Magari non è l'allenatore più simpatico in circolazione, né il più vincente. In tanti, tifosi compresi, invocano la sua testa su un piatto d'argento e neanche vogliono pensare alla sua conferma per la seconda stagione consecutiva. Eppure Walter Mazzarri, pur non godendo di estimatori all'unanimità, ha la fiducia dell'unica persona che conta: Erick Thohir.

Il ritorno a Milano dell'indonesiano ha fatto pulizia su molti punti, rinvigorendo la sua strategia che oggi appare sempre più nitida anche se il quadro sarà più chiaro a giugno. Ha inoltre portato in dote un nuovo membro del CdA, per riempire la falla lasciata dall'uscita di scena di Roeslani. E si sta affidando ai migliori head hunter per trovare professionisti di livello internazionale ai quali affidare la gestione delle varie aree della società. Che, con il tempo, sarà sempre più un'azienda multinazionale piuttosto che un'impresa famigliare com'è stata per tanti anni sotto la gestione di Massimo Moratti. Ennesima conferma del fatto che la passione, senza una struttura societaria adeguata, non porta lontano.

Condividendo la fiducia incondizionata concessa ad Ausilio per il ruolo di uomo mercato, mi piace appunto sottolineare il modo in cui Thohir stia supportando in tutti i luoghi e in tutti i laghi (mi si permetta la divagazione sanremese, di questi tempi...) il proprio allenatore, rimanendo sordo alle feroci critiche che lo hanno accompagnato prima delle ultime due vittorie. Non sono nella testa del presidente (chissà che non pensi tutt'altro), mi limito a interpretare parole e indizi, ma all'esterno è palese il modo in cui il proprietario del 70% dell'Inter non lasci trasparire il minimo dubbio su un tecnico scelto da altri e che, proprio per questa ragione, sarebbe legittimato a sostituire a fine stagione.

Invece sembra che tra i due ci sia davvero sintonia, e non solo a parole. L'acquisto, fuori budget, di Hernanes (lo stesso dicasi dell'arrivo anticipato di D'Ambrosio) è una conferma tangibile dell'intenzione di Thohir di sostenere il progetto tattico di Mazzarri, così come lo sarebbe stato paradossalmente il cervellotico scambio Guarin-Vucinic. Non certo l'atteggiamento di un presidente che da lì a 5 mesi vuol dare il benservito all'allenatore. E noi interisti percepiamo prima di altri certi sentori.

La stessa serenità esternata da WM anche nei momenti più bui, con costanti riferimenti all'anno di transizione, è sintomo di una comunione di intenti che va al di là del risultato sul campo, di moduli o di gestione dei giovani. Insomma, per quanto una fetta nutrita di tifosi interisti non approvi i metodi del mister di San Vincenzo, il salvatore della patria nerazzurra, arrivato dall'altra parte del mondo, non sembra nutrire perplessità sul suo conto. Anche questo è un modo per dare sicurezza e continuità a un progetto pluriennale.

Il re dei media indonesiani e l'allenatore forse meno mediatico in circolazione parlano la stessa lingua, non l'inglese ma quella del calcio. E per smuovere anche i più diffidenti o gli amanti della dietrologia, c'è uno scatto fotografico straordinario: il saluto pugno contro pugno, molto american street way, tra tecnico e presidente ieri a san Siro durante la seduta di allenamento. Un gesto young che da un professionista navigato come Mazzarri non ti aspetti, ma che è invece insito nel modo di vivere i rapporti interpersonali di Thohir, uno yankee con gli occhi a mandorla. Due mondi distanti che si incontrano, per il bene dell'Inter: let's go, Erick e Wolter. Pronuncia americana, ovviamente.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 23 febbraio 2014 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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