Che no, davvero, non si fa. Perché qui non c'è bisogno di un book per scegliere, ammesso e non concesso che Suning abbia optato per il Cholo come condottiero dell'Inter che sarà, un semplice traghettatore. Un uomo buono per tutte le stagioni e con il compito di portare la squadra a fine campionato senza particolari patemi d'animo. Indipendentemente da chi sarà il vincitore c'è modo e modo per venire a capo di una situazione che definire delicata è un insulto al termine delicata. Ecco, il battage messo in piedi per questo concorso che ha come premio la panchina nerazzurra, opinione personale, l'ho trovato sgradevole. E poco consono al blasone di una Società gloriosa come la nostra. Chi consiglia alla nuova proprietà di agire in questo modo, chiedo scusa, è meglio metterlo da parte. L'Inter, con tutto il rispetto, non è una sconosciuta squadra di chissà dove; fa parte della storia del calcio, di una élite privilegiata, del gotha pallonaro mondiale. E non si tratta come il Borgorosso, scatenando ilarità ed una serie di spiacevoli situazioni, poco serie e molto facete. Ci sta che una nuova proprietà commetta errori, a volte orrori, fa parte del gioco ed è quasi fisiologico direi. Quindi trarre spunto dall'attuale circostanza per il futuro. Sembrerebbe dunque che la corsa si sia ridotta ad un paio di profili. Uno italico, l'altro no. Entrambi, comunque, attenti alla fase difensiva ed all'equilibrio tra i reparti. Certo, abbiamo appena sostituito un galantuomo che conosceva zero il calcio nostrano, con poca gratitudine ed ancor meno signorilità. E dovrebbe arrivare un altro conoscenza zero del calcio italiano. Che gioca bene, dicono, e bene ha fatto col Villareal, ma vuoi mettere le differenze di ambiente e pressioni? I bene informati raccontano che Marcelino Garcia Toral è uno tutto di un pezzo. E De Boer com'era, scusate? Perché il problema non sta nel manico; senza la società alle spalle nemmeno Nembo Kid sarebbe in grado di gestire e guidare nel migliore dei modi professionisti abituati a ragionare poco col cuore e molto col portafoglio. Perciò tutto questo lambiccarsi cercando di scoprire chi siederà in panca e per quanto tempo lo trovo sport poco utile. Sono altre le problematiche, le situazioni da raddrizzare; l'allenatore, senza potere, posso farlo io o chiunque tra Voi. In primis sistemare, in maniera chiara, chi comanda. Perché uno che comanda deve esserci. E rimanere a Milano, non tra Londra, San Francisco o Trebisonda. Soprattutto, bisogna che la figura individuata sia in perfetta sintonia con la proprietà, condividendone piani e strategie; che abbia potere (quasi) illimitato; che capisca e comprenda il calcio italico. Niente manager stranieri, ma qualcuno con capacità da leader, autonomo da casa madre, che goda di ampia stima e credibilità. Altrimenti continuerà la manfrina per cui se bisogna cambiare le scrivanie che quelle vecchie sono usurate bisogna chiamare Giacarta che chiama Nanchino che vediamo il fuso orario che poi loro richiamano. Un perenne riferire al proprietario insomma. E se Zhang è in viaggio d'affari che si fa, si aspettano magari due settimane che torna? Poi magari mi sbaglio e in Corso Vittorio Emanuele va tutto bene; così, a naso, non mi pare. Amici con più nozione di causa di quanta possa averne io vi hanno spiegato; da una parte ci sono Ausilio e Zanetti, che stanno per conto loro. In mezzo Thohir, il "deus ex machina" della cacciata di Mancini, che pare alla lunga sia stata mal digerita da Suning, potere dei risultati. Dall'altra parte il colosso cinese che ascolta sempre con molta attenzione (?????) Kia Joorabchian; il quale, attenzione, non è uomo di campo ma molto più semplicemente un signore che cura i propri interessi. I fini conoscitori del mercato mondiale potrebbero ricordare che grazie a lui sono approdati a Milano Joao Mario e Gabigol, con Ausilio nomi improponibili. Vero, ma che budget aveva Ausilio? A memoria non ricordo un centinaio di milioni di euro. Comunque sia chi ci sta andando di mezzo? L'Inter. Ecco perché a me poco importa di chi andrà in panca; a me interessano maglia, storia, blasone e tradizione. Il resto poco conta. Ultimo appunto; la squadra. Il capitano, al termine dell'ennesima brutta figura europea, ha confessato che quando prendono gol si smarriscono. Frase sincera, dettata dal disappunto del momento. Però, lo ricordo al capitano ed al resto della ciurma, quando si tratta di rinnovi contrattuali non si smarriscono. E, sia chiaro, non parlo di Icardi, insieme ad Handanovic i soli ad avere un rendimento più che accettabile. Io non so cosa stia succedendo o cosa sia capitato a questi ragazzi; so però che non è possibile prendere gol assurdi come quelli che stanno costellando questa impensabile annata. Errori tecnici, tattici, di pura distrazione, cose che non si vedono nemmeno nelle categorie inferiori. Io capisco tutto, ci mancherebbe; mi fastidia semmai quella sorta di scazzo generalizzato che vedo, la mancanza di reazione, il lasciarsi andare al destino crudele. Se non si salta mai l'uomo, se non si torna a difendere, se ci si addormenta sulla maggior parte dei palloni vaganti non si va da nessuna parte. Altro che sfiga e destino. Altro che Marcelino, Pioli, Davy Crockett o Barbapapà. Qui parliamo di dignità sportiva, di rispetto per i tifosi, di amor proprio; senza scordarsi che i calciatori, quando si accorgono di poter fare ciò che vogliono, diventano ingovernabili. Ecco, indipendentemente da chi arriverà, la prima cosa è che sia insignito dalla dirigenza di pieni poteri. Niente musi lunghi, niente lamentele. Altrimenti tribuna, neanche panchina. E lasciamo stare di contestare; capisco bene ciò che si prova, ma è un momento particolare e necessita particolari attenzioni. Come stare vicini alla squadra, sperando non continui a deludere. Diamoci una mossa, che a certe favole non crede più nessuno. Amatela, sempre. E buona domenica a Voi.
Sezione: Editoriale / Data: Dom 06 novembre 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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