Sono servite 13 giornate di campionato a Simone Inzaghi per spazzare via lo scetticismo attorno alla sua figura e alla squadra, nutrito dalla turbolenta estate trascorsa dalla società dopo i coriandoli scudetto. Lo ha evidenziato Paolo Condò, nel suo pezzo di analisi per La Repubblica: "Gli eventi societari seguiti alla conquista dello scudetto, dall'addio di Conte alle cessioni di Hakimi e Lukaku, avevano avvolto l'Inter in una nebbia di dubbi che non poteva dissolversi nel giro di poche partite - scrive il giornalista -. Occorreva lasciare a Simone Inzaghi – una scelta e non una scommessa, visti i risultati raccolti nel lungo ciclo alla Lazio – il tempo per crescere una squadra nuova. Il piccolo equivoco di questi mesi, infatti, è stato quello di considerare l'Inter campione una formazione che per ragioni di forza maggiore era stata costretta a una serie di sostituzioni, ma cercando di non mutare il proprio volto: Inzaghi per Conte, Dzeko per Lukaku, Dumfries per Hakimi, Dimarco per Young e, dopo la grande paura di giugno a Copenaghen, Çalhanoglu per Eriksen. Presi uno per uno tutti cambi peggiorativi, se non fosse che soltanto l'ultimo – questo sì forzato, purtroppo – obbediva alla logica del pezzo simile a quello perduto".

Lo scontro diretto vinto col Napoli, per Condò, è una specie di liberazione dal passato verso una nuova prospettiva tricolore: "Del resto, l'Inter con la Lazio aveva perso per l'ingenua pretesa di fermare il gioco, con la Juve aveva pareggiato per un rigore episodico, col Milan non aveva vinto per le occasioni mancate… una serie negativa che da tempo annunciava la sua conclusione. Non tutto fila ancora liscio, certo: i finali di gara continuano a essere troppo emozionanti, match col Napoli compreso. Ma se è vero che a un terzo di campionato sette punti di distacco non erano un dramma, la riduzione a quattro è una finestra su un panorama liberato dalle nubi".
Sezione: News / Data: Mar 23 novembre 2021 alle 14:07
Autore: Mattia Zangari
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