Di riffa o di raffa si finisce sempre lì. Perché è inutile nasconderselo, il COVID-19 sta cambiando tutto ciò che ci sta intorno. Compreso lo sport, compreso il calcio, la prima delle cose futili che stanno a cuore agli italiani. Oggi avremmo dovuto cercare di capire se l’Inter fosse uscita, finalmente, dal tunnel del gioco noioso messo in mostra negli ultimi tempi, con un inizio del girone di ritorno tra il male e il molto male se confrontato coi risultati di qualche mese fa. Passi indietro giustificabili, calcisticamente parlando, da rinvii, porte chiuse, lontananza dal campo e da sfide impegnative (i sedicesimi contro il Ludogorets, con tutto il rispetto del mondo, non appartenevano alla categoria); ma la mancanza totale di reazione in quel di Torino, dopo il vantaggio dei nostri avversari, è qualcosa che deve darci da pensare. E, perché no, da dibattere; anche per me, contiano della prima ora.

Avremmo dovuto, dicevamo. Perché, nonostante l’imbarazzante gestione dell’UEFA – qualcuno spieghi ai soloni a capo dell’organismo che comanda e controlla il calcio europeo di cosa si sta parlando nel mondo ma, del resto, sarebbe complicato cercare di aprire menti che fecero disputare Roma-Real Madrid l’11 settembre del 2001, adducendo come motivazione la poco plausibile mancanza di tempo per annullare la partita – è arrivato direttamente il COVID-19 a mettere d’accordo tutto e tutti. Così la Roma non ha ottenuto l’ok dalle autorità spagnole per volare verso Siviglia e l’Inter si è trovata di fronte al fatto compiuto di un presidente, quello del Getafe, poco propenso (eufemismo) a far sbarcare i suoi nel capoluogo lombardo per la disputa della partita. Rinviamo tutto, Inter e Roma intendiamo, a data da destinarsi; da destinarsi cosa, o a Nyon sono all’oscuro che l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia? Tralasciando, per pudore, la voce di gara secca in campo neutro nonsisabenedove. Eppure, nonostante quanto stava accadendo, Ceferin fino a ieri continuava a raccontarci dell’europeo fantastico ed itinerante che ci sarà di sicuro; ecco, speriamo l’UEFA cambi posizione e stoppi delle manifestazioni che, portate avanti forzatamente, non hanno un senso logico. Dipenderà dalle coscienze di chi sta nella stanza dei bottoni, ma qualunque sia l’esito finale e della Champions e dell’Europa League non ci sarà mai una squadra vincitrice, chiunque essa sia.

Tornando all’Inter, dopo questo pistolotto che sembrava quantomeno doveroso, ci piacerebbe tanto capire l’involuzione da cosa può dipendere. La squadra ormai conosce a memoria il credo di Antonio da Lecce ergo dovrebbe sapersi esprimere sempre meglio, domenica dopo domenica. Allora, forse, parliamo di problema atletico? Anche qui ci sarebbe da riflettere; l’Inter per correre corre, i dati raccontano questa storia. Casomai, ma è la mia personalissima impressione, corre male. Inoltre, altro mistero, gioca un tempo; cioè, il meccanismo funziona per quarantacinque, cinquanta minuti. Poi la luce, misteriosamente, si abbassa. E, per finire, lo spirito di reazione è un ricordo. Nelle ultime settimane, quelle pre COVID-19 intendiamo, la squadra è parsa smarrirsi di fronte alle prime difficoltà, involuta, come se quell’animus pugnandi messo in mostra durante il girone di andata si fosse perduto pian piano, senza una valida ragione. Oh, intendiamoci, abbiamo fatto delle semplici riflessioni. Perché va ricordato sempre che ci troviamo di fronte all’ennesimo anno zero, stavolta reale. Siamo ripartiti con una nuova dirigenza e una nuova guida tecnica; un minimo di pazienza bisogna, necessariamente e giustamente, averla.

Non c’entra nulla ma, mi raccomando; se non per motivi imprescindibili restate a casa. È importante per sconfiggere la bestia che circola tra di noi.

Alla prossima.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 12 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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