"I dolori leggeri concedono di parlare: i grandi dolori rendono muti" scriveva Seneca. Uno stoicismo che solo parzialmente si addice alla gara di San Siro andata in scena ieri sera e dinnanzi alla quale parlarne è doveroso ancor più che concesso. I grandi dolori rendono muti, ma non questa volta, non sull'euro-match del Meazza dove l'Inter di Simone Inzaghi finisce con l'infliggere e infliggersi un dolore tutt'altro che leggero, dal sapore agrodolce sì ma fino ad un certo punto. Il retrogusto di un amaro che pervade tutt'ora gli animi nerazzurri è di fatto più forte del dolce lasciato assaporare dagli interisti contro un Liverpool che per lunghi, lunghissimi, tratti è apparso meno Liverpool del solito e non per demeriti propri. I meriti dei settantacinque minuti a reti bianche è di fatto appannaggio quasi totale dei padroni di casa che sotto gli occhi dei 37.918 spettatori del Meazza hanno risposto egregiamente ad un confronto che alle urne di Nyon aveva turbato se non terrorizzato parecchi animi.
GOL MANCATO, GOL SUBITO - Prese le misure iniziali l'Inter gioca d'intelligenza, fisico e sacrificio contenendo la potenziale furia dei rossi ben contenuta a lungo, a tratti freddata ma non neutralizzata del tutto: ed eccolo lì, il problema ridondante. L'errore sotto-porta che colpisce, punisce e ancor più ferisce e a ferire i nerazzurri ancor prima di Firmino e Salah sono i nerazzurri stessi. Lautaro di poco fuori al 5' minuto, la traversa di Calhanoglu, Skriniar di testa che anticipa De Vrij (in posizione probabilmente migliore dello slovacco per impattare) non trovando la rete su corner, Lautaro che non arriva su un cross di Perisic probabilmente calibrato non perfettamente, ancora uno spreco di testa di Dumfries su calcio d'angolo, la parata di Alisson su Perisic... Una serie di "avremmo potuto fare di più" che al netto dei novantaquattro minuti finali riempiono di rammarichi un bicchiere che meriterebbe d'esser riempito di una sentenza migliore del tabellino. "Se non fai gol ad una delle migliori d'Europa, ad un certo punto ti punisce" musica e parole di Edin Dzeko a fine gara. Disamina perfetta di una gara a due volti che lascia ad ossa ammaccate la squadra di Inzaghi, consapevole che quel "tutto" dato "non è bastato" quindi insufficiente ad ottenere un risultato che mette in salita oltremodo ripida la gara di ritorno ad Anfield, dove il passaggio del turno appare oggi utopico.
EUTANASIA - A qualche giorno dall'ennesimo boicottaggio di democrazia e civiltà sottoscritto dall'Italia, diversamente dalle ragioni bocciate in Parlamento, la spina staccata da Firmino all'Inter è un vero e proprio omicidio colposo. Fino alla rete del vantaggio dei Reds la squadra meneghina scorrazzava e si dimenava viva e vegeta tra una maglia rossa e l'altra, mostrandosi all'Europa in tutto il suo splendore, ma la bellezza spesso si dice sia un bene effimero destinato a svanire e come tale in grado di soddisfare esclusivamente a tempo determinato. Quella degli uomini di Inzaghi però inizia ad essere una deadline ricorrente che alla luce dell'ennesima recidiva conduce ad un inevitabile quanto necessario ulteriore check-up e conseguente cura. Come già accaduto più volte i nerazzurri tengono alta un'asticella che sembra non dare mai parvenza di scaricamento, salvo poi precipitare all'improvviso con le letali conseguenze del caso. Il paziente sarà rivalutato nei prossimi giorni, eppure l'immediata diagnosi dei diretti interessati appare piuttosto azzeccata.
ESTETISMO E STOICISMO - Ma "Il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato" diceva D'Annunzio, e il più grande errore dell'Inter ieri sera è l'ossessionata ricerca di quella stessa estetica della quale s'è nutrita finora, talvolta delizia, talvolta croce. Una bellezza che contro il granitico Liverpool ha fatto colpo e poco più, ricevendo in cambio uno squarcio al cuore più profondo di quanto pronosticasse. "Sconfitta difficile da digerire" - spiega Dumfries - per il modo in cui i ragazzi di Inzaghi hanno "lottato, controllato la gara, avuto occasioni", queste però non concretizzate ed ennesimo monito che trova espressione nelle parole di Skriniar nel post partita quando ha onestamente ammesso la necessità di "essere più determinati e cattivi nei dettagli" per fare la differenza. Ma se è vero che il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato, bisognerà evitarlo "occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni", D'Annunzio docet ma Dumfries altrettanto: "Rimontare ad Anfield è possibile. Non sarà semplice ma credo nelle nostre qualità, andremo lì per giocare e vincere". Con destrezza e sicurezza l'olandese si presenta ai microfoni per spronare gli interisti tutti, dai compagni ai tifosi, cancellando i rammarichi e tornando a spingere sull'acceleratore senza paura e a gran voce perché "i grandi dolori rendono muti", ma non questa volta.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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