Gli esperti di formula uno ripetono fino alla noia che a Montecarlo è difficile sorpassare. E allora, spostando l'assunto al calcio, il fatto che invece l'Inter sia riuscita a mettere la freccia beffando la rivale cittadina come se operasse su un lungo e scorrevole rettilineo, aumenta a dismisura la goduria del popolo nerazzurro. Al di là dell'effettivo valore di Geoffrey Kondogbia, che comunque sappiamo altissimo. E lo sapevano anche loro. Quindi, ancora goduria.

Il derby di mercato vinto a quelle cifre vale moltissimo per l'Inter società, per Erick Thohir, per la credibilità del nuovo corso dopo la cessione delle quote di maggioranza da parte di Massimo Moratti, uno a cui puoi dire tutto, ma non di avere avuto interessi diversi dal tentare di rendere felici i tifosi. Il blitz nel principato ha mutato in poche ore umori, speranze, stati d'animo. E quindi ribadisco, come nell'editoriale scritto la scorsa settimana, quando eravamo in depressione avanzata: grazie Milan. Senza gli spauracchi Ibrahimovic/Jackson Martinez non credo che gli ottimi Ausilio e Fassone (sì, questa volta applausi anche a Fassone) avrebbero lottato con le unghie e con i denti per Kondogbia fino a spuntarla da autentici trionfatori. Per beffare il sorridente Galliani con il suo fondo alleato (o nemico visti i risultati) e la gran cassa mediatica rossonera, l'Inter ha cambiato strategia in corsa acquistando Kondo a titolo definitivo, non in prestito con diritto di riscatto come nei programmi. Mancini e Thohir i grandi padri dell'operazione, Ausilio e Fassone gli esecutori. A Montecarlo, dove è di casa la grandeur. Che bella storia si è appena consumata.

Geoffrey Kondogbia, che ci fa sapere di non pronunciarlo alla francese, oltre ad essere un grandissimo centrocampista, sembra avere il Dna del vincente, quello che serve come il pane all'Inter. Arriva a Milano di prima mattina, si sottopone alle canoniche visite mediche, studia un attimo la situazione mentre i colleghi già fremono per una sua dichiarazione che non rilascia passando per il timido di turno, poi capisce di essere stato trattato come un certo Ronaldo nell'ormai lontano '97 e regala al popolo che canta “chi non salta rossonero è”, una danza sfrenata roteando la maglia nerazzurra con il numero 7, quello scelto per la sua nuova avventura. “Non si può dire no all'Inter”, frase successivamente pronunciata al canale tematico nerazzurro, è un altro colpo da fuoriclasse. Presuppone che invece si possa dire dire no al Milan. Ecco, Geoffrey Kondogbia, 22 anni, pare abbia capito in fretta cos'è l'interismo e subito si è adeguato, cosa ancora non successa con altri talenti arrivati in nerazzurro, penso ai vari Shaqiri o Brozovic. Che Kondo faccia scuola.

Il colpo di Montecarlo ha fatto però passare in secondo piano altri due nuovi giocatori passati alla corte di Roberto Mancini: il colombiano Murillo e il brasiliano Miranda, tra i migliori protagonisti in Copa America. Si tratta di due difensori centrali forti, cattivi, che sembrano sposarsi alla perfezione per età e caratteristiche. Scommettiamo che con loro anche Capitan Ranocchia, se resterà all'Inter, migliorerà in maniera esponenziale? Voglio bene ad Andrea e quindi spero, anche se molti di voi non saranno d'accordo. Radio Mercato, che bella ascoltarla in questi giorni dopo troppo tempo a cambiare stazione, ci informa però che non è finita qui. Rimbalzano i nomi di Felipe Melo per spalleggiare Kondo a centrocampo, di Salah e Cuadrado per il reparto avanzato dove il Mancio vuole gente che inventi negli ultimi trenta metri, specialmente al cospetto di squadre chiuse. E ricordiamo che ci sono Icardi e Palacio pronti a timbrare. Finalmente gente tosta e di personalità, oltre che tecnica, accostata alla Beneamata.

Sta nascendo una squadra dai piedi più che buoni, ma anche tanto fisica, che metta paura sportiva agli avversari, soprattuto al “Meazza”, dove la scorsa stagione in troppi sono venuti a fare la scampagnata. Sul prato più importante d'Italia. Ventinove punti sui 57 disponibili sono stati gentilmente regalati agli avversari, uno scempio che non si dovrà più ripetere. Come sono cambiate le cose da una settimana a questa parte, eppure non crediamo che i dirigenti nerazzurri abbiano vinto cifre folli al casinò di Montecarlo e il Financial Fair Play, molto attento alle mosse interiste, non è stato abolito. Ma Erick Thohir e compagni, spronati da Roberto Mancini, hanno capito che rimanendo nel limbo i conti sarebbero destinati a peggiorare.

Investire, anche pesantemente, per centrare subito almeno un posto in Champions League, serve invece per tornare solidi anche finanziaramente. Sembra un paradosso, ma in questo momento storico, per l'Inter vale come non mai il proverbio: “chi più spende, meno spende". Se poi si spende bene, a differenza di un recente passato che ha visto l'esborso di svariati milioni per giocatori che avrebbero dovuto pagare di tasca loro per indossare la maglia nerazzurra, allora siamo tutti più felici. Perdonateci questo entusiasmo quasi fanciullesco per un mercato che è solo agli inizi, sapendo che poi, come sempre, sarà il campo a dire la verità. Ma è bello tornare a essere l'interista che... “sogna sotto l'ombrellone...”.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 giugno 2015 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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