La situazione che vede protagonista in questo momento Rafa Benitez e la società nerazzurra riporta alla mente la vicenda che segnò la fine del rapporto tra l'Inter Robero Mancini, che la sera dell'eliminazione in Champions per mano proprio del Liverpool di Benitez annunciò pubblicamente il suo addio alla panchina nerazzurra a fine stagione. Una dichiarazione che spinse Moratti a contattare immediatamente Mourinho e a chiudere il rapporto professionale con il Mancio, che solo molti mesi dopo ottenne una buonuscita di 8 milioni di euro, la stessa che il presidente non vorrebbe versare allo spagnolo.
Proprio Mancini dice la sua sulla questione e sulle dichiarazioni rilasciate dal collega: "Rispetto a lui però io l'ho fatto dopo quattro anni, non dopo soli sei mesi. Capisco Benitez e questa situazione non mi sorprende affatto. Poi, se ha detto certe cose è perché si sentiva di dirle".
Ecco il testo integrale dell'intervista a Roberto Mancini de La Stampa:
Mancini ha visto? In Italia si è tornato a parlare di lei.
«In che senso?»
La si cita come il precursore di Rafa Benitez nella frattura con l'Inter. Toccò anche a lei, quando annunciò che a fine stagione si sarebbe dimesso.
«La diversità è che io sono stato all'Inter quattro anni, lui 6 mesi se è vero che andrà via. Da collega mi dispiace: nonostante i problemi ha vinto la Supercoppa e il Mondiale e sono sicuro che l'Inter rientrerà in corsa per lo scudetto. Non stava facendo male ma non avevo fatto male neppure io, mi sembra: quell'anno rivinsi lo scudetto».
È stupito da questa situazione?
«Per niente».
E dell'arrivo di Leonardo?
«Idem. Non conosco le ragioni della scelta ma nel calcio non c'è più niente che mi possa stupire».
Non crede che ci siano momenti in cui un allenatore non dovrebbe dire cose che portano la sua squadra al caos?
«Io lo feci dopo l'eliminazione dalla Champions e avevo intuito quale sarebbe stato il futuro. Non so perché Benitez abbia parlato dopo una vittoria importante ma se ha detto certe cose è perché sentiva di dirle: in fondo ha chiesto che gli comprassero dei giocatori».
Sapendo che così sarebbe arrivata la rottura.
«Questo chiedetelo a lui. Ciascuno reagisce a modo suo ed è giusto che lo faccia, sapendo di subirne le conseguenze».
Mourinho ha affermato che la vittoria del Mondiale è stata molto opera sua. Lei ci vede anche un pezzo di Mancini?
«Mi dicono che Zanetti ha ricordato che è stata la conclusione di un percorso cominciato con me vincendo la Coppa Italia. Mi fa piacere se almeno uno se l'è ricordato anche se insieme abbiamo vinto molto più che una Coppa Italia».
Lei vinse uno scudetto e si sapeva che se ne sarebbe andato. Mourinho la Champions e il giorno dopo annunciò il divorzio. Adesso Benitez. Ma all'Inter bisogna sempre rovinarsi la festa?
«É vero, ci sono storie che si ripetono. Diciamo che è un mondo un po' particolare».
E quello del Manchester City com'è?
«Siamo una squadra che non vince dalla notte dei tempi e che va ricostruita per vincere, forse più di quanto era l'Inter. Dobbiamo crescere anche nella personalità: potevamo essere in testa al campionato dopo 80 anni e passare un Natale fantastico. Invece abbiamo perso in casa con l'Everton».
Vi manca sempre il passo decisivo. Come lo spiega?
«Dobbiamo imparare a essere cinici e cogliere l'occasione quando c'è. Abbiamo tirato verso la porta 32 volte, potevamo farlo un po' meno e con un po' più di decisione nelle palle giuste. Ma l'abitudine a vincere non si crea in tre mesi».
Si dice che sia facile farlo con i soldi degli arabi.
«Perché il Real Madrid l'anno scorso cosa ha vinto con quanto ha speso per Ronaldo, Kakà e gli altri? E deve ancora vincere quest'anno. I soldi non garantiscono il successo. Certo è meglio averli anche perché se non ci sono è garantito che non vincerai».
L'allenatore che ha il secondo giocatore più forte del mondo ha un bel vantaggio, non crede?
«Ho letto la dichiarazione di Balotelli e mi ha fatto sorridere. L'ho lanciato io, l'ho voluto al City. Mi piace che abbia tanta autostima però non deve limitarsi alle parole e dimostrarlo sul campo. Ha tutto per diventare quello che dice di essere: l'età, il fisico, la tecnica. Però deve lavorare ancora molto per arrivarci. Messi a 20 anni aveva già vinto e dimostrato tutto».
Infatti in un impeto di modestia Balotelli ha ammesso che Messi gli è ancora superiore. Gli altri no.
«Io invece vedo ancora molti giocatori più forti. Oggi è così. Domani, se si applica come dico io, Mario non dovrà più dire certe cose perché lo faranno gli altri».
Intanto cosa diranno i suoi compagni nello spogliatoio?
«Forse gli chiederanno di dimostrarlo. Ma non c'è un brutto clima».
Come? E quello che ha detto Tevez, che due settimane fa voleva andarsene per causa sua, non conta?
«É rientrato tutto. Gli abbiamo parlato e ha detto che vuole restare: ha tre anni e mezzo di contratto e non ce l'aveva con me. I giornali ci hanno marciato molto come quando dicevano che la mia panchina era a rischio. Non è mai stato vero».
Certo che lei non vive mai situazioni semplici con i giocatori. Era così anche all'Inter.
«È perchè prendo squadre che devono costruirsi per essere forti. Chi gioca in squadre già forti è più calmo».
Ancelotti fiuta aria di divorzio dal Chelsea, Capello dalla Nazionale. L'unico avamposto italiano in Inghilterra resterà Mancini?
«Non so cosa succederà agli altri. Ad esempio sono convinto che Carlo sia ancora il candidato a vincere la Premier perché il Chelsea mi pare la squadra più forte e adesso ha solo un po' di sfortuna. Comunque io sono arrivato qui per ultimo. Ci sta che sia anche l'ultimo a lasciare».
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