E' stato un pareggio maledettamente importante, di quelli balsamici ed esaltanti per come si erano messe le cose.
L'Inter scesa in campo al San Paolo è la somma di un "voglio ma ancora non posso" che la sta facendo studiare da grande squadra e le fa commettere errori che ne mettono a nudo la sua straordinaria superficialità.

Nel primo tempo la squadra si è resa pericolosa, oltre che per gli avversari, anche per sé stessa, grazie a una tattica spregiudicata che la metteva nelle condizione di amministrare il gioco, spingendosi fino all'area avversaria, per poi subire quattro contropiede causati da clamorosi errori individuali. In due casi gli assistenti non ravvisavano due fuorigioco evidenti ma, al di là di questo tutt'altro che trascurabile dettaglio, la difesa mostrava per l'ennesima volta di non avere un sistema immunitario in grado di reggere l'incredibile approssimazione di ogni singolo giocatore che consegnava il pallone agli increduli avversari. Higuain graziava l'Inter in due occasioni e Palacio manteneva lo standard di giocatore tatticamente ineguagliabile, quanto intimorito, dal suo infortunio che lo condiziona cronicamente in fase realizzativa. 

Nel secondo tempo le squadre si allungavano ulteriormente e gli errori sanguinari compiuti da tutti, permettevano di vedere ad occhio nudo i difetti di produzione della squadra di Mancini. Eppure il primo gol napoletano nasceva da un fallo su Shaqiri lasciato correre e da una difesa che applicava l'effetto "mar rosso", aprendosi per permettere ad Hamsik di incornare di testa. I due centrali, con particolare riferimento a J. Jesus, erano lenti nel capire l'evoluzione dell'azione.

Perciò 1-0 e il castello si sgretolava. L'Inter reagiva, stordita ma pericolosa, Guarin si innervosiva ma lottava. Poi al 65° arrivava il gol di Higuain con l'ennesimo disimpegno sbagliato, una palla recapitata al Pipita, marcato allegramente da J. Jesus (più o meno come Vidic su Zaza in Sassuolo-Inter). L'argentino, in omaggio al regalo difensivo, controllava e mirava la porta di Handanovc con un gol comunque spettacolare. Da quel momento Mancini ha deciso di entrare in campo. Ha sistemato la squadra, tolto un deludente Brozovic e inserito Hernanes in qualità di trequartista, per poi spostare Shaqiri a destra. Pochi minuti e arrivava il gol meritato di Palacio. Il pareggio era la naturale conseguenza di una buona dose di convinzione e atavico senso della rimonta che questa stagione e tutte quelle di Mancini e Mourinho, hanno ispirato. 

Resterà pazza Inter fino alla fine anche questa stagione. Lo ha dimostrato al San Paolo, lo ha fatto capire in altre circostanze ed è anche un marchio di fabbrica del suo allenatore. Il progetto è arrivato, ha un nome e cognome e si è preso l'onere di traghettare l'Inter alla prossima stagione con una somma di ambizioni smisurate. Il problema è che l'ambiente che circonda la squadra è diventato ingestibile. Perciò ogni partita persa è un esonero virtuale, una caccia al colpevole, un affossamento con nuovi vertici toccati da aggettivazioni al culmine dell'insulto. Si "brucia" chiunque, persino Mancini. 

In tutto questo la squadra, come a Napoli, gioca imprigionata da svagatezze che vengono pagate con conti salatissimi.
Mancini ha la colpa di avere un piede già nel futuro, lui pensa già alla prossima Inter, o meglio a quella che dovrebbe essere. Perciò chiede ai giocatori cose che ancora non sanno fare, movimenti che, fatalmente, una volta su dieci sbagliano. Insiste sulla mentalità ma non sa essere prudente e qualche giocatore dà la sensazione di non saper andar dietro le ambizioni del suo tecnico. 

Siamo passati da un Mazzarri eccessivamente prudente e minimalista a uno che è il suo naturale anticristo. Molto meglio questa mentalità che però ha la necessità di tener conto anche del campo. La gente la fa facile ma non si cambia in soli tre mesi allenatore, modulo, tre titolari e atteggiamento mentale, senza fare errori dilettanteschi. Che poi ci sia un forte movimento d'opinione che non guarda tutto questo ma solo la classifica e sostenga ottusamente che non si vede l'effetto Mancini, fa parte di un perverso gioco delle parti. La squadra si muove ma quest'anno sarà ancora una sofferenza, con vista su un progetto che, a quanto pare, non tutti vedono.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 09 marzo 2015 alle 00:04
Autore: Lapo De Carlo
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