È un dato spesso sottolineato, talvolta a sproposito, eppure ha in sé un fondo di verità, palesato proprio dalle prestazioni che, con esito differente, hanno tirato fuori Juve e Roma nei match di ritorno dei quarti di Champions: il gap più significativo tra il calcio di Serie A e quello che si vede in Europa risiede nell'intensità. Guarda caso, nonostante i differenti tassi tecnici e al netto dell'atteggiamento quantomeno rilassato che le due spagnole hanno esibito nel ritorno, Roma e Juventus hanno fatto più male alle avversarie proprio quando sono state chiamate alla partita disperata, quella impostata in modo che fin dal 1' si corresse più degli altri nel tentativo di rendere possibile l'impossibile.
Intensità, dunque, o se preferite passo lesto, circolazione della palla frenetica, cambi di gioco frequenti e concentrazione che sfiora i 90'. L'Inter, chiamata a rimettere piede in Champions al termine di una non facile volata finale, ha l'occasione di formarsi già ora in vista di un auspicato ritorno lì dove le compete. Proprio sul piano del gioco e dell'intensità, la squadra nerazzurra ha fatto enormi passi avanti nel corso della stagione. Se l'andazzo verrà mantenuto, non potranno che giovarsene il presente e il futuro dell'Inter.
Le prestazioni, innanzi tutto. Oggi Spalletti riesce meglio a mantenere costante la concentrazione dei suoi nell'interezza del match. Perfino a Torino, con l'eccezione di un paio di elementi che purtroppo si son rivelati dannosi ai fini del risultato, l'Inter è stata costantemente dentro la partita, orientata a una rimonta che si è infranta solo contro l'imponderabile. E pensare che, soltanto fino a poche gare fa, i 'buchi' di concentrazione all'interno della stessa partita erano pressoché una costante dei nerazzurri, quasi uno specchio di quei famosi cali mentali che, spalmandosi su due-tre mesi, rovinano da anni le stagioni del club.
Adesso, quantomeno, l'atteggiamento resta piuttosto costante nei 90': solo raramente, e perlopiù in casi disperati, la palla è buttata avanti alla viva il parroco; l'idea di partenza tiene sempre conto della cosa più logica, col pallone affidato a una delle teste pensanti in mezzo al campo (Brozovic, Rafinha, Cancelo) e la scelta di qualità preferita quasi sempre a quella più ovvia, ma meno fertile.
Emblema di questa evoluzione (è presto per parlare di rivoluzione) è senz'altro Marcelo Brozovic, ex anarchico del centrocampo che ora studia da leader tecnico. Non c'è pallone che non passi da lui, e non c'è una sua idea che non sia volta a sorprendere l'avversario con una verticalizzazione improvvisa o un cambio di fronte atto a sconquassare sull'altra fascia le difese avversarie. Un giocatore così, se rinuncia appunto alle sue pause indolenti, promette di essere il primo artefice di una crescita dei suoi nel ritmo. Se poi uno come Brozo resta concentrato tutta la partita, per tutte le partite, va sa sé che ognuno può ragionevolmente ambire a questa stessa tenuta mentale. La sua assenza a Bergamo, in questa breve corsa finale, non ci voleva.
L'Atalanta, ancor più delle barricate granata, sarà un eccellente banco di prova per questa nuova Inter. Di fronte, infatti, ci sarà la più europea delle italiane, una squadra che viene a prenderti alta sempre e comunque, sganciando a turno uno dei centrocampisti sul tuo primo portatore di palla. Uno come Gagliardini, che infatti ha nei giusti tempi del suo pressing un tratto distintivo del proprio gioco, ha appunto studiato calcio a quella scuola, e guarda caso si sta ritrovando proprio grazie a un'Inter che pensa e agisce con velocità, e risparmia uno due tempi di gioco ad azione rispetto al passato.
Di contro, poi, servirà anche sapersi opporre alle veementi ripartenze orchestrate da Gasperini. Un tempo, quest'arma era valida anche per i nerazzurri di Milano, ma da quando Perisic ha preso a scendere in campo in ciabatte la questione si è complicata. Proprio il numero 44, con quel fisico da granatiere, potrebbe esser quello che più di tutti riporti all'attacco i suoi con spirito garibaldino e fiero, forte della sua corsa inarrestabile se si abbina allo strapotere fisico. Nulla di tutto ciò: per giocare al ritmo dei grandi, serve esser concentrati, e il limite di Perisic in questo fondamentale è evidente. Certe caratteristiche umane, prima che tecniche, saranno appunto da vagliare con molta attenzione in sede di costruzione della prossima rosa. Se davvero l'Inter ha intrapreso un percorso di crescita, e se non vorrà far figure poco affini alla sua storia una volta tornata in Europa, questo passa da Bergamo e, poi, dalle restanti gare, ma senza dimenticare la scrivania e un lavoro estivo più che mai sapiente. Certi errori, forse or ora sanati, vanno evitati come la peste.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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