Non sarebbe comunque arrivato il benedetto visto per il passaggio ai sedicesimi di finale con due turni di anticipo. Tutta colpa di Nikola Kalinic, che con una doppietta ha mandato per le terre il coraggioso ma modesto Qarabag regalando al Dnipro la prima vittoria nel girone F di Europa League, col risultato di imbottigliare le tre contendenti dei nerazzurri insieme a 4 punti, mentre l’Inter rimane in vetta a quota otto. A un certo punto sono stati anche 10, con la prospettiva concreta di farsi bastare un punto nel prossimo match contro gli ucraini per avere la certezza anche del primo posto del girone. Invece, quel punto permetterà di ottenere ‘solo’ il visto per il passaggio del turno, per farlo da prima della classe servirà battere Konoplyanka e soci il prossimo 27 novembre. Piccolo capovolgimento sintomatico di una serata a due facce, quella dell’Inter in terra di Francia al cospetto del Saint-Etienne.
GIANO BIFRONTE – I nerazzurri dovevano dare in primo luogo una risposta dal punto di vista del morale e dell’atteggiamento, dopo la catastrofe di Parma. Ebbene, il piglio mostrato al momento dell’ingresso in campo è stato quello ideale, per certi versi inedito in questa stagione. Si è vista un’Inter bella, che ha macinato, incredibile a dirsi, anche una discreta quantità di gioco, controllando a dovere un avversario che malgrado il forte incitamento della folla del Geoffroy Guichard è sembrato capirci poco. Davvero niente male, considerando anche le numerose assenze di cui tre dell’ultimo minuto (Rene Krhin, Yuto Nagatomo e Fredy Guarin). La rete di Dodò, falchetto pronto a farsi trovare nel posto giusto al momento giusto e inventare la carambola vincente a punire Stéphane Ruffier poco prima favoloso col colpo di reni su Rodrigo Palacio, suggella la prevalenza sul campo. Che anche nella ripresa sembra potersi replicare, almeno fino a quando Moustapha Bayal Sall, senegalese tanto roccioso quanto a tratti impacciato tecnicamente, non ringrazia Vidic per un involontario assist su corner e fulmina Carrizo con un bolide di rabbia. Da quel momento in poi, la partita cambia: perché l’Inter perde tutto ad un tratto brillantezza e fiducia, con l’effetto di galvanizzare i transalpini ancor più, forse, di quanto non faccia il chiasso clamoroso dei tifosi Verts, incessante e altissimo, roba alla quale l’Inter, forse, non è più abituata visti i costanti vuoi desolanti a San Siro. Tante ingenuità, tanti palloni regalati che solo la pochezza del blocco offensivo dell’ASSE fa sì che non arrivino reali pericoli, tranne l’occasione di Van Wolfswinkel neutralizzata da Carrizo.
PASSIFLORA – Basta un solo errore, quindi, per ribaltare completamente le prospettive di un intero incontro. Un pallone controllato male, una rete subita (la prima in Europa League dopo oltre 500 minuti di imbattibilità) e la spavalderia del primo tempo diventa il tremore di gambe della ripresa. L’Inter che aveva dimostrato nei primi 45 minuti di avere tutte le carte in regola per chiudere il discorso partita e, al 99%, qualificazione, si è trasformata in un’Inter bloccata, impaurita, nervosa, anche al di là dell’emergenza formazione. Caduta di nuovo preda di antiche ansie e paure, come se le certezze costruite nel primo tempo fossero diventate acqua fresca. Un male non bello, sintomatico di un momento non facile per nessuno, in casa nerazzurra. Walter Mazzarri invita alla calma tutti, cerca di non svilire troppo gli equilibri in campo ma alla fine patisce oltre misura pur riuscendo a portare a casa il punto. E’ un momento in cui all’Inter serve indubbiamente una cosa sola: la serenità. Dote che però ad oggi sembra una dote lontana, per diversi motivi più o meno immaginabili. Ma se forse non ci si può abbonare come recita uno spot in voga in questo periodo, l’Inter di certo può cominciare a immagazzinarla, magari a piccole dosi: cominciando a incamerare le cose belle della trasferta francese e lavorando su quelle brutte. Avendo cura, almeno stavolta, di non buttare tutto via come troppe volte si è visto. Ci vuole un’Inter che stia serena, al di là dei recenti connotati politici che questa frase ha assunto.
I POLI SERBI – Lavora, si impegna, a volte mette pezze anche importanti. Ma purtroppo, quando meno te lo aspetti, arriva lo svarione, la topica, l’inciampo che purtroppo alla fine risulta decisivo. Purtroppo ci è ricascato, Nemanja Vidic: ancora una volta, l’esperto difensore serbo incide in negativo sul risultato della partita, una maledizione che sembra non volerlo lasciare in pace. Anche questa volta, la gara è girata per colpa di un suo errore, un controllo errato su corner che ha permesso a Sall di infilarsi indisturbato e trovare il pareggio. E ora, gli interrogativi sull’ex capitano del Manchester United si infittiscono: è davvero lui quello che stiamo vedendo in Italia? Davvero l’adattamento alle logiche del calcio nostrano, ma prima ancora a quelle del suo nuovo tecnico, si stanno rivelando per lui più difficili da risolvere dell’enigma della Sfinge? Ma se Vidic ancora fatica a mettersi in carreggiata, sull’altro fronte c’è un giocatore, serbo come lui, che invece la carreggiata, nonostante tutto, sembra averla trovata: spesso tacciato di essere un giocatore poco consono alla causa, a Zdravko Kuzmanovic non si può certo togliere un merito, quello di metterci grinta e volontà. Che mai come in questo periodo stanno pagando: Kuz ci prova, anche dannatamente, a sfatare il tabù gol, ma al di là questo ieri sera ha fornito un valido contributo, come del resto aveva fatto nelle ultime partite in cui era stato chiamato in causa. Cresce Zdravko, tornato anche punto fermo della Nazionale serba; una lieta novella di cui l’Inter ha tremendamente bisogno.
A PICCOLI PASSI – E poi, ci sono loro: i ragazzi, i tanto attesi giovanotti che finalmente hanno visto spalancarsi le porte della prima squadra in un appuntamento comunque importante. Primo fra tutti, Federico Bonazzoli: l’attaccante di Ghedi, da tempo acclamato, viene lanciato da titolare al fianco di Rodrigo Palacio. E lui, ragazzo del ’97 che ha visto culminare ieri una settimana magica vista anche la convocazione in Under 21, ci mette molto impegno, cavando fuori dalla spazzatura un’azione dalla quale solo per poco non nasce un gol. Magari tatticamente è ancora un po’ da sgrezzare, ma non dimostra alcun timore reverenziale: per Bonazzoli, sono stati 66 minuti comunque interessanti. Come lo sono stati anche quei pochi concessi ad Andrea Palazzi, centrocampista del ’96, entrato nel finale di gara. Di certo non garbage time, considerato il forcing dei francesi al quale Mazzarri chiede di fare da tampone. Più volte e a gran voce si è chiesto di fare largo a questi ragazzi, che con la Primavera di Stefano Vecchi mietono gol e successi a raffica: questa apparizione potrebbe anche non significare nulla (gli esempi di esordi estemporanei in grandi palcoscenici di giocatori poi spariti dai radar non mancano), sta a loro fare tesoro di questa esperienza e farne il primo mattoncino per il futuro.
LA DISFIDA DI NYON – Da Ginevra, dove è arrivato ieri, Erick Thohir avrà sicuramente tratto risvolti positivi dalla serata della sua squadra. In attesa di scendere in campo lui, in prima persona, per disputare la partita (per meglio dire, il primo tempo) forse più importante della sua avventura da presidente nerazzurro: quella di Nyon, dove oggi incontrerà la commissione inquirente dell’Uefa alla quale illustrare il progetto di risanamento dell’Inter, atto dovuto dopo il warning ricevuto nell’ottica delle leggi del Financial Fair Play. Un piano che a breve termine si vuole usare per evitare di incappare in sanzioni più pesanti da parte dell’Uefa, ma che per il futuro deve costituire la chiave di volta dell’avvio di una nuova fase per la società nerazzurra: quella dei profitti, della salubrità dei bilanci, delle nuove prospettive; della serenità, per l’appunto…
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