Roberto Mancini si racconta. E’ il tecnico dell’Inter il protagonista della prima puntata del nuovo talk show di Paolo Condò, ‘Mister Condò’, per Sky Sport. Intervistato dalla firma della Gazzetta dello Sport, Mancio rivela tanti aspetti della sua vita di calciatore e di allenatore. Tantissimi aneddoti legati al passato vissuto tra Bologna, Genova e Roma in campo, ma anche e soprattutto al presente della sua seconda avventura da allenatore dei nerazzurri, iniziata dopo una grande esperienza in Premier League al Manchester City e che dopo poco lo ha visto passare dall’aplomb british alle nuove polemiche a partire dalla classe arbitrale. Cosa è successo? “Torni in Italia, rientri nel clima e o fai finta di niente oppure… Comunque l’Inghilterra vive la partita in un altro modo e ciò aiuta. Giornali e tv non parlano dell’arbitro e nessun giocatore si occupa di questo, e quindi gli arbitri hanno un atteggiamento diverso. I giocatori non è vero che non dicono cose brutte all’arbitro, qualcosa scappa sempre; però è un’altra filosofia”.
Roberto Mancini è stato allenatore dell’Inter in due fasi differenti, la prima iniziata nel 2004, quando la sua squadra collezionava una serie incredibile di pareggi e lui fu ribattezzato ‘Mister X’. Ricorda il tecnico nerazzurro: “Era il periodo in cui l’Inter giocava le sue partite più belle. Il calcio è incredibile, pareggiammo 12-13 partite e coi tre punti diventava un problema”. Si fa poi un balzo alla stagione 2006-2007 e al derby vinto per 4-3, quando “l’Inter dominò il Milan andando sul 4-1, anche se poi restò in 10 per l’espulsione di Marco Materazzi e soffrì la pressione rossonera. Lì bisogna dare forza ai giocatori, specie quelli più vicini a te, e sperare che siano talmente forti in quel momento perché bisognava solo difendere. Il Milan era una grande squadra, batterla in quel momento ci diede una grande consapevolezza. Prendemmo tanti giocatori forti, da Zlatan Ibrahimovic a Hernan Crespo fino a Maicon, che portarono fisicità ed esperienza”. Di quella squadra faceva parte Adriano: “E’ uno di quelli che poteva fare tantissimo e fece poco, peccato perché era un bravo ragazzo ma doveva essere sempre in condizione e fare il professionista al massimo. Lui peccò un po’, noi facemmo tutto il possibile per aiutarlo, fu un grande dispiacere”. In quell’anno, mancava la Juventus come avversaria: “Vincere con tutti sarebbe stato molto più bello”.
L’anno dopo arrivò il tricolore di Parma, in un momento difficile sul piano personale: “Ma io non sapevo che l’Inter aveva già deciso di cambiare allenatore. Noi eravamo da tempo senza Ibrahimovic e perdemmo tantissimi punti dalla Roma, arrivando all’ultima giornata a Parma contro una squadra che doveva vincere per salvarsi. Per fortuna portammo Zlatan in panchina usandolo nell’ultima mezz’ora e vincemmo, ma nelle ultime settimane si era creata tanta pressione. Durante la festa non pensavo che potesse finire lì la mia avventura in nerazzurro, sinceramente la mattina che avevo appuntamento con Massimo Moratti lessi l’articolo del Corriere della Sera che annunciava l’arrivo di José Mourinho e iniziai a dubitare di qualcosa. Però dopo aver vinto lo scudetto ed essere arrivato in finale di Coppa Italia non pensavo potesse succedere, anche se poi le cose finiscono e le persone possono dividersi”.
Le sue Inter hanno avuto due presidenti diversi, prima Massimo Moratti, patron “che ha fatto investimenti importanti, come lo sceicco Al Mansour proprietario del Manchester City”, fino all’attuale numero uno Erick Thohir del quale Mancini dice: “Sì, penso che sia una valida figura rappresentativa per il calcio moderno. Se le squadre italiane avessero presidenti come Thohir il calcio italiano potrebbe migliorare e tornare ai livelli di una volta, perché per un imprenditore italiano oggi è difficile fare quello che ha fatto Moratti per anni. Le squadre oggi incassano 5-600 milioni e non è una cosa semplice, ma il campionato italiano deve tornare a essere il più bello del mondo”. Mancini chiude parlando anche dei possibili talenti del futuro: “All’Inter ci sono tanti giovani che possono fare bene. A me piacerebbe far debuttare un giocatore degli Allievi, senza passare dalla Primavera, come feci io. Se ha le qualità giuste può farcela indubbiamente”.
Nel dopo-intervista, Mancini viene stuzzicato da Condò sul parallelo tra lui e José Mourinho: “Lui ha vinto una Champions a Milano, io ho riportato l’Inter a vincere ma bisogna anche essere fortunati nel beccare la squadra giusta al momento giusto”, e una domanda su Paulo Dybala: “Rimpianto? Gli siamo stati dietro, ma poi è impossibile prendere tutti. Comunque diventerà un campione, come lo diventerà Geoffrey Kondogbia”. Infine, è Mancini stesso a fare una domanda a Condò: “Ma ero meglio da giocatore o da allenatore? Perché io avrei voluto entrare nella Hall of Fame come giocatore”, per poi aprire alla prospettiva di allenare una Nazionale: “Dopo tanti club può essere la cosa più bella. Vedremo, sono ancora giovane”.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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