La cura non è riuscita. Non è bastato un lungo ritiro ad Appiano Gentile, con un piccolo spicchio di un pomeriggio libero, per ridare alla squadra il volto di sei partite fa. Il momento è nero e lo si è intuito anche dall'ultimo voltafaccia della dea bendata, allorché Miranda è andato ko nell'immediato pre-partita di Inter-Napoli. Parziale consolazione: non sarebbe probabilmente cambiato molto nemmeno con il brasiliano in campo, perché il centrale era in un periodo nero e perché i problemi sono talmente grandi da non poter essere legati ad una semplice assenza. Per raggiungere risultati all'altezza dei proclami vittoriosi della proprietà servirebbe, più di tutto, una fiducia oggi assente nella quasi totalità dei giocatori e nel tecnico. Sei gare senza vittorie, dopo quattro mesi di proficuo lavoro, hanno stroncato la truppa.

Lungi dal sottoscritto, tra queste righe, prendersela in primis con Stefano Pioli. E' giusto sottolineare alcune mancanze, il fatto che non sia riuscito a dare una scossa al primo vero momento di difficoltà, così come scarni sono stati i cambiamenti provati per mutare rotta. Difficile però gettare per primo dalla torre un tecnico subentrato in una situazione che tutti conosciamo, a metà di una stagione in cui già le premesse sono state le più sbagliate possibili. Ben davanti di lui, in una classifica dei colpevoli, andrebbero inseriti nomi che vanno dalla cima (la società) alla base (i giocatori).

Ci permettiamo però in queste righe di dissentire dall'analisi fornita dopo Inter-Napoli. E' mancata ben più di “un po' di precisione”. E' mancata la voglia di giocare una partita diversa, soprattutto dopo lo svantaggio. Di fronte c'era il Napoli, formazione oggi lontana anni luce per tecnica, spirito di squadra, lavoro alle spalle. Ma questa sarebbe l'Inter e al fianco dei padroni di casa c'erano 60mila tifosi accorsi al Meazza nonostante una situazione di classifica indecorosa. E' sembrato quasi che si giocasse a... difendere lo svantaggio. La stessa sostituzione di Eder con Banega è sembrata più “conservativa” che non coraggiosa.

Suning ha appena lanciato la campagna abbonamenti, tra poco meno di un mese si chiuderà il campionato e partiranno le grandi manovre del calciomercato. Servirà, da qui in poi, più lungimiranza rispetto a un'estate fa. I soldi servono solo nella misura in cui si sa bene come spenderli. Mai più operazioni da trenta milioni per Gabriel Barbosa, cui auguriamo di “farsi” in un futuro che oggi vediamo lontano, o da quaranta per Joao Mario, ad oggi emblema di come non basti una grande tecnica per essere un giocatore di vertice. Serve molto di più. Caratteristiche che non si imparano facilmente e che chi si occuperà del mercato dovrà obbligatoriamente trovare nei futuri innesti.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 02 maggio 2017 alle 00:01
Autore: Mattia Todisco
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