Bloccata l'emorragia. Era importante, anzi fondamentale non perdere contro la Lazio per cercare di ripartire. Il momento delicato che durante la stagione arriva per quasi tutte le squadre, ha coinciso all'Inter con due sconfitte in campionato contro Udinese e Sassuolo e nel sanguinoso derby di Coppa Italia. Ma nella Milano nerazzurra la frenata ha avuto una eco più grande di quanto si potesse pensare, perchè improvvisa e anche inaspettata. Prima del ko con l'Udinese, datato 16 dicembre 2017, la squadra era prima in classifica, imbattuta e considerata addirittura tra le pretendenti allo scudetto. Ora la situazione è sicuramente più chiara, quanto meno non c'è spazio per voli pindarici che rischiano solo di allontanare dalla realtà, che si chiama difficile lotta per un posto in Champions League.
Sabato al Meazza l'Inter ha rischiato di perdere ancora, contro una Lazio che sul campo è parsa squadra con più soluzioni e tecnica, soprattutto in mezzo al campo. Ma la banda Spalletti ha dimostrato che non tornerà l'armata brancaleone delle scorse stagioni, come invece qualcuno già pensava o addirittura auspicava. Questa Inter ha una solidità ormai acquisita e una organizzazione difensiva che le permette di tenere botta anche nei momenti più delicati della gara. L'Inter sta facendo a meno di due perni della difesa come gli infortunati D'Ambrosio e Miranda. Bentornato ad Andrea Ranocchia, tra i migliori contro la Lazio. Rivedere finalmente questo ragazzo entrare in campo con lo sguardo e la grinta dei giorni migliori, rendono felici tifosi e addetti ai lavori. Sabato, solo applausi per lui, i fischi nel dimenticatoio, l'Inter ha ufficialmente recuperato un giocatore importante alla causa.
I problemi sono qualche metro più avanti. Dal centrocampo in su. Un solo gol realizzato nelle ultime sei partite è inconcepibile per una squadra che si chiami Inter e che annoveri tra le sue fila il capocannoniere del campionato, alias Maurito Icardi. Juventus, Udinese, Pordenone, Sassuolo, Milan, Lazio. Contro queste squadre in sequenza si è segnato un solo gol, inutile, all'Udinese. Al momento è questo il problema da risolvere, perchè dopo la flessione che ha sfiorato una mini crisi è obbligatorio tornare a vincere. Ma per vincere bisogna segnare. Per segnare bisogna tirare in porta. Tutto questo non succede da Inter-Chievo, dal quel 5-0 condito anche da una prestazione altamente spettacolare. Poi, compresa la trasferta di Torino con la Juventus, da cui si era però usciti con un prezioso pareggio, davanti si è spenta la luce. La squadra fatica molto a portare uomini nell'area di rigore avversaria, Icardi è costretto a rincorrere palloni sporchi sempre più preda delle difese avversarie. L'involuzione della manovra offensiva, a mio avviso, è solo in parte spiegabile con lo scadimento di forma di Perisic e Candreva.
Come non può essere solo colpa di un centrocampo accusato di scarsa fantasia e della mancanza di un elemento in grado di cambiare con una giocata il canovaccio della partita. In parte è vero, lo abbiamo già scritto ed evidenziato, ma questa squadra, pur con i suoi limiti strutturali, era comunque riuscita a segnare quando serviva, vincendo partite a ripetizione e conquistando i punti che ora garantiscono un terzo posto assolutamente in linea con i desideri al termine del girone di andata. E' ipotizzabile quindi che l'Inter stia pagando il solito problema di mentalità, di concentrazione, di subentrata mancanza di autostima, che specie a dicembre, da qualche stagione esce allo scoperto. Luciano Spalletti è stato bravissimo, sin dal primo giorno di ritiro estivo, a lavorare sulla testa dei calciatori e a formare un gruppo compatto e voglioso di remare dalla stessa parte. Questo aspetto del lavoro del tecnico ha prevalso anche sulla sue riconosciute capacità di dare un gioco brillante e spettacolare, marchio di fabbrica delle squadre di Spalletti. Ma, vista l'inaspettata impossibilità di operare secondo i piani durante il mercato estivo, il tecnico di Certaldo ha dovuto privilegiare altri aspetti, tra questi il convincere della loro forza certi giocatori che sembravano ormai corpi estranei dopo le delusioni della scorsa stagione.
L'obiettivo è stato raggiunto e in un tempo decisamente breve rispetto alla difficoltà e l'Inter nelle prime sedici giornate di campionato aveva ottenuto ben dodici vittorie, quattro pareggi, nessuna sconfitta. Poi abbiamo assistito ad una sorta di crisi di rigetto. Come dopo un trapianto di cuore, seppure ben riuscito in partenza. Il medico Spalletti ha enunciato i sintomi della malattia. Dice che la squadra ora ha paura delle negatività. Esempio eclatante il derby di Coppa Italia contro un Milan tutto volontà, ma nulla più. Fallito il gol da Joao Mario, con il passare dei minuti i giocatori si stavano convicendo dell'avvicinarsi dell'episodio negativo. Presto, fatto. Gol del subentrato Cutrone ai supplementari che ha sancito l'eliminazione da una manifestazione a cui si si doveva ambire. Individuata la causa, il medico ha iniziato la terapia che in parte ha già dato i suoi frutti con la Lazio, non perdendo una partita che i biancocelesti avrebbero meritato di vincere. Venerdì prova del fuoco a Firenze. Per capire se il malato (immaginario) decida di guarire definitivamente per riprendere la corsa. Sempre in attesa del mercato dove Suning è obbligata a fare qualcosa. Perché prevenire è meglio che curare. O no?
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