Le pause per gli impegni delle Nazionali non sono certo di grande aiuto agli allenatori, specie per quelli che vorrebbero lavorare ancora di più e ancora meglio sulla costruzione di un gruppo, questo soprattutto ora che si avvicina un periodo di impegni particolarmente importante che si protrarrà quest’anno anche durante le festività natalizie. Però possono aiutare a trarre dei primi bilanci del lavoro compiuto in questi mesi, e comunque per confermare o stabilire nuove linee guida per l’avanzamento dei lavori. E possono anche aiutare anche a tastare il polso sulla condizione di una squadra e dei suoi giocatori, in virtù delle performance ma anche delle dichiarazioni rilasciate al di fuori del contesto societario.

L’Inter, in questo senso, in questi giorni ha potuto sperimentare di tutto. Tra chi sul campo ha confermato di vivere un momento di forma sostanzialmente importante, magari ritrovando quei lampi un po’ smarriti recentemente come avvenuto a Ivan Perisic e Marcelo Brozovic, che hanno dato una mano rilevante al rotondo successo sulla Grecia con il quale la Croazia ha praticamente messo il visto sul passaporto per la Russia, cosa che invece ancora manca all'Italia di Antonio Candreva ed Eder. E chi, invece, ha voluto parlare di sé, della sua condizione, del suo momento, in toni diametralmente opposti. Hanno fatto rumore, indubbiamente, le parole pronunciate da Joao Mario dal ritiro della Nazionale portoghese. Da dove ha lanciato una sorta di ‘grido di dolore’ in merito alla sua posizione precaria all’interno delle gerarchie nerazzurre, non escludendo di valutare la sua posizione in vista anche dell’imminente mercato di gennaio, dimostrandosi tutt’altro che insensibile alle voci che lo vorrebbero nel mirino del Paris Saint-Germain.

Forse, le parole dell’ex giocatore dello Sporting Lisbona, che ha celebrato quasi coi fuochi d’artificio la sua partenza in direzione Inter, divenuta la cessione economicamente più rilevante dell’intera storia del club leonino, altro non sono che un semplice ‘segreto di Pulcinella’. Arrivato tra mille aspettative, specie dopo un Europeo brillante, di Joao Mario e della sua accidentata avventura italiana si è ormai detto tutto, anche su questi schermi. L’anno scorso era entrato in un ginepraio di ruoli e disposizioni che tutto erano fuorché quelli che probabilmente corrispondono meglio alle sue caratteristiche, ma quando ha potuto ha saputo anche fornire prestazioni interessanti fornendo anche il suo contributo in zona gol. Ma quello che avrebbe dovuto essere l’anno della svolta, con tanto di fardello della maglia numero 10, alla fine si è rivelato ancora più tormentato: dopo il lampo con la Spal, la tonsillite acuta ma soprattutto il consolidamento di un blocco di titolari proprio nel momento in cui si ritrova gioco forza a essere fuori causa. Un gap che sin qui il Campione d’Europa non è riuscito a colmare, e che ora fa sorgere nella sua mente pesanti interrogativi sull’opportunità di andare avanti in questa Serie A.

Quasi contemporaneamente, però, dalla Slovacchia arrivavano altre dichiarazioni, dichiarazioni decisamente più ricche ma passate quasi sotto silenzio: sono quelle di Milan Skriniar, forse il volto principale di questa nuova Inter targata Luciano Spalletti. Skriniar che una volta tornato in patria per indossare la maglia della propria Nazionale dopo la mancata qualificazione al Mondiale, unica nota stonata sin qui dell’annata del giocatore arrivato in estate dalla Sampdoria, ha parlato di tutto. Ma proprio di tutto: una lunga confessione nella quale Skrinka ha toccato tutti gli argomenti possibili, dalle ambizioni in nerazzurro al ruolo di Luciano Spalletti, passando per il suo approccio con l’Italia e per l’apporto fornito da Marek Hamsik nella conoscenza della Slovacchia da parte del popolo italiano. Ma soprattutto, ha rimarcato di essere felicissimo all’Inter rispedendo al mittente il presunto corteggiamento del Barcellona.

Insomma, dichiarazioni di tutto un altro tenore, frutto certamente del momento particolarmente brillante che sta vivendo il giovane Milan, la cui parabola è stata opposta rispetto a quella vissuta dal suo compagno di squadra: impossibile dimenticare come Skriniar sia arrivato in sordina, per non dire tra le polemiche e i malumori dei tifosi, che al di là della valutazione data al giocatore da parte dell’Inter che invece ha saputo costruire una brillante operazione economica rimproveravano ai dirigenti l’essersi affidati ad un nome di poco appeal, mentre da altre parti si consumavano colpacci ad effetto. Salvo poi ricredersi dopo aver visto le prestazioni di questa prima parte di stagione, dove Skriniar, in barba a borbottii ed ironie, si è concesso il lusso di prendersi le chiavi della difesa diventandone in breve tempo il punto di riferimento, tra chiusure imponenti, anticipi da far venire il mal di testa agli avversari (vero, Mertens?) e anche le ciliegine di un paio di reti. 

Non è certo la prima volta che all’interno di un gruppo due giocatori vivono stati d’animo completamente differenti, anzi è una prassi ben consolidata. E sta a chi è sopra tutti cercare di sciogliere i nodi limitando il più possibile gli effetti collaterali e cercando di ottenere il massimo beneficio possibile per tutte le parti. Semmai, questa diversità di condizione e di umore può essere assunta come metafora delle due stagioni dell’Inter con la proprietà di Suning al timone: ha lasciato indubbiamente le sue tracce il primo anno all’insegna della chiarezza sotto zero, dei colpi fatti più con la complicità di alcune eminenze grigie che hanno colto l’occasione per fare jackpot lasciando alla cifra tecnica del gruppo nerazzurro poco per non dire niente, con Gabriel Barbosa come esempio probabilmente più lampante. 

Una lezione che dalle parti di Nanchino hanno imparato però prontamente, al punto da metterci poco a bandire l’improvvisazione e cercare di fare le cose per bene, cercando di capire in primo luogo chi siano gli elementi in grado di reggere l’impatto con San Siro, perché il discorso avanzato da Gianfranco Matteoli nel ricco reportage dedicato allo scouting nerazzurro è ampliabile a larghissimo raggio. E tutto questo nonostante anche le famose ristrettezze imposte dall’Uefa, che stanno ponendo l’unico freno al gruppo del leoncino che per il resto ha dimostrato ampiamente di voler investire, e molto, nella società nerazzurra, al fine anche di darle un volto nuovo, ultramoderno, internazionale in tutto e per tutto. E che quando è stata chiamata in causa non si può certo dire che abbia lesinato il suo intervento, viste le spese non indifferenti nel mercato estivo dove alla fine i giocatori che sono arrivati non sono proprio costati due centesimi…

A tutto questo, è bastato aggiungere un tecnico importante, che sin dall’inizio ha dimostrato subito di aver capito dove mettere le mani per iniziare a lavorare, e che ha saputo ribaltare lo status anche psicologico di una squadra proveniente da un’annata di macerie. Un ribaltamento repentino della situazione, la notte che si è fatta improvvisamente giorno, oppure lo yin che si è tramutato in yang, usando quella che è la filosofia cinese che ne fa i principi su cui si regge il mondo, dove l’uno non può esistere senza l’altro e dove ciascuna contiene in sé il seme dell’opposto.  Joao Mario e Milan Skriniar hanno mostrato due facce della stessa Inter, dove però alla fine a prevalere per il momento è l’aspetto positivo. E chissà che alla fine anche per il portoghese non si apra all’improvviso un nuovo cammino verso la luce, magari grazie al suo primo gol con la maglia della sua Nazionale arrivato ieri...
 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 11 novembre 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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