Nel giro di qualche anno, San Siro verrà depennato dal calendario dei protettori del calcio nel quale era stato inserito nel lontano 1926. Lo ha stabilito il Dio denaro, escludendo il Meazza dal Pantheon degli stadi più belli e famosi del globo per far posto a un nuovo impianto che è l'ennesima amara riprova che definisce i tifosi come consumatori. Sono sempre loro, dall'inizio dei tempi, a foraggiare il sistema: animati da una passione incrollabile per lo sport più bello del mondo hanno resistito all'ingresso sulla scena mediatica delle pay-tv, alla frammentazione del calendario delle partite su più piattaforme e in diversi giorni della settimana, e da qualche anno devono annientare l'anima romantica di fronte all'estinzione di monumenti storici dentro i quali hanno costruito una loro memoria storica.

In pratica, in ossequio alle nuove leggi economiche che regolano il calcio europeo, Inter e Milan sono giunti alla conclusione che la mossa più saggia per diminuire il gap dalle superpotenze finanziarie del vecchio continente sia cancellare il luogo dove hanno costruito molte delle loro imprese leggendarie. Di fatto – nella riflessione costi-benefici misurati in euro ed emozioni fatta dalle due dirigenze italo-cino-americana – distruggere il luogo dei trionfi è la via più logica per segnare sulla linea del tempo un anno 0 dopo il quale arriveranno altre imprese. La Scala del Calcio non esisterà più fisicamente, ma vivrà in eterno nei racconti tramandati o come immagine riprodotta su qualche schermo. Proprio come accade da quando si può vedere il calcio sul piccolo schermo, da quando cioè il non-luogo del salotto di casa ha sostituito la fatica di andare a vedere le partite dal vivo. La comodità si paga a caro prezzo, lo sanno bene gli abbonati, e presto lo sperimenteranno sulla propria pelle anche i nuovi loggionisti dell'impianto che raccoglierà la pesante eredità di San Siro. La struttura più contenuta, si parla di 60mila posti, farà lievitare il prezzo dei biglietti che verrà giustificato con la parola 'comfort' o 'servizi', tutto ciò che abbraccia l'esperienza del fruitore finale che assomiglierà da vicino a uno spettatore al cinema. Lo stesso meccanismo della pay-tv replicato allo stadio, con un grado di coinvolgimento in più. Giusto per ribadire a gran voce che il football non è più popolare da un bel pezzo e non lo sarà certamente negli anni a venire. 

Senza voler scadere nell'anacronismo, va sottolineato il grande paradosso di questa corsa impazzita verso il futuro rappresentato dalla Super Champions, il Sacro Graal a cui ambiscono più o meno segretamente i club più prestigiosi: l'obiettivo è raggiungere la Nfl alla voce ricavi – Andrea Agnelli dixit – facendo leva sulla popolarità senza confini dello sport più bello del mondo. Nessuno si stupisce della piega che sta prendendo il movimento, al massimo si puntualizzano i fatti davanti a coloro i quali danno per scontato che quello a cui stiamo assistendo sia l'unico epilogo possibile. L'ineluttabile verso cui stiamo viaggiando a gran velocità sta divorando un simbolo come San Siro e bisogna tacere perché 'lo stadio di proprietà' è l'asset fondamentale per stare al passo con le big (nel caso delle due milanesi l'impianto sarebbe condiviso, unicum in Europa, e prima ancora di edificarlo il sindaco della città lo definisce patrimonio del Comune). Un refrain che abbiamo sentito ripetere per anni per mitizzare la storia di successo della Juve, che si è lasciata alle spalle senza nostalgia il Delle Alpi per costruire un nuovo santuario sportivo che – anche per coincidenze ben note al grande pubblico – è diventato presto sinonimo di vittorie. L'equazione non è così scontata, è bene precisarlo: l'Emirates Stadium, per esempio, non ha avuto un effetto tangibile sulla bacheca dell'Arsenal. Il contesto agguerrito della Premier League ha addirittura allontanato i Gunners dalla Champions negli ultimi due anni dopo diverse stagioni in cui erano di casa. Un caso di specie che fa riflettere, quello dei londinesi, perché - soprattutto in regime di Fair Play Finanziario e regole finanziarie inflessibili a giorni alterni - non esistono formule magiche per vincere o produrre spettacolo. Che poi sono le due condizioni per le quali la gente è disposta a pagare: vivere queste partite non ha prezzo, come recitava uno spot di qualche anno fa. Priceless è la parola inglese che condensa perfettamente il tipo di sensazione che prova un tifoso in questi casi, e San Siro ne ha regalati tanti. Impossibile rimanere insensibili, anche per gli uomini del futuro. 

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 28 marzo 2019 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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