Quanto possono essere lontani undici metri? Come sempre, dipende dai punti di vista. E ieri sera, avrebbero potuto rappresentare, nello stesso momento,  la misura della gloria come del baratro. Perché in quegli undici metri, in quegli undici maledetti metri che a lungo l’Inter ha sospirato di poter calcare e coi quali improvvisamente si è ritrovata a dover fare i conti per due volte nello spazio di tre giorni, roba che alle orecchie dei tifosi fino a qualche giorno fa suonava quasi come una notizia sullo sbarco degli alieni, mai come ieri sera c’è stato il senso di una partita. E forse, senza nemmeno esagerare, di un futuro. Un rigore assegnato dopo qualche istante interminabile di riflessione, per di più al 90esimo minuto, destinato a segnare una partita, nel bene o nel male.

E stavolta, la moneta è caduta nel verso giusto: perché a Mauro Icardi non appartengono le raccomandazioni di Francesco De Gregori al piccolo Nino circa la paura di tirare un calcio di rigore. Lui, Maurito, non ha paura di andare dal dischetto per ribaltare una serata che per lui non era andata benissimo, con pochissimi palloni giocabili. E non ha paura di andare a calciarlo a pochi secondi dal 90esimo, prendendosi in un colpo la responsabilità di reggere sulle proprie spalle il peso di tutto il mondo nerazzurro. Sfrontato, occhi negli occhi della preda Romero come il gladiatore in mezzo al Colosseo, Maurito calcia con tutta la rabbia e la potenza che ha in corpo e piega le mani al connazionale, regalando all’Inter tre punti che superano, ad oggi, il valore dell’oro alle borse internazionali.

Cosa sarebbe successo, senza quel rigore segnato? Sarebbe stata altra benzina sul fuoco delle polemiche che ormai da giorni circondano tutta l’Inter. E si sarebbe forse dimenticato il fatto che comunque, se c’è stata una squadra che forse ha fatto qualcosa in più per vincere, quella è stata la squadra di Walter Mazzarri. Mettiamo per un attimo da parte le clamorose occasioni avute da Joseph Duncan prima e Eder poi, finite una sulla traversa l’altra sulla mano dell’angelico Samir Handanovic: perché a parte quelle due ghiotte palle reti, non si ricorda la prova degli uomini di Sinisa Mihajlovic, comunque venuti a Milano con un atteggiamento positivo, per quel che riguarda le occasioni  pericolose. Anzi, a volte la sin qui solidissima difesa ha peccato lasciando molto spazio agli inserimenti, soprattutto di un Rodrigo Palacio che continua a pagare un gap atletico abbastanza pesante sbagliando gol non da lui. Ma per il resto, i padroni di casa, che pure hanno ancora latitato sotto certi aspetti, su tutti quello del dinamismo, come a sperare ogni volta Mateo Kovacic o Hernanes facessero la santa grazia di inventarsi la giocata che potesse dare la scossa a tutti, ha comunque tenuto sulla corda quella squadra sin qui tanto decantata per la qualità del gioco, come ammesso anche dallo stesso tecnico serbo a fine gara. Ma tutto, mentre il 90esimo scivolava inesorabilmente, sarebbe finito nel dimenticatoio, travolto dalle prevedibili polemiche incrociate pronte a colpire Mazzarri e il suo non gioco.

E invece, ecco arrivare quel momento, quelle proverbiali ‘porte scorrevoli’ attraverso le quali il tuo destino può cambiare in pochi attimi: Icardi segna, l’Inter vince, e come d’incanto si ritrova a passare dall’avere un piede nella fossa a rimettere improvvisamente piede sul treno che porta all’Europa: merito di una congiuntura astrale di risultati che ha riso come raramente era capitato ai nerazzurri negli ultimi tempi, visti i pareggi di Milan e Napoli, la sconfitta dell’Udinese a Firenze, per non tralasciare il ko al 94esimo della Juventus a Genova che poco inciderà, alla fine, sulla classifica nerazzurra ma rimane sempre un risultato clamoroso.  Sembrava un’Inter destinata a finire stritolata nel giogo delle accuse a ripetizione, e invece, almeno per una sera, vede finalmente un barlume di luce in fondo al tunnel. Dando una risposta concreta anche a quel fuoco amico, quei fischi piovuti a fine primo tempo frutto di un preconcetto ormai radicato da parte di una tifoseria specie nei confronti dell’allenatore, che non solo non hanno reso giustizia alla prova di coraggio dell’Inter arrivata con una rosa ancora molto ridotta ad una gara contro la formazione più in forma del momento e nonostante tutto è riuscita a giocarsela per bene, ma forse non rendono nemmeno giustizia agli avversari e alla loro partita, ma mai come ieri sera, forse, sono stati presi per fiaschi…

La storia ci insegna che con questa Inter i toni pomposi sono definitivamente da accantonare; sabato ci sarà già un’altra partita da affrontare, contro un Parma in piena crisi di risultati e che perciò avrà una fame di rivalsa da non sottovalutare. L’importante, però, sarà mantenere costantemente vivi questi segnali di progresso, in attesa che l’infermeria si svuoti e tornino giocatori importanti. Consapevoli che, in un campionato come questo, le sliding doors che ti possono ribaltare nuovamente il destino sono sempre dietro l’angolo, nel bene e nel male…

Sezione: Editoriale / Data: Gio 30 ottobre 2014 alle 00:01
Autore: Christian Liotta
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