Il primo luglio è arrivato, con buona pace di tutti; e noi siamo ancora qui, sereni e pacifici, nonostante per oltre un mese ce l’abbiano menata con Fair Play Finanziario, bilancio, plusvalenze e un chilo di pesche noci, grazie. Spiace, soprattutto per quanti ancora oggi – invece di pensare alla propria squadra e farsi sane forchettate di fatti loro – stanno a guardare l’economia creativa con la quale l’Inter pare, sembra, si dice, si racconta, si mormora, ha raggiunto il tanto agognato pareggio di bilancio. Anzi, tra poco ci sarà il genialoide di turno che proporrà un’interrogazione parlamentare ché, si sa, il problema del bilancio nerazzurro è uno dei più scottanti temi di attualità nel paese Italia. Salvo poi scoprire che nessuna operazione finanziaria col Genoa rientrerebbe nel bilancio 2016/17 né alcun giocatore interista è passato al Grifone entro il 30 giugno con plusvalenza di miliardi di euro. Ma tu pensa! Io, francamente, a casa altrui non guardo, preferisco cercar di capire cosa succede nella mia ed è già un bel casino, credetemi. Ad ogni buon conto, creatività o meno, avevamo ragione da vendere quando nelle puntate precedenti si sussurrava di quella strana tranquillità che pareva serpeggiare nell’ambiente Inter, dettata dalla consapevolezza di ciò che si stava studiando. La strana coppia Sabatini-Ausilio, quella che per la maggior parte della critica sportiva avrebbe dovuto esplodere o implodere dopo un nanosecondo, scegliete Voi, creando il caos societario che molti si auguravano per poter parlare e sparlare dei colori del cielo e della notte – ma pensate un pochetto alla sana forchettata di fatti vostri vedi sopra - ha lavorato con abnegazione e sagacia; alla faccia dei dissapori tra i due, delle presunte liti, delle sfanculate che sarebbero dovute piovere da destra e da manca, delle dimissioni imminenti di Pierino la peste che, relegato al semplice ruolo di Direttore Sportivo (il suo, mica lo pagano per fare il cerimoniere o l’organizzatore di eventi), avrebbe dovuto ribellarsi picchiando i pugni sul tavolo e sbattendo i piedi a terra in un saltellare convulso. Invece nulla. Nel silenzio più totale, mentre coloro che tutto sanno – forse -continuavano a ripetere a mo’ di mantra che Perisic sarebbe stata la panacea di tutti i mali - con l’Inter costretta a svendere i suoi campioni per raggiungere i fatidici 30 milioni, che fine giugno si avvicinava a grandi passi, la situazione compromessa, tanto cosa gliene fotte ai cinesi dell’Inter, quelli sono qui per fare i loro interessi (questa è la mia preferita) e che ne sanno della storia nerazzurra - il binomio si sbatteva usando il cervello e raggiungendo l’obiettivo. Senza spargimento di sangue, con buona pace delle Sibille sparse per la penisola e di quanti sghignazzavano in allegria prevedendo scenari apocalittici. Un chilo di pesche noci anche per loro, grazie. Oh, intendiamoci, non è successo niente. Non abbiamo vinto niente. Non siamo entrati nella storia del calcio grazie a questa economia pallonara creativa. Adesso, sissignori, arriva la parte più difficile e complicata; costruire dalle macerie una nuova squadra, con nuovi interpreti e nuove rinnovate ambizioni; ciò che è stato va messo da parte. L’anno orribile appena trascorso deve essere di monito e di lezione per chi verrà a vestire il nerazzurro; la pressione intorno all’Inter ci sarà, inutile stare a nasconderci, e buona parte della critica è già lì, sorridente ma con i fucili nascosti sotto gli spolverini, pronti ad essere spianati per far fuoco. Uccelli per diabetici direbbe qualcuno, io più semplicemente credo in Suning. Zhang sta costruendo prima di tutto una Società forte, mi sembra che l’atteggiamento della dirigenza durante il mese di giugno sia stato perfetto, figlio di un diktat per cui non si parla, bocche cucite, il primo che la fa fuori dal vaso esce dalla porta insieme al vaso. Ora tocca nuovamente all’accoppiata Sabatini-Ausilio, una sorta di Jack Lemmon e Walter Matthau dei giorni nostri, agire con costrutto ed intelligenza insieme al Luciano buono, quello che starà seduto in panca per un bel periodo (vorrei tanto fosse così); c’è da ricostruire, dicevamo, e va fatto senza incappare in quella smania di protagonismo, in quell’orgasmo da compravendita che spesso ha caratterizzato campagne acquisti inefficaci, utili soltanto a far scrivere durante il periodo agostano (con ritorni spesso amari e deleteri) o a gonfiare il pesante deficit finanziario che gravava sulla Società. Dunque la parola d’ordine deve essere raziocinio. Uomini giusti al posto giusto, senza spendere quei 50 milioni tanto per poter dire oh, ho sborsato anch’io, guarda chi ho portato; che poi, alla fine, non hai quagliato nulla e ti ritrovi con un peso morto, un ingaggio importante da onorare e un tizio scazzato che corricchia sui campi di Appiano Gentile. Senza nemmeno pesche noci. Ricostruire abbiamo scritto, perché di ricostruzione si deve parlare. Lo scrivevamo in epoche non sospette, questa – dichiarazioni di facciata a parte – è una rosa che ha fatto troppo male per poter essere riconfermata. E si, magari ci sono dei potenziali campioni, dei giocatori oltre la media, degli incompresi che caracollano per Appiano a due o tre milioni di euro l’anno, sta di fatto che i tifosi poco si sentono rappresentati da chi non ha né lottato né sudato per i colori. Quindi bando al buonismo. Sappiamo tutti che molti presunti eroi oggi in carico al monte stipendi interista valgono più della pochezza espressa la scorsa stagione ma non mi interessa quanto possa essere il loro valore reale. A me interessa ciò che ho visto e ciò che ho visto non mi è piaciuto. Vorrei non ripeterlo, per quanto possibile. Quindi sì, partiranno e nemmeno in pochi; solo che, a differenza dei tempi passati, si leveranno di torno alle cifre stabilite dall’Inter e non di fronte a proposte patetiche piovute non si capisce bene da dove. Il supermercato potrebbe anche essere aperto, stavolta alle condizioni del proprietario. Spero, per i Mou di turno, che il messaggio sia arrivato forte e chiaro; e, insieme ai Mou di turno, che lo abbiano compreso anche procuratori ed affini. Il tempo delle mele, facciamo delle pesche noci, è finito. Che poi, Vi chiederete, cosa c’entrano le pesche noci? Niente, ne vado pazzo. Tutto qui. Buona domenica a Voi. Amatela, sempre!
Sezione: Editoriale / Data: Dom 02 luglio 2017 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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