Dispiace davvero che il rapporto tra l’Inter e Ibrahimovic sia arrivato a un punto di semi-rottura, per quanto tutto sia in fase di evoluzione e il finale ancora da scrivere. Ibra rappresenta per i tifosi nerazzurri, o almeno per la maggioranza di essi, un punto di riferimento importante, al quale aggrapparsi quando le cose vanno male. La sua firma sugli ultimi scudetti conquistati dai nerazzurri è fatta con inchiostro indelebile, ma a onor del vero in Europa il suo apporto è sempre stato deficitario (un solo gol in 8 partite nella Champions di quest’anno, peraltro ininfluente). Nel botta e risposta che coinvolge i vari Raiola, Mourinho e Moratti, i quali fanno valere le loro ragioni anche a costo di allargare lo strappo, c’è ancora da valutare con molta attenzione la volontà del giocatore, che per il momento non ha affatto preso una decisione. I suoi sono banali tentennamenti, dichiarazioni di intenti, nulla di concreto insomma. Quanto basta, però, per aprire nuovi scenari che già fanno accapponare la pelle agli ammiratori del genio.

Senza fasciarsi la testa in anticipo, sarebbe il caso di fare anche qualche valutazione tecnico-tattica. Dal punto di vista del talento, lo svedese non ha eguali, oppure ne ha ben pochi. Il suo calcio affascina, esalta, invoglia a credere anche nell’imprevedibile. Diverso il discorso dal punto di vista tattico, che Mourinho sta di certo prendendo in seria considerazione da stratega del pallone quale è. Il portoghese adora Ibra, non è un caso se lo schiera anche a costo di spomparlo. La testa della classifica è merito soprattutto delle intuizioni dello svedese, capace di togliere più di una volta le castagne dal fuoco. Ma c’è un altro lato della medaglia: se il desiderio di Mourinho di proporre il tanto amato 4-3-3 è naufragato, non è solo colpa del deficitario apporto di Mancini e Quaresma. La ragione principale è la presenza imprescindibile di Ibra, a dir poco inadatto al tridente. Lo svedese non è infatti una punta centrale, in grado di sfruttare il lavoro degli esterni per trovare il gol. È un narcisista, un anarchico che non può essere imbrigliato in un modulo tattico. Si tratta del suo punto di forza, ma anche del suo limite al tempo stesso.

Siamo di fronte a un paradosso tattico che potrebbe agevolare la rinuncia a un fenomeno del pallone da parte della premiata ditta Moratti-Mourinho. Il primo si troverebbe con un ingaggio faraonico in meno da pagare e con un bel gruzzoletto di euro da investire sul mercato, che di questi tempi non guasterebbe affatto. Il secondo potrebbe tornare a perseverare nel suo credo strategico, abbandonando così il modulo che ha fruttato i successi del predecessore Mancini, cambiando la filosofia di gioco dell’Inter, come il portoghese ha ribadito ultimamente. Una filosofia che contempla un attaccante di peso dentro l’area di rigore, che oggi l’Inter non ha in rosa, se è vero che Cruz e Crespo possono ormai considerarsi due ex nerazzurri. Così come Acquafresca è ancora troppo acerbo per interpretare questo ruolo delicato. Con i soldi ricavati dalla cessione di Ibra, Moratti potrebbe accontentare Mou prendendogli il bomber da lui desiderato per tornare al 4-3-3 (che implica anche il ritorno di Quaresma e la conferma di Mancini). La lista, in tal senso, è di primo piano: Eto’o, Drogba, Milito.

Tutti potrebbero risolvere il problema dei gol facili in casa Inter, un aspetto a cui Adriano non è stato in grado di contribuire, vuoi per carenza di condizione, vuoi per una tendenza a giocare lontano dalla porta. Lo stesso limite che lo rende inadatto al tridente di Mourinho. In un contesto del genere, avrebbe senso anche l’ingaggio di un giocatore dai piedi buoni come Diego, capace anche di difendere nella sua zona di competenza. Non si esclude, inoltre, che il mercato in arrivo possa coinvolgere un altro attaccante esterno, per rinforzare un reparto che non può dipendere dai soli Mancini e Quaresma (nome che anche oggi spaventa i tifosi, ma non quelli avversari...). Un parco offensivo con Adriano, Balotelli, Mancini, Eto’o (o Drogba, o Milito) e Acquafresca non sarebbe male, ma deve dimostrare di saper mettere in pratica le idee di Mourinho. Di certo, non stuzzica la fantasia dell’appassionato perché pecca un po’ in creatività (Ibra colma da solo questa lacuna), ma tecnicamente e tatticamente ha un suo perché. E questo, soprattutto in Europa, conta più delle intuizioni personali dei grandi campioni...
 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 25 marzo 2009 alle 08:37
Autore: Fabio Costantino
vedi letture
Print