Nel cenacolo filosofico degli allenatori di Serie A tra le posizioni più estremiste vi è senz'altro quella di Mourinho, seduto lungo la tavola della sala stampa di Trigoria: "Sono un risultatista. Se giochi un calcio offensivo e perdi 5-4, allora è meglio giocare un calcio difensivo e pareggiare 0-0, così gudagni un punto", ha dichiarato lo Special One alla vigilia di Roma-Empoli, evitando per una volta di dividere i pani.
"E se perdi il derby 3-2?", avrebbe domandato con sarcasmo Sarri rivolgendosi all'aquila Olimpia che, rimasta appollaiata per una settimana sul suo braccio, ha letto insieme al tecnico della Lazio le parole del portoghese e ricambiato un sorrisino.
Non aquile ma cavalli sono la passione di Allegri: "Per vincere lo scudetto basta arrivare un punto sopra il Napoli. Fotografia, corto muso. Semplice". Locatelli ha seguito il discorso galvanizzante del suo mister e lo ha applicato ai 90 minuti di Torino-Juve. Ma già nei match precedenti segnali di rincorsa si erano visti per esempio nelle sgroppate di Chiesa, più libero mentalmente e responsabilizzato dopo che da un giorno all'altro il fantino CR7 aveva deciso di piantare in asso la scuderia.
Pioli ha teorizzato un calcio ciclico: "In Atalanta-Milan ci vedo l'inizio del nostro percorso. Dopo la partita di Bergamo a gennaio è iniziato il cammino con gli arrivi di Ibra, Kjaer e Saelamaekers". A proposito, come si pronuncia il nome del belga?
Arriviamo a Inzaghi e ai cambi, stavolta un poker d'assi con Dimarco, Darmian, Vidal e Dzeko, che gli hanno consentito di completare l'ennesimo ribaltone. Spesso in passato abbiamo sentito dire che l'avversario dell'Inter è l'Inter stessa, tesi che contrasta con la stretta attualità: l'avversario dell'Inter, oggi, sono gli avversari in campo, quindi Malinovskyi o Boga per citare i mostri che ultimamente hanno insidiato gli incubi di Handanovic e Skriniar. Se una settimana fa l'ucraino dell'Atalanta veniva lasciato libero di lanciare i suoi missili dal limite dell'area di rigore dei nerazzurri, sabato sera l'ala mancina del Sassuolo, pericolosissima nell'uno contro uno, riusciva a sfruttare la differenza di passo nei duelli ingaggiati con il colosso slovacco. Al Mapei c'è voluta l'entrata in campo di Darmian al posto di Dumfries per arginare il 7 neroverde con i raddoppi, mentre l'olandese giocando da ala ultra-offensiva ha confermato di non essere troppo propenso al compito difensivo richiesto da Inzaghi (e non regge la scusa del quaderno mangiato dal cane). A San Siro contro la Dea per fermare Malinovskyi l'Inter ha dovuto attendere l'intuizione tattica di Gasperini, che lo ha richiamato in panchina inserendo al suo posto Ilicic.
Correa al rientro dall'infortunio non era nella sua serata più brillante e si è visto, Calhanoglu non è agguerrito come Vidal quando va all'attacco con il coltello tra i denti, né in fase difensiva offre la stessa garra del cileno. Scelte dei singoli a parte, l'Inter a volte dà la sensazione di non conoscere le armi del nemico, mentre nella ripresa, quando la prestazione fisica dell'avversario cala, la squadra può correggere il risultato anche con le sostituzioni. E chissà che proprio il secondo tempo non sia la frazione di gara ideale per sfruttare l'acume tattico di Dzeko, il quale sabato, sbracciandosi nel chiamare gli assist di Perisic e Brozovic da cui il gol del pareggio e il fallo da rigore di Consigli, ha mostrato la carica e l'energia di un 25enne. Altro che Ibra e Benjamin Button. Strategia? Difensivamente parlando, di certo un tantino rischiosa se al Mapei inizi aggredendo il Sassuolo fino al suo limite dell'area e lasci i tre centrali in balia della rapidità dei suoi quattro attaccanti, specie se uno di questi vantava già 6 gol siglati ai nerazzurri, mentre gli altri tre si chiamano pur sempre Djurcic, Defrel e Boga.
Per fortuna i conti tornano sempre subito dopo l'intervallo, o comunque nel corso del secondo tempo, a Verona ancora grazie agli ingressi in campo di Vidal e soprattutto Correa, a Firenze con la nuova impostazione tattica più bilanciata ed accorta e la manovra ragionata, mentre con l'Atalanta il gol del 2-2 arriva sull'accelerazione del neo entrato Dimarco. Paradossalmente l'Inter ha giocato un gran primo tempo contro il Real, ma mancando le occasioni per far gol ha subito la beffa della sconfitta nel finale. Ciononostante, anche in Champions Inzaghi ha ancora il tempo di rimettere la squadra in carreggiata, a partire dalle prossime due sfide contro lo Sheriff, anche se stavolta sarà più difficile ricordarsi o quanto meno scrivere correttamente alla lavagna i nomi da marcare. Quando le prime parti di gara non sono delle migliori il rimontista, mantenendo il suo aplomb di manciniana memoria (siamo comunque lontani dai livelli cardiopalma di Inter-Samp 3-2), riesce sempre a leggere nella maniera corretta la prestazione, ben sapendo che i match durano 90', i gironi di Champions sei partite e le mosse vincenti possono arrivare anche quando i giochi sono già nel vivo.
"E se perdi il derby 3-2?", avrebbe domandato con sarcasmo Sarri rivolgendosi all'aquila Olimpia che, rimasta appollaiata per una settimana sul suo braccio, ha letto insieme al tecnico della Lazio le parole del portoghese e ricambiato un sorrisino.
Non aquile ma cavalli sono la passione di Allegri: "Per vincere lo scudetto basta arrivare un punto sopra il Napoli. Fotografia, corto muso. Semplice". Locatelli ha seguito il discorso galvanizzante del suo mister e lo ha applicato ai 90 minuti di Torino-Juve. Ma già nei match precedenti segnali di rincorsa si erano visti per esempio nelle sgroppate di Chiesa, più libero mentalmente e responsabilizzato dopo che da un giorno all'altro il fantino CR7 aveva deciso di piantare in asso la scuderia.
Pioli ha teorizzato un calcio ciclico: "In Atalanta-Milan ci vedo l'inizio del nostro percorso. Dopo la partita di Bergamo a gennaio è iniziato il cammino con gli arrivi di Ibra, Kjaer e Saelamaekers". A proposito, come si pronuncia il nome del belga?
Arriviamo a Inzaghi e ai cambi, stavolta un poker d'assi con Dimarco, Darmian, Vidal e Dzeko, che gli hanno consentito di completare l'ennesimo ribaltone. Spesso in passato abbiamo sentito dire che l'avversario dell'Inter è l'Inter stessa, tesi che contrasta con la stretta attualità: l'avversario dell'Inter, oggi, sono gli avversari in campo, quindi Malinovskyi o Boga per citare i mostri che ultimamente hanno insidiato gli incubi di Handanovic e Skriniar. Se una settimana fa l'ucraino dell'Atalanta veniva lasciato libero di lanciare i suoi missili dal limite dell'area di rigore dei nerazzurri, sabato sera l'ala mancina del Sassuolo, pericolosissima nell'uno contro uno, riusciva a sfruttare la differenza di passo nei duelli ingaggiati con il colosso slovacco. Al Mapei c'è voluta l'entrata in campo di Darmian al posto di Dumfries per arginare il 7 neroverde con i raddoppi, mentre l'olandese giocando da ala ultra-offensiva ha confermato di non essere troppo propenso al compito difensivo richiesto da Inzaghi (e non regge la scusa del quaderno mangiato dal cane). A San Siro contro la Dea per fermare Malinovskyi l'Inter ha dovuto attendere l'intuizione tattica di Gasperini, che lo ha richiamato in panchina inserendo al suo posto Ilicic.
Correa al rientro dall'infortunio non era nella sua serata più brillante e si è visto, Calhanoglu non è agguerrito come Vidal quando va all'attacco con il coltello tra i denti, né in fase difensiva offre la stessa garra del cileno. Scelte dei singoli a parte, l'Inter a volte dà la sensazione di non conoscere le armi del nemico, mentre nella ripresa, quando la prestazione fisica dell'avversario cala, la squadra può correggere il risultato anche con le sostituzioni. E chissà che proprio il secondo tempo non sia la frazione di gara ideale per sfruttare l'acume tattico di Dzeko, il quale sabato, sbracciandosi nel chiamare gli assist di Perisic e Brozovic da cui il gol del pareggio e il fallo da rigore di Consigli, ha mostrato la carica e l'energia di un 25enne. Altro che Ibra e Benjamin Button. Strategia? Difensivamente parlando, di certo un tantino rischiosa se al Mapei inizi aggredendo il Sassuolo fino al suo limite dell'area e lasci i tre centrali in balia della rapidità dei suoi quattro attaccanti, specie se uno di questi vantava già 6 gol siglati ai nerazzurri, mentre gli altri tre si chiamano pur sempre Djurcic, Defrel e Boga.
Per fortuna i conti tornano sempre subito dopo l'intervallo, o comunque nel corso del secondo tempo, a Verona ancora grazie agli ingressi in campo di Vidal e soprattutto Correa, a Firenze con la nuova impostazione tattica più bilanciata ed accorta e la manovra ragionata, mentre con l'Atalanta il gol del 2-2 arriva sull'accelerazione del neo entrato Dimarco. Paradossalmente l'Inter ha giocato un gran primo tempo contro il Real, ma mancando le occasioni per far gol ha subito la beffa della sconfitta nel finale. Ciononostante, anche in Champions Inzaghi ha ancora il tempo di rimettere la squadra in carreggiata, a partire dalle prossime due sfide contro lo Sheriff, anche se stavolta sarà più difficile ricordarsi o quanto meno scrivere correttamente alla lavagna i nomi da marcare. Quando le prime parti di gara non sono delle migliori il rimontista, mantenendo il suo aplomb di manciniana memoria (siamo comunque lontani dai livelli cardiopalma di Inter-Samp 3-2), riesce sempre a leggere nella maniera corretta la prestazione, ben sapendo che i match durano 90', i gironi di Champions sei partite e le mosse vincenti possono arrivare anche quando i giochi sono già nel vivo.
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