Sabato 27 aprile 2019 è il giorno dell'unità del popolo nerazzurro. Fatta l'Inter nel lontano 1908, 111 anni dopo bisogna 'rifare' gli interisti nella notte in cui è più facile formare la propria identità guardando dritti negli occhi gli odiati nemici sportivi juventini. Il derby dell'Italia divisa, quella che mette di fronte la Beneamata alla Vecchia Signora, in campo sarà l'ennesimo appuntamento con la storia: da una parte Cristiano Ronaldo e compagni potranno esibire con orgoglio l'ottavo tricolore di fila cucito sul petto sabato scorso, dall'altra la squadra di Luciano Spalletti vorrà chiudere il discorso Champions centrando una vittoria di prestigio con i sovrani assoluti delle ultime otto stagioni di Serie A.

Sugli spalti i colori si mischieranno: la fazione più numerosa del tifo juventino verrà sistemata in un angolo di stadio circoscritto al terzo anello, mentre in altre parti dell'impianto più di qualche chiazza bianconera spezzerà il tema dell'abito da sera dei colori del cielo e della notte che indosserà San Siro. A più di cento metri circa dal settore ospiti, dirimpetto alla curva sud, le luci della Scala del Calcio saranno puntate più che mai sulla Curva Nord, chiamata a superare in bellezza e incisività la coreografia collodiana di un anno fa. Il simbolo esposto dalla CN, al netto dell'eventuale scelta autoreferenziale, dovrà essere meno divisivo del comunicato diramato lo scorso 21 aprile nel quale si spiegava la posizione della frangia del tifo più calda in merito al comportamento tenuto da Mauro Icardi in questa stagione. Una versione esclusiva, aderente a certi valori veicolati negli anni dalle Curve, che non ammette nemmeno il dissenso civile: "Premettendo che ci spiace per tutti i gobbi mancati che popolano il resto di San Siro e fischiano contro la nostra coerenza solo perché affamati di vittoria, noi non ci spostiamo di un millimetro", recitava l'inizio della nota anti-Maurito che è diventata di colpo un attacco frontale ai loggionisti presenti alla Scala del Calcio. Offesi nel modo peggiore mentre professavano la propria fede calcistica nel tempio laico del Meazza.

Un concetto non nuovo nella letteratura dei comunicati della Curva Nord, che si affretta a rimarcare a ogni occasione utile l'esistenza di un tifo di Serie A e Serie B. Spesso rivendicando la perfetta corrispondenza tra loro e il club che rappresentano con orgoglio più privato che collettivo negli stadi in giro per il mondo: "Noi siamo l'Inter", la frase chiave che ostentano in contrapposizione a chi la squadra la ama magari a migliaia di chilometri di distanza, portando comunque con onore e rispetto i colori nella semplice quotidianità. "Non abbiamo nulla da dimostrare a nessuno, tanto meno agli interisti o presunti tali seduti davanti a pc e tv, mentre voi cosa avete fatto per la nostra Maglia nella vostra vita?, l'altro messaggio lanciato in data 3 aprile, nel giorno del ritorno in campo a Genova dell'ex capitano, per tracciare il confine tra un noi e un loro che assomiglia a una guerra civile combattuta a suon di cori, fischi e contachilometri.

L'ultimo strappo che si è creato nell'universo nerazzurro andrebbe ricucito al più presto per il bene supremo a cui aspirano tutti quelli che hanno a cuore le sorti dell'Inter: le vittorie della squadra ottenute mantenendo intatta una certa reputazione. E' su questo assioma ogni supporter dell'Inter non deve retrocedere di un millimetro, ben sapendo di essere quell'individuo dentro la Storia che tramanda determinati valori a figli e nipoti senza scadere in inutili protagonismi dettati dal presente. Gli Icardi, gli Spalletti e i signor Rossi del primo anello rosso passano, l'Inter resta. A prescindere dagli insulti che sabato pioveranno dal secondo verde verso il numero 9, dai fischi per una sconfitta o gli applausi per la vittoria, ogni tifoso dell'Inter tornerà a casa e prima di andare a letto penserà alla fortuna di tifare questo club ultracentenario. E lo potrà ribadire ad alta voce, urlando a squarciagola verso il cielo, assieme a tanti fratelli del mondo quando le casse dello stadio diffonderanno la parte più sentita dell'inno 'C'è solo l'Inter': "E mi torna ancora in mente l'avvocato Prisco. Lui diceva che la Serie A è nel nostro dna, io non rubo il campionato ed in Serie B non son mai stato". Una strofa che unisce perché semplifica in poche parole il sentimento più puro dell'interismo. 

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 25 aprile 2019 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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