L'ultima volta che Inter e Liverpool hanno incrociato il loro cammino europeo era sempre sul terreno della Champions League e sempre a livello di ottavi di finale. Parliamo della stagione 2007/08, l'ultimo anno di Mancini I. Un doppio confronto ampiamente condizionato da due rossi che anche a distanza di anni gridano vendetta: uno sventolato da De Bleeckere (sì, proprio lui, lo stesso che due anni dopo espellerà Thiago Motta al Camp Nou) ai danni di Materazzi al 30' nell'andata di Anfield, l'altro da Ovrebo (basta il nome) contro Burdisso al 50' nel ritorno a San Siro. I nerazzurri, peraltro, arrivavano al confronto con i Reds colmi di assenze qua e là, in un momento di forma tutt'altro che brillante. A Liverpool, sotto di un uomo, Zanetti e compagni reggono all'urto fino alla mezzora della ripresa, quando Cordoba - autore fin lì di una prova eccezionale - si frantuma un ginocchio e chiude lì la sua stagione. La resistenza crolla beffardamente al minuto 85 (gol di Kuyt) e subisce la mazzata conclusiva all'89' (Gerrard). A San Siro, in una bolgia nerazzurra, con una difesa rabberciata (Samuel fuori già da dicembre, Materazzi squalificato, Cordoba ko proprio all'andata, giocano centrali Burdisso e il carneade Rivas), i campioni d'Italia gettano il cuore oltre l'ostacolo e assediano la porta dei Reds. Ma tra l'imprecisione di Cruz e Ibrahimovic e le paratissime di Reina, il risultato resta inchiodato sullo 0-0 finché a inizio ripresa Burdisso non viene spedito frettolosamente fuori dall'arbitro norvegese e lì finisce anche la speranza di Moratti. Al termine dell'incontro (deciso da un acuto di Torres), la celebre conferenza stampa di Mancini che, di fatto, spinge il presidente a cacciarlo e a virare su Mourinho.
Quando a febbraio si rivedranno - stavolta prima in Italia e poi in Inghilterra - saranno passati 14 anni. Una vita calcistica. Nel frattempo, entrambe le società hanno festeggiato titoli in quantità, sia domestici che internazionali. Ma la situazione attuale è diversa e non tanto dissimile da quella del 2008. I Reds hanno piena consapevolezza e sono nel bel mezzo del ciclo di Klopp che ha già portato una Champions e una Premier League. I nerazzurri, invece, dopo un lunghissimo periodo di digiuno, sono tornati sul tetto d'Italia con Conte e adesso provano a crescere ulteriormente anche in Europa con le nuove idee di Inzaghi. La differenza di esperienza, qualità e maturità è evidente, basti pensare a come le riserve delle riserve del tecnico tedesco hanno battuto il Milan sceso in campo con il coltello fra i denti per cercare la qualificazione nell'ultima giornata della prima fase.
A rincuorare gli interisti, però, c'è soprattutto il gioco espresso dai campioni d'Italia. Al di là dei risultati, infatti, impressiona il dominio imposto da Handanovic e compagni a qualsiasi tipo di avversario e su qualsiasi terreno di gioco: che si tratti di Venezia o di Real Madrid poco importa, l'identità costruita da Spalletti, consolidata da Conte e abbellita da Inzaghi adesso è lampante. Prova ne è il doppio confronto con le merengues: due ko, certamente, che però hanno dimostrato come il gap con le big d'Europa ormai sia circoscritto a livello di singoli e non di mentalità e impostazione tattica. Per l'ultimo step, insomma, occorre la crescita del potenziale ancora inespresso di chi è già ad Appiano - da Lautaro a Bastoni, passando per Barella - e, ovviamente, rinforzi mirati. La Champions, oggi, per l'Inter resta un palcoscenico affascinante senza l'obbligo di vittoria finale, ma con quello di ben figurare e, soprattutto, capire il livello raggiunto in modo da intercettare le esigenze utili a progredire. Un po' come fece Mourinho nel biennio post-Mancini.
Poi gli ottavi arriveranno a metà febbraio, e in quella data potrebbe esserci anche tutto un altro calcio. Ci sarà da vedere come le squadre arriveranno al doppio confronto, tra condizione fisica e psicologica. A oggi il Liverpool gioca un altro sport non solo rispetto all'Inter, ma rispetto a quasi tutta Europa a eccezione di pochissime squadre. Ma quest'Inter sembra aver imboccato il solco di una lucida follia: ferrea volontà di comandare con qualità e tecnica contro chiunque. Il campo emetterà il giudizio. Guardare alla sfida con un minimo di speranza è già una vittoria. Per gli obblighi di vittoria ripassare fra qualche anno.
Quando a febbraio si rivedranno - stavolta prima in Italia e poi in Inghilterra - saranno passati 14 anni. Una vita calcistica. Nel frattempo, entrambe le società hanno festeggiato titoli in quantità, sia domestici che internazionali. Ma la situazione attuale è diversa e non tanto dissimile da quella del 2008. I Reds hanno piena consapevolezza e sono nel bel mezzo del ciclo di Klopp che ha già portato una Champions e una Premier League. I nerazzurri, invece, dopo un lunghissimo periodo di digiuno, sono tornati sul tetto d'Italia con Conte e adesso provano a crescere ulteriormente anche in Europa con le nuove idee di Inzaghi. La differenza di esperienza, qualità e maturità è evidente, basti pensare a come le riserve delle riserve del tecnico tedesco hanno battuto il Milan sceso in campo con il coltello fra i denti per cercare la qualificazione nell'ultima giornata della prima fase.
A rincuorare gli interisti, però, c'è soprattutto il gioco espresso dai campioni d'Italia. Al di là dei risultati, infatti, impressiona il dominio imposto da Handanovic e compagni a qualsiasi tipo di avversario e su qualsiasi terreno di gioco: che si tratti di Venezia o di Real Madrid poco importa, l'identità costruita da Spalletti, consolidata da Conte e abbellita da Inzaghi adesso è lampante. Prova ne è il doppio confronto con le merengues: due ko, certamente, che però hanno dimostrato come il gap con le big d'Europa ormai sia circoscritto a livello di singoli e non di mentalità e impostazione tattica. Per l'ultimo step, insomma, occorre la crescita del potenziale ancora inespresso di chi è già ad Appiano - da Lautaro a Bastoni, passando per Barella - e, ovviamente, rinforzi mirati. La Champions, oggi, per l'Inter resta un palcoscenico affascinante senza l'obbligo di vittoria finale, ma con quello di ben figurare e, soprattutto, capire il livello raggiunto in modo da intercettare le esigenze utili a progredire. Un po' come fece Mourinho nel biennio post-Mancini.
Poi gli ottavi arriveranno a metà febbraio, e in quella data potrebbe esserci anche tutto un altro calcio. Ci sarà da vedere come le squadre arriveranno al doppio confronto, tra condizione fisica e psicologica. A oggi il Liverpool gioca un altro sport non solo rispetto all'Inter, ma rispetto a quasi tutta Europa a eccezione di pochissime squadre. Ma quest'Inter sembra aver imboccato il solco di una lucida follia: ferrea volontà di comandare con qualità e tecnica contro chiunque. Il campo emetterà il giudizio. Guardare alla sfida con un minimo di speranza è già una vittoria. Per gli obblighi di vittoria ripassare fra qualche anno.
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