo che sappia tirare un calcio di punizione, un giocatore che abbia nel suo repertorio il tiro da fuori area.  
Nel primo tempo l’Inter parte bene e sfiora il gol con Skriniar, la squadra si muove bene e mette in difficoltà la Lazio in tre occasioni che, dopo meno di un quarto d’ora si trova pure in vantaggio inaspettatamente, grazie ad un cross di Luis Alberto che pesca Milinkovic Savic, il quale non deve far altro che appoggiarla in rete di testa. La squadra da quel momento si smarrisce e si auto punisce subendo ogni iniziativa degli ospiti con un ritorno alla passività. Il giro palla invece di aumentare, rallenta, Keita tenta delle iniziative ma non è il suo ruolo, nonostante la buona volontà. In realtà è la Lazio che va più vicina al raddoppio, sempre con Luiz Alberto e Mlinkovic Savic, liberi di creare pericoli e sorprendere esageratamente la difesa nerazzurra.
Nel secondo tempo la Lazio va ancora vicina al gol ma col passare dei minuti l’Inter prende in mano la partita fino a dominarla territorialmente. La squadra di Inzaghi non esce praticamente più dalla sua area fino al termine della partita, ma Spalletti chiede ai suoi di buttare la palla dentro l’area nella speranza che qualcuno la metta dentro, non importa chi. 
Finisce male.
La battaglia di orgogli ha nell’Inter l’unica vittima. La qualificazione in Champions è di nuovo in discussione. Avrebbe dovuto essere più importante capire come una società, il suo allenatore e alcuni dei suoi giocatori fossero arrivati ad una faida tanto dannosa. Invece la questione si è risolta solo in una sterile presa di posizione da parte di tutti.
Oggi va sostenuta la squadra fino all’ultimo ma a fine stagione sono tante le persone che non dovrebbero più restare in nerazzurro. Non solo uno.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 01 aprile 2019 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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