Il primo dato che emerge dalla quindicesima giornata è che l’Inter è tornata prima. 
Un contro sorpasso avvenuto senza poter contare sull’enfasi dell’avvenimento in contemporanea. In pratica alle spalle ora ci sono la Fiorentina e il Napoli, imploso a Bologna. La notizia del giorno è dunque la caduta partenopea e ci sta.
Tuttavia, fin dal termine di Inter-Genoa, è tornata a manifestarsi un'aperta indifferenza verso l’Inter e il suo primato. 
La logica che tappa lo stupore interista verso l’ostinato processo di sminuimento, è sempre l’immancabile accusa di vittimismo che permette di muovere qualunque appunto. 
Un teorema che affonda le sue radici da molto lontano.
Riconosco di essere stato sempre molto attento al criterio col quale l’Inter, tra le grandi società, è sempre stata giudicata. La Juventus ha da sempre esercitato un ascendente che ha caratterizzato grandi contraddizioni nel modo di essere percepita: biasimo per vicende arbitrali e, nella stessa stagione in cui accadevano eventi che scandalizzavano, grande ammirazione per i suoi successi. Un po’ come quando il bullo grande e grosso viene schernito alle spalle e poi omaggiato in sua presenza dai suoi timidi censori. 
Il Milan ha sempre saputo, fino a pochi anni fa, gestire la sua comunicazione. Ora, in questa fase nebulosa della sua esistenza in cui i risultati non arrivano, fa molta più fatica. L’Inter invece, dopo quattro anni asfissianti, è tornata a far parlare di se. Il problema è che i giudizi si ostinano ogni settimana ad essere stucchevolmente i medesimi. Nulla si sposta, niente si muove dal giudizio cristallizzato su questa squadra e, nonostante la classifica consolidata, emergono noiosissime disamine copia e incolla delle settimane precedenti.
È come se il risultato di 1-0 impigrisse il giudizio,  relegandolo a un esercizio sterile di frasi fatte (il solito 1-0, l’Inter produce poco), logiche dogmatiche (Mancini cambia sempre formazione, non può andare avanti così) e statistiche (una squadra che segna così poco non può vincere lo scudetto), senza contare l’ormai stabile sentenza che sfida l’ottusità: ”l’Inter gioca male”. Un francobollo che nemmeno tiene in considerazione la gara col Frosinone terminata 4-0 “inattendibile, erano troppo deboli”, sfida il buon senso col Napoli: “l’Inter gioca meglio in dieci e senza Icardi” e col Genoa con i giudizi immutati, nonostante un fuorigioco inesistente, un rigore non concesso, una parata straordinaria di Perin e una evidente (ameno credevo) crescita nel gioco. 
A questo proposito la squadra è cresciuta in termini di proposizione e convinzione ma resta del tutto priva di un vero costruttore di gioco. Propone un numero, superiore alla media nazionale, di dribbling e si sta costruendo delle certezze che partono dalle fondamenta di Murillo e Miranda, i quali stanno dimostrando cosa avrebbe potuto essere l’Inter con due difensori importanti, anche negli anni passati. Non una squadra da scudetto ma nemmeno il disastro a cui abbiamo impotentemente assistito.
Jovetic è parso poco ispirato e Palacio sempre meno incisivo ancorché importante nei movimenti e nel dettare i passaggi. Il vero protagonista per me è stato, oltre a Ljajic, Jonathan Biabiany che nel primo tempo ha fatto cose che non gli avevo mai visto fare. Tecnica, velocità, sacrificio e senso tattico. Secondo tempo in calo ma complessivamente il secondo migliore in campo.
Mancini deve però riflettere sull’eccesso di agonismo in momenti non opportuni da parte dei suoi giocatori. Si può discutere sul numero di ammonizioni ad una squadra tra le meno fallose di serie A (dato statistico) come sul metro di giudizio arbitrale. All’interno dello spogliatoio però vanno fatte riflessioni su una maggior furbizia nella distribuzione dei falli.
Ma l’acquisto di una mezzala di grande livello sarebbe il colpo decisivo. 
Nota a margine:
La sera di sabato, poco dopo Inter-Genoa in una radio nazionale, un giornalista ha passato più di venti minuti senza contraddittorio (ma perché poi avrebbe dovuto esserci) a parlare male di Mancini e della sua maleducazione, procedendo a un'opera di livoroso ridimensionamento dell’Inter. Non ricordo di aver mai sentito parlare peggio di una squadra capolista, dopo una vittoria convincente, da un giornalista. Poco prima Gasperini si era appena esibito nel suo repertorio, riuscendo a superarsi affermando che la gara è stata equilibrata, il Genoa ha prodotto più dell’Inter, la quale non ha fatto meglio della sua squadra. Non c’è bisogno di commentare
Oggi dell’Inter non si parla necessariamente male. Viene incasellata con fastidio al ruolo di favorita per lo scudetto riconoscendole qualche merito e assegnandole un debito con la fortuna. È la stampa (e non solo) bellezza…

Sezione: Editoriale / Data: Lun 07 dicembre 2015 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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