Esteban Cambiasso era uno di quei giocatori che sapeva esaltarsi nelle gare clou, proprio come i derby. La Gazzetta dello Sport ha intervistato l'ex nerazzurro, oggi all'Olympiacos Pireo, in vista della sfida con il Milan. "Il derby ad Atene per i tifosi è una specie di malattia, a Milano è solo una tappa speciale in un campionato senza un dominatore: speciale, ma solo una tappa. Più di altre volte vedo un derby di studio, ma solo all’inizio: a un certo punto il Milan avrà l’obbligo di rischiare qualcosa di più. E per questo è più facile che lo vinca l’Inter".
E non una tappa scudetto .
"Non per la prima volta, ma siamo - e dico “siamo” perché mi sento milanese e interista - abituati all’idea: un po’ come avere in casa la finale di Champions League e vederla così da lontano".
Lei che ha visto il calcio italiano da dove l’ha visto pure Mancini: ma la Premier lo ha cambiato?
"La Premier non ti cambia la passione, ma gli equilibri: lì il calcio è solo un pezzo della tua vita, in Italia più di un pezzo".
E perché prima difendeva a prescindere la squadra e ultimamente non più?
"Il mercato di gennaio dura troppo e cambia il modo di comunicare: non so se è il caso di Mancini, ma non lo escludo".
Conoscendoli bene tutti e due: cosa sta facendo diventare più matti Mancini e Mihajlovic?
"Il fatto di non poterlo giocare, questo derby. Per il resto, nulla di che. Sinisa è un guerriero: lottare gli piace, sotto pressione dà il massimo. Roberto al di là degli ultimi risultati è saldo ed è comunque al 3° posto, l’obiettivo dichiarato della società".
Però l’Inter era prima: ammalata di ritiro invernale al caldo?
"E pensare che i sudamericani sono anche tornati prima di Capodanno, visto? Battute a parte: l’anno del Triplete eravamo andati in ritiro ad Abu Dhabi".
Chi arriva a questo derby più in difficoltà: Milan o Inter?
"Il potere della mente è incalcolabile: bisogna vedere con che stato d’animo escono dalle loro gare di Coppa Italia. Se analizziamo tutta la stagione, credo che l’incertezza societaria abbia creato disagi al Milan. L’Inter ha avuto più consistenza, più equilibrio e un allenatore mai messo in discussione: sono cose che portano punti. E oggi Inter e Milan in classifica hanno i punti che meritano".
E chi si gioca di più domenica sera?
"Comunque il Milan: ha perso il primo derby, gioca in casa, è dietro in classifica. Ed è una classifica più lontana dalle aspettative iniziali rispetto a quella dell’Inter".
Come dire che l’Inter fino a un mese fa era sovradimensionata?
"Era prima con mezzi leciti, le sue vittorie erano meritate. Poi ci sono diversi modi di vincere: il Napoli vince in un altro modo, è questione di gusti, di scelte".
Vincere spesso 1-0 per l’Inter era un rischio calcolato o è diventato semplicemente un azzardo?
"Il calcio è un gioco: scegli come giocare le tue carte, poi tutto è un azzardo. Non c’è un modo giusto o sbagliato: sbagliato sarebbe se Mancini e Sarri una mattina si svegliassero e volessero fare il contrario di quanto fatto prima. Come se Guardiola improvvisamente dicesse: da oggi si gioca solo palla lunga".
Questa Inter assomiglia a una delle sue Inter?
"No, altri momenti storici: del calcio italiano e del club. A Moratti chiedevano 2-3 giocatori di prima fascia per ogni ruolo e lui li comprava, oggi si guarda molto di più al bilancio".
E lo scudetto chi lo vince?
"Dopo 38 giornate, solo chi lo merita: ho sempre risposto così, anche quando ero dietro. Per il resto non sono Nostradamus".
Cosa manca a Icardi per arrivare al loro livello?
"Mauro è più uomo d’area, un finalizzatore puro: Higuain è più Milito che lui. Sono contro i luoghi comuni e lui mi sembra un bersaglio troppo facile. Ha segnato 8 gol e la proiezione a fine campionato è di circa 15: sarebbero così pochi 15?".
Sicuramente Balotelli ne segna meno: avrebbe mai detto che nel 2016 sarebbe stato ancora così incompiuto?
"Per lui fare certi gol era come bere un bicchier d’acqua e certe cose non si perdono, ma il calcio non è solo quello. Nessuno sa cosa poteva diventare, io so che Mario è ancora in tempo per fare almeno cose importanti".
Il suo derby del cuore?
"Il film che scriverei io per un derby, il più intenso emotivamente: 3-2, gol di Adriano al 92’".
La cosa più bella che ricorda in un derby giocato?
"Mi viene in mente un brivido: una cosa speciale, più che bella. Il rigore parato da Julio Cesar a Ronaldinho: come un gol, lui che non ne poteva segnare".
Tornerà a passeggiare per il centro di Milano da allenatore?
"Allenare è nella mia testa, ma ricominciare una storia con l’Inter non è né una speranza né una possibilità: solo una cosa che può capitare, e magari capitasse. Ma se vuoi fare l’allenatore, solo una cosa sai con certezza: che non sai dove lo farai".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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