A 48 ore dai primi verdetti, proviamo ad aprire la 'Hall of Fame' dell'Inter e a sentire un po' di profumo di storia e gloria nerazzurra. Venerdì sera, 9 marzo 2018, per i 110 anni del club conosceremo infatti i primi quattro giocatori che entreranno nella leggenda. Ovviamente nei prossimi anni saranno tanti i calciatori che meriteranno di accompagnare i primi scelti da tifosi (50% dei voti) e addetti ai lavori e si potranno così formare squadre da sogno: tante grandi Inter da prendere a esempio anche per chi la maglia nerazzurra la indossa nel presente. Sicuri di non poter accontentare tutti, ci avventuriamo comunque nel tentativo di convocare ventidue miti della storia dell'Inter, una stupenda rosa che permetterebbe di formare due squadroni, procedendo ruolo per ruolo.

I criteri stabiliti dall'Inter prevedono che siano eleggibili giocatori con almeno 60 presenze, un titolo vinto con la maglia nerazzurra e che siano trascorsi almeno tre anni dalla fine dell'attività agonistica. Sul discorso del titolo vinto si potrebbe muovere la prima critica, perché campioni come Baggio e Rummenigge sarebbe bello ritrovarli nei prossimi anni nel 'Salone della Fama' nerazzurra, anche se non hanno mai vinto con l'Inter. E allora nel nostro particolare criterio, cambiamo queste regole e scegliamo solo per valori tecnici e morali, oltre che di attaccamento alla maglia, andando anche oltre la regola dei tre anni di inattività.

PORTIERI

I primi tre votati risultano Zenga, Pagliuca e Toldo. Nominati non a caso, anche se solo venerdì sera sapremo se il pronostico verrà rispettato. Per la rosa dei sogni invece convochiamo Zenga e Julio Cesar, il classico e il moderno, il portiere imbattibile tra i pali e quello che gioca tranquillamente con i piedi, l'interista nato nella Curva e il brasiliano che si è innamorato dei colori del cielo e della notte. Julio Cesar è migliorato tantissimo dal 2005, l'anno di arrivo, fino all'apice del 2009/10, l'anno in cui spesso è volato come un felino a fermare i sogni dei più grandi, tra cui lo stesso Messi. Walter Zenga, votato per tre stagioni consecutive a cavallo degli anni '80 e '90 miglior portiere del mondo, l'Uomo Ragno, reattività e personalità inimitabili, rappresenta pienamente l'interismo ed è giusto che sia lui il primo portiere ad entrare nella 'Hall of Fame'. Zenga aveva il numero uno e Julio Cesar il dodici, almeno per le maglie non scontentiamo nessuno.

DIFENSORI

I voti sono andati a tre terzini: Facchetti, Bergomi e Zanetti. Anche se Zanetti ha fatto cento ruoli e Bergomi ha giocato anche da centrale e da libero. Per due di loro è stata ritirata la maglia! Nessuno potrà più indossare la numero 3 di Giacinto Facchetti e la numero 4 di Javier Zanetti. E questo la dice lunga per il significato che hanno nella storia del club. Facchetti è stato anche presidente, Zanetti è attualmente vice. Difficilissimo pronosticare chi dei due possa entrare per primo. Indichiamo però gli otto difensori nella nostra rosa dei sogni: come terzini destri Zanetti e Maicon, terzini sinistri Facchetti e Brehme. Maicon non è mai stato solo un terzino, ma un giocatore che gli avversari dovevano costantemente pensare a fermare. Brehme invece era un regista che partiva da sinistra, tirava con la stessa facilità con entrambi i piedi e crossava in modo fantastico. Difensori centrali: Samuel, Picchi, Bergomi e Burgnich, con gli ultimi due che possono permetterci anche cambi di modulo, giocando anche da esterni o con la difesa a tre. Del resto, con certi fenomeni si potrebbe giocare in mille modi. Burgnich una roccia nelle marcature, Samuel un muro invalicabile, Picchi un comandante con carisma e intelligenza tattica, Bergomi marcatore, terzino, libero all'occorrenza, oltre a una generosità e professionalità incredibili.

CENTROCAMPISTI

Sempre più difficile, perché nel reparto nevralgico bisognerebbe sceglierne molti di più di sei, ma il nostro gioco vuole sei convocati. I tifosi e gli addetti ai lavori hanno scelto Mazzola (che si sarebbe potuto considerare più come attaccante), Matthaus e Stankovic. Nel nostro centrocampo titolare invece, tra una leggenda di interismo come Sandro Mazzola e un pallone d'oro come Lothar Matthaus, inseriamo un regista più classico: Luis Suarez, anche lui pallone d'oro, anche se con la maglia del Barcellona, mentre con l'Inter è arrivato due volte secondo e una volta terzo. Ne mancano tre per completare la rosa e cercando di far fede ai criteri di valori tecnici, morali e di attaccamento alla maglia, scegliamo Oriali, il mediano per eccellenza, una vita all'Inter, anche da dirigente; Corso, 'il piede sinistro di Dio', classe e interismo puro; Cambiasso, mediano, mezzala, tuttocampista, giocatore che sapeva leggere la partita come pochi e che può diventare un grande allenatore.

ATTACCANTI

Meazza, Ronaldo e Altobelli sono i tre votati da cui verrà fuori il primo goleador della 'Hall of Fame' dell'Inter. Se per gli altri reparti era ingeneroso sceglierne sei, qui diventa quasi impossibile. Non riuscendo ad escludere nessuno dei tre citati, convochiamo per la rosa dei sogni anche Boninsegna, Rummenigge e Milito. Anche se basterebbe da solo il tridente degli anni '50 Skoglund, Nyers e Lorenzi per far diventare matta qualsiasi difesa. O ricordare i due attaccanti che entrarono nello scambio del secolo, Eto'o e Ibrahimovic, per capire che la storia dell'Inter ha visto così tanto talento in undici decenni che anche Helenio Herrera e José Mourinho faticherebbero a sceglierne solo 22! Anche se i ventidue in questione potrebbero vincere tranquillamente i prossimi campionati del mondo, che spesso hanno visto proprio i giocatori dell'Inter protagonisti di finali indimenticabili.

Scorrendo una galleria di simili campioni, qualsiasi giocatore di oggi o del futuro potrebbe essere come un nano paragonato a dei giganti. Ma, come diceva Bernardo di Chartres, 'nani sulle spalle dei giganti' possono anche vedere più lontano se hanno come patrimonio la storia, che nel calcio si traduce in appartenenza a un club, un valore di cui spesso si parla, ma che in pochi sanno fare proprio.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 07 marzo 2018 alle 00:08
Autore: Michele Borrelli
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