Accidenti, non mi ero accorto ma il campionato è finito e siamo già nel pieno del calciomercato. Trattative, acquisti, cessioni, prestiti, fine prestiti, diritti o obblighi di riscatto. Un vero bailamme. Però… però ora che mi sovviene il calciomercato, in verità, non è manco cominciato. Ma neanche col binocolo. La data di apertura, pensate un po’, dovrebbe (uso il condizionale perché è la forma corretta in questo caso) essere il primo di luglio con chiusura delle danze il 31 agosto. Ripeto, siamo nel campo dei pare, si dice, forse.

Eppure, nonostante la realtà dura e cruda, la fantasia dei tifosi si è già scatenata. Grazie alle voci che corrono e si rincorrono. Grazie all’immaginazione di qualche addetto ai lavori che, preso da improvvisi attacchi di mercato acuti, spara notizie boom utili magari alla causa del proprio editore ma parecchio lontano da un qualsivoglia fondamento. Poi, è chiaro, chiunque potrà risponderti che ha le proprie fonti, che qualche gola profonda ha sussurrato all’orecchio questa o quella vocina, che non è farina del suo sacco ma proviene da qualche mulino sconosciuto. Cose da mercato. Non preoccupatevi. Cose che succedono ogni sessione di acquisti-cessioni, invernale o estiva che sia. L’importante, per il tifoso, è credere a tutto ciò che viene detto o scritto come fosse una sorta di fumettone. Oh, intendiamoci, poi alcune di queste favole hanno il loro lieto fine; altre invece restano chiacchiere di un assolato giorno primaverile.

In chiave nerazzurra, senza dubbio, l’anticipazione di calciomercato ha portato in dote una verità; niente mondi paralleli immaginari, roba certa. L’arrivo di Ever Banega, ventotto anni a fine giugno, soprannominato “El Tanguito” fin da piccolo per le movenze rapide e simili a passi di tango argentino grazie ad un baricentro basso che ne esalta doti e spettacolarità. Ma è inutile soffermarmi su chi è il fantasista di Rosario; ve lo hanno già raccontato in lungo ed in largo nei giorni precedenti amici ed addetti ai lavori. Ecco, una cosa al di là della tecnica e dell’intelligenza del ragazzo, della sua indubitabile capacità di leggere il gioco con quella frazione di secondo di anticipo rispetto agli altri (qualcuno, non ricordo chi, mi ha detto; ha verticalizzato di più Banega durante la finale di Europa League che tutto il centrocampo nerazzurro durante la stagione), mi piace particolarmente: è un vincente, mentalmente intendo. Uno che non si nasconde ma va a cercare il pallone. Sintomo di carattere e personalità. Attitudini non da tutti. Attitudini che attualmente, all’Inter, hanno in pochissimi. Non per cattiva volontà, sia chiaro, ma molto più semplicemente per desuetudine congenita ai traguardi importanti.

L’Inter attuale, valutatene pure la rosa, è una formazione che tra le sue fila annovera forse uno o due calciatori che nella loro carriera hanno conquistato traguardi importanti. Non parlo di rondini primaverili; cioè, Medel vince sì la Coppa America ma è l’unico traguardo raggiunto dal calciatore. Squadra forte e quadrata, squadra ospitante, nulla più. Ho citato Medel ma come lui ce ne sono altri. Jovetic, che vince in Inghilterra ma nemmeno da protagonista; oppure, roba che serve per il palmarès, si aggiudica coppa e campionato serbo. Ma questo non è vincere; o, meglio, lo è nel senso letterale del termine. Eccetera eccetera eccetera.

In parole povere, in soldoni, il concetto che vorrei esprimere è il seguente; troppi giocatori senza la testa da vincenti, disabituati al successo. Magari belli da vedere, non tutti. Ma poco produttivi. Poco adatti alla gestione della pressione mediatica che inevitabilmente si scatena in determinate circostanze. Il crollo del passato inverno, se volete, oltre che per le solite menate trite e ritrite, credo principalmente accada per la scarsa attitudine di troppi alla sopportazione dei titoloni o delle chiacchiere fatte ora da una emittente ora da un’altra. Non è un caso se Roberto Mancini sta cercando di rinforzare la squadra con elementi, parole sue, esperti. Si, dai, risolviamo il dilemma; Mancio vuole gente in grado di alzare la voce nello spogliatoio, di farsi rispettare e, soprattutto, che non molli mai. Perché qui, da noi, ce ne sono tanti che alle prime difficoltà mollano o, altra peculiarità nerazzurra, giurano eterno amore non prima di un robusto aumento d’ingaggio. 

Infatti, oltre ai noti mali di pancia di Handanovic o alle alzate d’ingegno di Jovetic, si sono aggiunte le parole dell’agente di Brozovic. Il quale, tu guarda, vorrebbe giocare la CL. Vorrebbe, gli piacerebbe, desidererebbe. Sempre in ebbe finiscono tutti i verbi che gli mettiamo accanto. Ecco, in casi del genere, chiederei volentieri all’agente di tizio o di caio: mi scusi, ma il suo assistito per buona parte del campionato era assente o timbrava regolarmente il cartellino? Perché la cosa non mi è del tutto chiara. Cioè, a me Brozovic piace e credo oltretutto che sia uno di quei prospetti, quanto non sopporto questo termine, con maggiori margini di miglioramento e con una intelligenza calcistica fuori dal comune. Ma, di contro, il primo passo per ricreare una Società Inter forte è quello di allontanare senza particolari rimpianti chi non è felice di vestire il nerazzurro. Non ti piace stare qui? Lo trovi opprimente? Trova una squadra, porta i soldi – quelli che pretendiamo noi ovviamente, non quattro patatine fritte tendenti al molliccio per l’umidità ed un chewing gum masticato – poi saluta, avrebbe detto Totò, indistintamente. E a bien tout. Ma, sono realista, una cosa è pensarla così, un’altra metterla in pratica. Anche se resto della mia convinzione. All’Inter ci devono stare solo e soltanto calciatori orgogliosi di vestire una maglia che ha fatto la storia del calcio mondiale. La porta, per chi non si adegua, è sempre aperta. Senza troppi rimpianti.
Amatela, sempre.
E buona domenica a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 22 maggio 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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