Scandalo scommesse che travolge il calcio, decreto crescita, questione stadio, qualificazione all’Europeo ancora da ottenere, infortuni, minacce dal Belgio di "scioccanti versioni dei fatti"… Una pausa nazionali piuttosto concitata quella appena lasciataci alle spalle, concitazione che l’Inter fortunatamente cancella, quantomeno momentaneamente, in venti minuti. Come un colpo di spugna passato su appunti scritti in gesso sulla superficie nera di una vecchia lavagna, la squadra di Simone Inzaghi si sbarazza dei suoi nemici in un unica mossa, o forse tre… ma quelli sono dettagli perché, per ricalcare (in parte) le parole di Acerbi nel pre-gara, non è importante quando (e quanto) segni, l’importante è vincere. E cosi è stato.
Ad onta di una prima parte di gara non entusiasmante, caratterizzata da una ventina di minuti di gioco recitati come Simone chiede che hanno però poi trovato alter ego nei secondi venticinque fatti di difficoltà e affanno che hanno fatto imbestialire i milioni di telespettatori nerazzurri, l’Inter riprende sé stessa e le redini di una partita che s’aggiusta da sé con un semplice triplo cambio. Azzeccato in tutto: al momento e con gli interpreti giusti. Carlos Augusto, Dumfries e Frattesi al posto di Dimarco, Pavard e Barella, con Darmian che arretra prendendo il posto del francese, liberando la corsia di destra che Denzel Dumfries occupa al posto dell'ex United. Due giri d'orologio e lo spartiacque del match è servito: corsa e traversone di Denzel sul quale si scaraventa Thuram. Il francese, come avesse visto un'oasi in mezzo al deserto dopo un primo tempo dove le conclusioni in porta sono state un miraggio si avventa su un pallone che calcia con tutto quello che ha in corpo: un calcio grezzo, sporco, tutt'altro che elegante e per niente aggraziato ma sul quale non arriva nessuno, Milinkovic-Savic compreso. Vantaggio Inter e via di 'danzel', la danza della felicità propiziata dal duo Dumfries-Thuram ma ballata da un popolo intero appena liberato dall'incubo di un ennesima insidia. Ma della bisbetica sfida vissuta fino a quel momento i nerazzurri fanno presto a sbarazzarsene e dopo un'altra manciata di minuti, contraddistinti da una fiducia cresciuta dopo il gol, arriva il raddoppio firmato dal solito, imprescindibile Lautaro Martinez che ancora una volta si rende protagonista di una leadership sottoscritta da una prestazione di sacrificio e altruismo che la rete del 2-0 premia di diritto. Con l'uscita dal campo di Schuurs il Toro abbassa la testa senza mai più riuscire a risollevarla, soccombendo definitivamente alla squadra ospite con la trattenuta di Ilic ai danni di Mkhitaryan, un po' per via del netto ritardo del serbo sull'armeno, un po' per frustrazione, che ha consegnato a Calhanoglu la penna per sottoscrivere il 3-0 dal dischetto. (A proposito, un dubbio sorge spontaneo: d'accordo che la partita era chiusa e tutto quanto, però se il regolamento vale a ogni minuto di gioco, qui l'arbitro Marchetti si è tenuto nel taschino un rosso sacrosanto...).
Ma andiamo oltre. E se con la perdita di Schuurs, perde di smalto (e di risultato) anche la squadra di Juric, lo stesso non si può dire dell'Inter dopo l'uscita di Nicolò Barella. Il centrocampista sardo, reduce dagli impegni con l'Italia e da un paio di giorni più che semplicemente concitati, ha malcelato stanchezza e nervosismo ed è apparso la brutta copia del solito 'Bare'. "Mi è piaciuto, probabilmente senza quell’ammonizione, che non meritava, non l’avrei fatto uscire. L’ho visto bene e sereno e infatti è partito dall’inizio. Con il cartellino ho preferito far uscire lui anziché Mkhitaryan, ma l’ho visto sereno in questi due giorni, ha lavorato molto bene" ha detto Inzaghi in conferenza post-match, una diplomatica risposta che ha ragion d'essere ma credibile solo fino ad un certo punto. La tumultuosa vicenda che lo ha tirato, ingiustamente, in mezzo alla centrifuga scommesse e che ha portato lo stesso (silenziosissimo e mai incline all'esposizione mediatica) giocatore ad esprimersi, ha reso oggi a Inzaghi una versione di sé parecchio stropicciata e mai brillante. Contrariamente al compagno sardo, Davide Frattesi s'illumina immediatamente cambiando il volto del matche se Dumfries serve l'assist che l'ha sbloccato, l'ex Sassuolo porta freschezza e dinamismo. Complice l'allargamento delle maglie tattiche del Toro, riesce a trovare le soluzioni per crearsi spazio e muovendosi attorno al campo riesce a creare trazione anteriore. Contro un'avversaria che, come ha avuto modo di dire mutuando la famosa frase di Pep Guardiola, affrontarla è come andare dal dentista, Frattesi ha fatto la parte dell'anestesista, usando il suo antidoto per fermare il dottore e permettere all'Inter di uscire indenne e indolore dallo studio, anzi, dallo stadio. Frattesi che ora punta a una maglia da titolare col Salisburgo e che, anche qui ipse dixit, ha sempre voglia di andare a duecento all'ora e a volte gli altri devono intimargli di rallentare. Ma a questi altri vien da dire: se i risultati sono questi, ma perché mai?
Ad ogni modo, a Torino una serie di incastri, sicuramente lubrificati dalla sfortunata uscita anzitempo di Schuurs, infortunatosi al ginocchio, che ha costretto la squadra di casa a imbruttirsi oltre che a cambiare strategia, hanno riportato l'Inter al primo posto in classifica. Tre punti in attesa di scoprire il risultato tra Milan e Juventus che oggi sono però l'ultima delle cose delle quali interessarsi: ancora una volta una prestazione a due volti che fa guardare il bicchiere un po' più di mezzo pieno. Lavorando, con questo spirito di squadra si può essere un 'trattore'.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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