Davanti all’ingenuo entusiasmo dell’innamorato, di solito, un amico fidato e tutto sommato pedante sottolinea come l’inizio di una storia sia inevitabilmente roseo e, di conseguenza, facile. Non ci si deve illudere che alla lunga regga lo stesso tepore, né tantomeno gonfiare il petto per aver collezionato sorrisi e sguardi languidi; mai fidarsi, poi, neanche di quella brillante conversazione che si mantiene al primo appuntamento: è destinata a perdere smalto, prima o poi. L’Inter lo sa, perché spesso si è bruciata. L’entusiasmo estivo è una sorta di costante che accompagna il gruppo nerazzurro ai nastri di partenza come una sorta di processione festante, ricca di coriandoli e proclami. Stavolta, invece, nessun corteo, ben pochi accessi di boria; piuttosto, un’attesa prudente. In pompa magna, certo, rispondendo come il pubblico interista è abituato a fare da anni, coi quasi 55.000 spettatori che hanno potuto poi applaudire la prima di Spalletti. È innegabile, però, che per una volta la parte nerazzurra di Milano abbia esitato, invece di abbandonarsi alla fiducia. La squadra, dal canto suo, ha dimostrato ieri sera di potersi meritare un po’ di credito.
DIFFIDENZA PREMIATA - Come l’innamorato immaginario di cui sopra, l’ambiente interista viene da molteplici fallimenti ‘amorosi’, culminati nel tragicomico sprofondo dell’ultima stagione. Non per le delusioni si smette di cercare l’amore, chiaramente; eppure, ci si muove con circospezione via via maggiore, pronti a cogliere nella nuova avventura ogni possibile pretesto per disperare della riuscita. Il mercato per una volta razionale (se non razionato) e lo stridente contrasto con le grandiose premesse di rivoluzione e smobilitazione che trasparivano dalla maestosità della proprietà nerazzurra hanno finito per acuire questa diffidenza; l’undici iniziale presentato da Spalletti, che ad esempio ha preferito l’usato di Nagatomo a un Dalbert ancora in fase di rodaggio, ha sottolineato con forza la natura tutto sommato conservativa e poco scoppiettante della campagna acquisti esibita alla prima di campionato. Come d’incanto, però, la partenza della squadra è stata fulgente, ricca di palleggio e bellezza, ma insieme dotata di piglio, grinta e una straordinaria e assidua primazia su ogni rimpallo, con un Borja Valero già professore di calma e ludicità e la costante presenza fisica e tecnica del dinoccolato Vecino. Impressiona, poi, la padronanza di Skriniar, che sull’onda lunga di un precampionato esaltante viene osannato puntualmente da San Siro a ogni chiusura, e chiude con puntualità ogni qual volta il pallone ronza dalle sue parti. Ecco, per lui una cottarella potrebbe anche valere la pena, senza troppo timore di restar delusi.
LA STAGIONE DELL'AMORE - Sette, forse otto le nitide palle da gol sprecate dall’Inter nella sua prima uscita. Ancor più del fisiologico calo caduto a inizio ripresa, quando il doppio vantaggio e il caldo agostano hanno inevitabilmente massaggiato le tempie ai nerazzurri, la poca lucidità che questa squadra ha esibito nelle sue sortite offensive è forse il lato meno brillante di questa nuova Inter. Suona quasi ironico alla luce del 3-0 finale, eppure il lavoro di Spalletti, che sembra aver inciso a fondo sulla fluidità della manovra e sulle distanze tra i singoli, perfettamente meccanizzati nei movimenti e nei passaggi a memoria, può e deve ancora limare molta della confusione che emerge sotto porta quando si tratta di quagliare. Le molte occasioni buttate al vento ricordano assai da vicino lo spento copione tattico della scorsa stagione, e suggeriscono per contrasto òa via da percorrere; ad essa può a buon diritto affiancarsi l’auspicio che la concentrazione di alcuni possa perfezionarsi con il susseguirsi delle giornate, invece di bruciare in velocità al primo passo falso come accaduto negli ultimi tempi. Di contro, tante indicazioni positive, acerbe come gli amori estivi eppure arrivate proprio lì dove serviva, con i nuovi arrivati in grande spolvero e la chiara percezione di una squadra in netta sterzata nell’identità e nella coesione. 'La stagione dell’amore viene e va', cantava Battiato: in attesa che l’amore, quello vero, esploda dopo anni nella Milano nerazzurra, è giusto e lecito che l’entusiasmo si corrobori delle prime belle impressioni, dopo l’eccessiva e inutile malinconia di chi non ha collezionato sufficienti figurine per il suo album, a quel gran giro di prestigiatori e gioie effimere che è la giostra del mercato. Il campo conta, nient’altro che il campo; il campo sorride all'Inter, inequivocabilmente. Guardiamo al campo.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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