Ivan Cordoba, in una lunga intervista per il mensile Calcio 2000, ripercorre tutta la sua carriera con la maglia nerazzurra. Partendo, ovviamente, dagli inizi, quel gennaio del 2000 quando sbarcò a Milano: "Prima di tutto devo ringraziare il Presidente Moratti che mi ha voluto all'Inter. Una volta mi ha raccontato di persona che era stato lui a segnalarmi. Comunque l'Inter è venuta a vedermi parecchie volte, devo dire grazie anche a Narciso Pezzotti. Il mio primo giorno nerazzurro è stato ricco di forti sensazioni. Sono sbarcato a Milano il 27 dicembre 1999 e il 6 gennaio ho esordito contro il Perugia, contro cui vincemmo 5 a 0. Che ricordi... Mi sono subito reso conto dell'importanza della maglia nerazzurra. Non ho mai avuto dubbi sulla scelta di venire a Milano. Anche quando si parlava di altri club, io volevo solo l'Inter. Il presidente del San Lorenzo mi disse che il Real Madrid e il Bayern avevano fatto un'offerta migliore, ma io avevo già deciso di trasferirmi all'Inter. Ed è stata una delle decisioni migliori della mia vita".
Poi parla del suo rapporto con l'Inter, da cui non ha mai pensato di andarsene: "Quando fai parte di una grande squadra come l'inter, le sfide con le altre grandi d'Europa avvengono spesso, soprattutto se giochi in Champions League. Quindi hai già tutto qui, perché andare altrove? Ormai l'Inter è la mia seconda casa, è diventata una famiglia. Però non mi sento affatto una bandiera. Ci tengo solo ad essere un esempio per gli altri, soprattutto per i nuovi giocatori e per i giovani. Cerco di far capire cosa significa giocare nell'Inter e indossare questa maglia, giorno dopo giorno".
Tra gli allenatori, quello con cui è andato più d'accordo è stato Roberto Mancini, "ho avuto un grande feeling con lui"-ammette il colombiano. Mentre sul compagno più forte che ha avuto, non ha dubbi: seglie Ronaldo. "Davvero diverso da tutti, faceva delle cose che sembravano fantascienza. Eseguiva delle giocate incredibili, da non crederci".
Sulla longevità di giocatori come lui, Zanetti e Materazzi, si esprime così: "Credo che rispetto agli anni '80 sia cambiato il modo di allenarsi e alimentarsi. Dipende da come ti sei curato negli anni e dalle scelte societarie. C'è chi, come l'Inter, punta sull'esperienza, anche per far capire ai nuovi il senso di appartenenza alla maglia. Se giocherò fino a quarant'anni? Speriamo". Per il futuro dopo il calcio, non ha ancora deciso: "E' ancora presto, ci sto pensando. Potrei fare l'allenatore, ma non subito".
Poi inizia a parlare di attualità, a partire dal Mondiale per Club: "Il nostro obiettivo non deve essere il Mondiale, ma restare ai vertici e giocare sempre meglio, partita dopo partita. Se faremo bene, arriveremo al Mondiale per Club prontissimi a giocare le nostre carte al meglio". E respinge le critiche alla Serie A: "E' sempre spettacolare, lo conferma l'equilibrio di questo inizio di campionato. Forse l'unica nota stonata sono i meno tifosi allo stadio, questo mette un pò di tristezza". Chi è tornato in Serie A, è Zlatan Ibrahimovic: "Non ci faccio caso. L'abbiamo visto anche con la maglia della Juve, non è un problema. Lui è fatto così, sta in un posto per due o tre anni poi cambia. Comunque è sempre fortissimo".
Non poteva mancare un pensiero sul nuovo allenatore dell'Inter: "Benitez è una persona molto disponibile, parla tantissimo con i giocatori e, soprattutto, è molto chiaro quando parla. E' un grande appassionato di tattica, sta lavorando duramente per dare all'Inter un bel gioco e i risultati. Pian piano arriveranno tutti e due. Ci vuole pazienza. Con tutti i nuovi allenatori è stato così, prima di ingranare c'è voluto del tempo. Dopo tante vittorie, la difficoltà maggiore è tenere alta la concentrazione".
Poi ritorna sulle emozioni vissute il 22 maggio 2010, quando ha vinto la Champions League: "In quella situazione era difficile parlare. Io e Zanetti ci siamo abbracciati e ci siamo guardati negli occhi, con lo sguardo ci siamo detti: "Finalmente". Dopo tanti anni è stato incredibile riuscire ad alzare quella coppa, un'emozioni senza paragoni".
Alla fine dell'intervista, ricorda il suo impegno per il sociale ("Cerco, insieme a mia moglie, di fare il possibile per aiutare gli altri") e cosa farà quando smetterà di giocare: "Terminata la carriera, continuerò a vivere in Italia, sperando di lavorare ancora nell'Inter. Quando smetterò mi piacerebbe essere ricordato come un buon esempio per i giovani, una persona seria".
Autore: Guglielmo Cannavale
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