Non era facile, per niente. Dopo la passeggiata contro il Genoa, ancora un cantiere aperto e quindi tutt'altro che preparato alla forza d'urto dell'Inter, i nerazzurri hanno faticato e non poco per avere la meglio dell'Hellas Verona, come accaduto anche nella scorsa stagione. Gli scaligeri hanno cambiato poco in questa finestra di mercato, hanno appena accolto Giovanni Simeone che darà sicuramente una mano in attacco dove ieri i nuovi compagni sono parsi troppo leggeri (tridente Matteo Cancellieri, Mattia Zaccagni e Antonin Barak, con ingresso di Kevin Lasagna nella ripresa) ma senza dubbio solidi da metà campo in giù.
Eusebio Di Francesco, pur essendo ancora a zero punti in classifica, sta facendo un buon lavoro perché ha toccato poco, dal punto di vista tattico, di quanto costruito da Ivan Juric. Ieri il nuovo tecnico gialloblu ha preparato bene la gara dal punto di vista difensivo, andando a pressare alto i nerazzurri e togliendo loro la facile impostazione dal basso che aveva agevolato il 4-0 al Genoa sei giorni prima (nasce così l'errore di Samir Handanovic che conduce alla rete di Ivan Ilic). Tanta aggressività sul portatore di palla, linee di passaggio schermate e obbligo, molto spesso, di un lancio lungo per Edin Dzeko che non sempre aveva la meglio sui vari Giangiacomo Magnani, Koray Gunter e un assatanato Federico Ceccherini. Il lavoro del bosniaco, in tal senso, è stato prezioso perché con le sue sponde permetteva ai compagni di salire, ma a causa di un Lautaro Martinez troppo vicino l'Inter perdeva in profondità.
Ai punti, tatticamente e non solo nel punteggio è stato il Verona a chiudere in vantaggio. Nell'intervallo però Simone Inzaghi si è trovato per la prima volta a dover mettere mano all'assetto e all'approccio della squadra, che si è presentata in campo con un baricentro più alto ed è stata premiata subito dal pareggio sotto porta di Martinez. Il secondo tempo è stato quasi un monologo nerazzurro, con qualche pausa per rifiatare che ha permesso a Zaccagni e Ilic di portare avanti il pallone allontanandolo dalle zone calde. Gli ingressi di Arturo Vidal e Federico Dimarco hanno dato freschezza alla mediana e alla corsia mancina dove Ivan Perisic aveva speso tutte le energie. In particolare, la mossa cilena ha fatto la differenza, perché con un'Inter riversata nella metà campo scaligera e ritmi compassati Re Arturo ha usato la testa, ragionando e mettendo il fisico in fase di interdizione. Ancora un ottimo ingresso a gara in corso, forse è questa la dimensione ideale per farlo rendere al meglio nella nuova stagione.
Il jolly però Inzaghi l'ha pescato gettando nella mischia Joaquin Correa, appena arrivato. Fuori Lautaro (anche se molti si aspettavano l'uscita di un deludente Hakan Calhanoglu), dentro el Tucu per dare freschezza e creatività a una manovra troppo legata al giro palla a causa dell'ottima fase difensiva veronese. Un jolly non casuale, perché l'allenatore piacentino conosce bene Correa e qui emerge l'enorme vantaggio di completare il reparto offensivo con un attaccante noto, subito impiegabile: questi 3 punti sono il risultato di una scelta di mercato consapevole che ha pagato subito dividendi. Così come ha pagato la decisione di Inzaghi di accentrare Nicolò Barella e posizionarlo nel ruolo di regista (Marcelo Brozovic era uscito per Vidal a causa di un problema alla caviglia e fresco di ammonizione): un esperimento già provato da Antonio Conte la scorsa stagione che merita nuovi tentativi futuri. Infine, gli ingressi di due centrocampisti freschi (Matias Vecino e Stefano Sensi) per mettere in ghiaccio il pallone fino al 94', compito assolto ancora da Correa con la seconda rete personale un minuto prima del fischio finale.
In poche parole, di fronte alla saggia impostazione tattica di Di Francesco, che lo ha messo in difficoltà per tutto il primo tempo, il nuovo allenatore dell'Inter ha saputo cambiare in corsa ribaltando l'andazzo e, di conseguenza, anche il punteggio con aggiustamenti tattici e scelte assennate dalla panchina. Anche alla guida della Lazio gli è capitato spesso di intervenire pescando dalle seconde linee o cambiando posizioni in campo, ottenendo risultati. Merito anche di una rosa profonda, in cui chi resta a guardare i titolari non pensa di essere da meno. E sa dimostrarlo quando chiamato in causa.
Eusebio Di Francesco, pur essendo ancora a zero punti in classifica, sta facendo un buon lavoro perché ha toccato poco, dal punto di vista tattico, di quanto costruito da Ivan Juric. Ieri il nuovo tecnico gialloblu ha preparato bene la gara dal punto di vista difensivo, andando a pressare alto i nerazzurri e togliendo loro la facile impostazione dal basso che aveva agevolato il 4-0 al Genoa sei giorni prima (nasce così l'errore di Samir Handanovic che conduce alla rete di Ivan Ilic). Tanta aggressività sul portatore di palla, linee di passaggio schermate e obbligo, molto spesso, di un lancio lungo per Edin Dzeko che non sempre aveva la meglio sui vari Giangiacomo Magnani, Koray Gunter e un assatanato Federico Ceccherini. Il lavoro del bosniaco, in tal senso, è stato prezioso perché con le sue sponde permetteva ai compagni di salire, ma a causa di un Lautaro Martinez troppo vicino l'Inter perdeva in profondità.
Ai punti, tatticamente e non solo nel punteggio è stato il Verona a chiudere in vantaggio. Nell'intervallo però Simone Inzaghi si è trovato per la prima volta a dover mettere mano all'assetto e all'approccio della squadra, che si è presentata in campo con un baricentro più alto ed è stata premiata subito dal pareggio sotto porta di Martinez. Il secondo tempo è stato quasi un monologo nerazzurro, con qualche pausa per rifiatare che ha permesso a Zaccagni e Ilic di portare avanti il pallone allontanandolo dalle zone calde. Gli ingressi di Arturo Vidal e Federico Dimarco hanno dato freschezza alla mediana e alla corsia mancina dove Ivan Perisic aveva speso tutte le energie. In particolare, la mossa cilena ha fatto la differenza, perché con un'Inter riversata nella metà campo scaligera e ritmi compassati Re Arturo ha usato la testa, ragionando e mettendo il fisico in fase di interdizione. Ancora un ottimo ingresso a gara in corso, forse è questa la dimensione ideale per farlo rendere al meglio nella nuova stagione.
Il jolly però Inzaghi l'ha pescato gettando nella mischia Joaquin Correa, appena arrivato. Fuori Lautaro (anche se molti si aspettavano l'uscita di un deludente Hakan Calhanoglu), dentro el Tucu per dare freschezza e creatività a una manovra troppo legata al giro palla a causa dell'ottima fase difensiva veronese. Un jolly non casuale, perché l'allenatore piacentino conosce bene Correa e qui emerge l'enorme vantaggio di completare il reparto offensivo con un attaccante noto, subito impiegabile: questi 3 punti sono il risultato di una scelta di mercato consapevole che ha pagato subito dividendi. Così come ha pagato la decisione di Inzaghi di accentrare Nicolò Barella e posizionarlo nel ruolo di regista (Marcelo Brozovic era uscito per Vidal a causa di un problema alla caviglia e fresco di ammonizione): un esperimento già provato da Antonio Conte la scorsa stagione che merita nuovi tentativi futuri. Infine, gli ingressi di due centrocampisti freschi (Matias Vecino e Stefano Sensi) per mettere in ghiaccio il pallone fino al 94', compito assolto ancora da Correa con la seconda rete personale un minuto prima del fischio finale.
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