Il Milan di Pioli stavolta è davvero on fire e dopo essere stato polverizzato al Franchi dai colpi della Viola si è visto bruciare prima la chance del potenziale allungo a più tre sul Napoli, lo scomodo coinquilino con cui condivide il piano più alto del condominio teorizzato da Spalletti, poi il vantaggio di sette punti sull’Inter che nemmeno 24 ore dopo l'ha accorciato a quattro, sebbene i nerazzurri fossero stati tenuti in qualche modo a freno nel derby di otto giorni fa. A Firenze va in scena la prima caduta degli dèi rossoneri, ricordiamo Tatarusanu l'ipnotizza-Toro, Kjaer l'invalicabile travolto dal gigante Vlahovic, Theo Hernandez il peggior rimpianto del ct Deschamps che avrebbe voluto convocarlo prima per stravincere il Mondiale, il leone Ibra, ok la doppietta e la treccina a quarant'anni e 48 giorni esatti, ma se nel primo tempo fosse riuscito a centrare lo specchio firmando l'1-1 con quel colpo di testa da due passi, chissà poi la partita come sarebbe andata...
A San Siro l'Inter e il Napoli si giocano una doppia chance troppo ghiotta da poter essere sprecata, l'unico problema è che, nonostante i sorrisi, gli abbracci e i baci prima della partita, Inzaghi e Spalletti sanno benissimo che solo una delle due squadre avrebbe potuto renderla concreta facendo infelice l’altra. "E stavolta guai a pareggiarla, piuttosto fate un autogol e la perdiamo", si sarebbe lasciato scappare il tecnico dei nerazzurri, esasperato dopo le chance buttate al vento al Meazza, in rigoroso ordine cronologico, contro Atalanta, Juventus e Milan. Già, perché l'Inter di Inzaghi una vera grande del nostro campionato non era mai riuscita a batterla, gli scontri diretti non ce la faceva proprio a vincerli, perché mancava sempre qualcosa, e chissà se un giorno sarebbe riuscita mai a guarire. La crisi di Lautaro? Prenda esempio da Giroud e Dybala. Aria ben diversa per lo straripante Napoli, che invece viaggiava alla sconvolgente media di 2 punti a partita conquistati contro tutte le big sinora affrontate: Juventus e Roma, la prima sconfitta 2-1 al Maradona a settembre, l'altra di Mourinho fermata sullo 0-0 un mese fa all'Olimpico. Il calcio a volte è matematica, con un pizzico di prostituzione intellettuale.
Il minuto 17 è nerissimo per l'Inter. Barella recidivo dopo l'errore nel derby consegna a Zielinski il pallone della ripartenza, la trama portata avanti da Osimhen e Insigne viene conclusa dal polacco che fa capire ai 57mila di San Siro come stanno quest'anno le cose in campionato. Nerazzurri rispediti a meno dieci e Spalletti che torna a brindare davanti ai suoi ex tifosi. Poi il colpo del grande regista, un plot twist che nemmeno Hitchcock o Shyamalan: l'Inter non si sconquassa, anzi guadagna metri e coraggio credendo di poterla ribaltare, anche subito, dall'altra parte il Napoli arrembante della prima parte di gara si ritira per difendere in maniera disattenta e disorganizzata. Così passano sei minuti per arrivare all'episodio che, per una volta, "gira" a favore dei nerazzurri e cambia le sorti del match (qualcuno dirà del campionato). Bastoni fa da apriscatole a sinistra sovrapponendosi a Perisic e Correa, dal cross nell'area sovraffollata la sponda di Darmian per Barella a cui è stata lasciata la poltronissima davanti a Ospina, mentre Fabian Ruiz è in balia di qualche sortilegio che gli fa perdere l’orientamento costringendolo per tutta la partita a brancolare nell'oscurità dimenticandosi del 23 nerazzurro. Destro e parata, ma di un difensore azzurro! Servono il VAR, un cartellino giallo per proteste a Inzaghi, ma alla fine anche Valeri si convince: è stata la mano di Koulibaly.
A San Siro l'Inter e il Napoli si giocano una doppia chance troppo ghiotta da poter essere sprecata, l'unico problema è che, nonostante i sorrisi, gli abbracci e i baci prima della partita, Inzaghi e Spalletti sanno benissimo che solo una delle due squadre avrebbe potuto renderla concreta facendo infelice l’altra. "E stavolta guai a pareggiarla, piuttosto fate un autogol e la perdiamo", si sarebbe lasciato scappare il tecnico dei nerazzurri, esasperato dopo le chance buttate al vento al Meazza, in rigoroso ordine cronologico, contro Atalanta, Juventus e Milan. Già, perché l'Inter di Inzaghi una vera grande del nostro campionato non era mai riuscita a batterla, gli scontri diretti non ce la faceva proprio a vincerli, perché mancava sempre qualcosa, e chissà se un giorno sarebbe riuscita mai a guarire. La crisi di Lautaro? Prenda esempio da Giroud e Dybala. Aria ben diversa per lo straripante Napoli, che invece viaggiava alla sconvolgente media di 2 punti a partita conquistati contro tutte le big sinora affrontate: Juventus e Roma, la prima sconfitta 2-1 al Maradona a settembre, l'altra di Mourinho fermata sullo 0-0 un mese fa all'Olimpico. Il calcio a volte è matematica, con un pizzico di prostituzione intellettuale.
Il minuto 17 è nerissimo per l'Inter. Barella recidivo dopo l'errore nel derby consegna a Zielinski il pallone della ripartenza, la trama portata avanti da Osimhen e Insigne viene conclusa dal polacco che fa capire ai 57mila di San Siro come stanno quest'anno le cose in campionato. Nerazzurri rispediti a meno dieci e Spalletti che torna a brindare davanti ai suoi ex tifosi. Poi il colpo del grande regista, un plot twist che nemmeno Hitchcock o Shyamalan: l'Inter non si sconquassa, anzi guadagna metri e coraggio credendo di poterla ribaltare, anche subito, dall'altra parte il Napoli arrembante della prima parte di gara si ritira per difendere in maniera disattenta e disorganizzata. Così passano sei minuti per arrivare all'episodio che, per una volta, "gira" a favore dei nerazzurri e cambia le sorti del match (qualcuno dirà del campionato). Bastoni fa da apriscatole a sinistra sovrapponendosi a Perisic e Correa, dal cross nell'area sovraffollata la sponda di Darmian per Barella a cui è stata lasciata la poltronissima davanti a Ospina, mentre Fabian Ruiz è in balia di qualche sortilegio che gli fa perdere l’orientamento costringendolo per tutta la partita a brancolare nell'oscurità dimenticandosi del 23 nerazzurro. Destro e parata, ma di un difensore azzurro! Servono il VAR, un cartellino giallo per proteste a Inzaghi, ma alla fine anche Valeri si convince: è stata la mano di Koulibaly.
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