Se pensiamo che al minuto ottantasette delle ultime tre partite in casa giocate contro Lazio, Sassuolo e Carpi, l'Inter aveva cinque punti in più di quanti ne ha poi racimolati al fischio finale, c'è veramente da rammaricarsi. Al netto dei problemi di gioco e dei pochi gol realizzati, i sogni di gloria sono stati gettati al vento per un evidente calo di concentrazione quando invece la voglia di portare a casa il risultato, anche un pari nel caso delle sfide con Lazio e Sassuolo per come erano andate le cose sul campo fino a quel momento, dovrebbe essere massimale, visto che non è nelle corde della squadra di chiudere le gare segnando almeno due reti in più dell'avversario. E invece, quella coesione, quella unità di intenti, quel desiderio di smentire i detrattori accompagnate da un pò di fortuna quando l'1-0 a favore era divenuto marchio di fabbrica della Beneamata, si sono improvvisamente dissolti. Ora anche la sfortuna ci sta mettendo del suo nel definire i risultati delle partite.

Ma a mio avviso il Presidente Thohir ha peccato di ingenuità e di scarsa esperienza quando, dopo la sconfitta con la Lazio, ha cercato di non appesantire la situazione dicendo che in fondo l'Inter abbia come obiettivo il terzo posto e lo scudetto sarebbe solo un piacevole “di più”. La cosa è probabilmente vera nella sostanza, ma se il tuo datore di di lavoro, invece di spronarti sempre al raggiungimento dell'obiettivo massimo per poi vedere cosa succede, ti autorizza invece a non preoccuparti, il rischio di mollare sul piano della determinazione e della cattiveria agonistica, c'è. Quella determinazione e attenzione che invece, a prescindere dalla bontà del gioco espresso, si è vista nel quarto di Coppa Italia a Napoli.

Lo scontro verbale tra Sarri e Mancini ha relegato in secondo piano il fatto che l'Inter sia stata la prima squadra a battere quest'anno i partenopei nella loro tana e che gli splendidi gol di Jovetic e Ljajic siano arrivati quando nel Napoli erano già entrati Higuain ed Hamsik. Piaccia a no, quest'anno la squadra ha dei valori importanti, perché non può essere solo un caso avere tredici punti in più della scorsa stagione, essere stati al primo posto da soli per lungo tempo, aver battuto nel girone di andata Milan e Roma, non aver perso con la Juventus, aver rischiato pesantemente di pareggiare in campionato a Napoli in dieci uomini quando solo due maledetti pali hanno impedito di rimontare un doppio svantaggio.

Contro il Carpi ha probabilmente sbagliato strategia anche Roberto Mancini. Non faccio l'allenatore, ma con tutto il rispetto per la squadra di Castori, che anche con la Juventus ha rischiato di pareggiare in pieno recupero, non si può cambiare modulo tre volte a San Siro contro una neopromossa. Peraltro il passaggio alla difesa a tre con l'ingresso di Miranda, è avvenuto con l'Inter in vantaggio per 1-0. Perché allora cambiare? È chiaro che se Felipe Melo prima e Palacio poi, avessero mirato la porta invece del nostro Belec, la partita sarebbe finita con una vittoria e certi discorsi non si farebbero. Ma nel secondo tempo il Carpi, non il Real Madrid, ha giocato con grande spavalderia alimentata da un'Inter che non aveva più certezze e alla fine, a causa anche del calo di concentrazione di cui parlavamo prima, abbiamo pagato il conto.

A tutto ciò si aggiunge un evidente calo atletico e la difficoltà di giocare in casa contro squadre che si schierano compatte dietro la linea della palla. Pirlo non arriverà, Biglia, peraltro infortunato, nemmeno. Via Guarin, a centrocampo potrebbe arrivare Soriano. Non un grande pensatore, ma un'ottima mezz'ala con il vizio del gol. Potrebbe bastare. In attacco c'è sterilità, lo abbiamo capito. Mauro Icardi, che nella scorsa stagione tirava e segnava quando voleva, è involuto, apatico, poco propenso a fare quello che non ritiene essere il suo compito. Jovetic e Ljajic offrono lampi, vedi Napoli, non contuinuità. Palacio ha timbrato per la prima volta domenica e quindi i gol latitano. Ben venga allora Eder: sostanza, velocità e concretezza al momento del tiro.

Detto questo, il calcio è bello perché ti offre subito la possibilità di riscatto, anche se questa sera si rischia, è inutile negarlo. Mentre la Dea bendata ha baciato il Milan, alle prese con l'Alessandria che gioca in Lega Pro, l'Inter, nel giorno del mio compleanno, recita nella semifinale di andata di Coppa Italia allo Juventus Stadium contro i bianconeri. Esigo il regalo. Scherzi a parte, squadra assatanata quella del bravo Allegri, ormai azzanna e finisce chiunque le capiti a tiro. Sia in campionato che in Coppa Italia. Addio all'obiettivo allora? Nemmeno per sogno. L'atteggiamento sarà probabilmente diverso da Napoli, visto che in semifinale si gioca anche un ritorno che il due o tre marzo si disputerà al Meazza, ma sono sicuro che a partire dalle 20.45 vedremo un'Inter che giocherà al massimo della concentrazione e con una voglia smisurata di tornare a Milano con un risultato positivo. Sarà battaglia, decideranno come al solito gli episodi, auguro buona serata al signor Tagliavento, chiamato a dirigere il derby d'Italia.

Ah, già, derby. Domenica sera ci sarà quello di Milano. L'Inter arriva all'appuntamento con otto punti in più dei dirimpettai. Una lasagna indigesta ha impedito che fossero dieci. Domenica si gioca per calendario in casa loro, ma lo stadio si chiama Giuseppe Meazza situato in Piazzale Angelo Moratti. Qualcosa, su chi comanda a Milano, vorrà dire.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 27 gennaio 2016 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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