Sono passati sette anni dal Triplete ma l’Inter sembra aver vissuto diverse epoche, trasformando le sue stagioni in gigantesche centrifughe capaci di generare caos, rese dei conti, stravolgimenti societari, cambi tecnici, cessioni improvvise, rivoluzioni isteriche e producendo risultati coerentemente ben al di sotto della storia e il blasone del club. Sono accadute cose non facilmente spiegabili, si sono avvicendate persone che si sono accomodate nella stanza dei bottoni e di cui non sappiamo se abbiano portato o meno un contributo. Si sono sommati progetti disfatti dopo pochi mesi e nessuno ha mai avuto modo, tempo e volontà di inquadrare le rivoluzioni che all’Inter hanno portato solo a perdere tempo, mentre le rivali si affidavano a progetti chiari, nitidi e facilmente perseguibili. Si è creato un biasimo verso il Moratti debitore, mentre altri preferivano ricordare la sua generosità, si è passati improvvisamente a Erick Thohir cercando di trovare il lato buono di un tycoon indonesiano che a nemmeno 40 anni decideva di prendersi l’Inter per accollarsi i suoi debiti e rilanciarla. Una realtà mistificata da una verità molto più articolata, durante la quale si evinceva che il neopresidente stava prestando soldi alla società con un alto tasso di interesse, sperando di vederla andare in Champions senza troppi sforzi economici. Nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo che Thohir cedeva a sua volta la maggioranza del club al gruppo cinese Suning. La stampa italiana salutava l’ingresso del gruppo come la notizia migliore per le casse nerazzurre, benché amara dal punto di vista romantico. Al tifoso interista interessava che la proprietà fosse economicamente potente, riconoscibile e affidabile, tutte cose che nel periodo dell’insediamento e lungo questo anno sono state confermate. Il lungo preambolo serve a identificare più e meglio la situazione dell’Inter attuale e la naturale propensione a inquadrare un’ estate tanto contraddittoria. 

Da una parte ci sono interisti davvero delusi, arrabbiati per una serie di promesse fatte, più o meno tra le righe, da Zhang, Sabatini, Spalletti e quell’equvoco “Inter is coming” che sembravano presagire a botti di mercato mai avvenuti. Interisti che ovunque, durante l’estate chiedevano “ma l’Inter chi compra? E soprattutto quando inizia?”. Un'altra parte del tifo benediceva invece convintamente la bontà degli acquisti, sostenendo che Suning aveva già fatto molto, mettendo tanti soldi per l’Inter tra debiti e acquisti in tre sessioni di calciomercato. Il senso di frastornamento viene quando si entra nel dettaglio. Il gruppo Suning ha fatto tante spese ma la scorsa stagione, con la giustificazione di essersi appena insediato, ha combinato parecchi pasticci, tutti condonati dal tifo nerazzurro, eppure gravi. Quest’anno sembrava prepararsi ad una stagione corretta e con un progetto serio ed ambizioso, caratterizzato da una novità assoluta per la storia dell’Inter: la nascita di una dirigenza con una struttura definita. Ci abbiamo creduto tutti o quasi, per questo ha lasciato interdetti vedere prima il rinnovo tardivo ad Ausilio, poi l’esonero di Pioli e il giorno dopo l’annuncio indiretto di Walter Sabatini con un ruolo non meglio identificato di coordinatore. L’estate ha poi portato al ridimensionamento degli investimenti, cambiamento di strategia a cui abbiamo dovuto arrivarci da soli. Fino all’ultimo giorno molti hanno sperato che Zhang facesse un colpo di coda e autorizzasse l’acquisto di un giocatore che entusiasmasse, invece ogni singolo obbiettivo è stato perso. Si è intuito che il governo cinese ha messo un veto agli investimenti delle sue aziende all’estero ma nessuno ha realmente spiegato, come se la cosa non riguardasse l’Inter e i suoi tifosi.

In tutto questo ha ragione chi pensa e sostiene che l’Inter sia più forte dell’anno scorso. Non è nemmeno un’opinione ma una conclusione logica. Ha fatto una preparazione atletica corretta, una tournée con buona parte dell’organico e non 15 giocatori contati, ha avuto un solo tecnico in panchina e non due che si avvicendavano. Ha comprato in modo opportuno, affidandosi ad un tecnico bravo ma bravo davvero, nonostante le evidenti spigolature caratteriali, il quale ha lavorato sulla mentalità di una squadra che ha affrontato finalmente amichevoli e gare ufficiali con l'approccio giusto. I giocatori arrivati non sono fuoriclasse, non sono star ma funzionali e di prospettiva. Sulla classe di Dalbert, la forza di Cancelo, la solidità di Skriniar e la qualità di Karamoh dobbiamo confidare nell’istinto di Ausilio e Sabatini. Per Borja Valero, Vecino e Padelli il rendimento è già più conosciuto. Il centrocampo ha aumentato la velocità e in attacco Perisic è rimasto, contro ogni previsione, sommandosi ad Icardi, Candreva, Eder e il già citato Karamoh. Il lato dolente viene dalla decisione di non mettere soldi nemmeno per un difensore, aritmeticamente necessario. Con uno sforzo si poteva prendere Mustafi ma la linea dell’austerity è rimasta la stessa fino al termine.

In definitiva la stagione ha premesse migliori ma non esaltanti se ci si accontenta di lottare per il quarto posto. La società dovrebbe poi lavorare sulla comunicazione perché se ai tifosi arriva un messaggio e poi la realtà cambia, è un dovere dirlo, senza contare che ha un suono sinistro sentire da un dirigente che la società pensava di essere messa meglio col fair play finanziario. Ci si aspetta che l’Inter lo sappia e non che lo pensi. Ora aspettiamo il campo. Con fiducia. Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 04 settembre 2017 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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