Ci siamo illusi a lungo, sperando in qualcosa che dentro di noi sapevamo difficile da realizzare, e probabilmente immeritata. La fatal Parma ci ha riportato sulla terra, nella dimensione che questa squadra ha contribuito a costruirsi nei mesi scorsi, e le impennate delle ultime settimane hanno avuto solo il merito di rivitalizzare un popolo, quello interista, fin troppo genuino per ignorare segnali ancora troppo evidenti. In una sera siamo tornati al punto di partenza, una sconfitta di antica memoria, piena zeppa di passività, disorganizzazione ed errori macroscopici. Molti già commessi nelle ultime uscite, ma mascherati da una grinta che nell’occasione è rimasta a Milano. Forse la vera colpa è stata andare in vantaggio troppo facilmente.

La rete di Sneijder ha acuito un entusiasmo troppo scontato, quasi quella del Tardini fosse una scampagnata. Eppure prima della ripresa era chiaro che si soffriva, eccome, e che in avanti si creava ben poco. Poi, il black-out del secondo tempo, due gol in 2 minuti e ciao ciao Champions League. Mi è tornata in mente la trasferta di Catania, durante la gestione Ranieri, ma altri esempi sarebbero comunque calzanti. In una prestazione generalmente incolore, con pochi giocatori oltre la sufficienza (soprattutto Sneijder, assai propositivo al di là della rete illusoria), spicca per responsabilità oggettiva la prova di Lucimar Ferreira da Silva.

Già in passato aveva più volte tentato di mandare in gol gli avversari con escursioni creative assolutamente censurabili per un difensore. Anche contro il Cesena, un paio di volte fuori posizione, aveva contribuito a dare ossigeno alle velleità dei romagnoli. Ma la tendenza è arcinota da tempo, non lo scopriamo oggi. Stavolta, però, il brasiliano ha toccato il fondo, facendosi sottrarre il pallone dell’1-1 da Giovinco come un ragazzino alla prima esperienza in un campo di calcio. Forse sarebbe ora che Lucio capisse che non si esibisce a Copacabana e che certe sciocchezze sono inammissibili a certi livelli. Sarò severo, ma non è un episodio singolo che può capitare, è una tendenza che nella fattispecie ci ha privati di un sogno, per quanto difficile da raggiungere.

Dobbiamo ripartire? Allora facciamolo dimettendo gente che non dà più certezze e che nonostante i continui inviti a un atteggiamento più professionale sul rettangolo di gioco fa quello che vuole, mettendo in difficoltà i compagni e mandando in frantumi le speranze dei tifosi. Dopo Parma, rimpiango persino Ranocchia, giovane promettente accantonato per affidarsi all’esperienza di Lucio. Complimenti. Sia chiaro, nessuno ha fatto molto meglio del numero 6 (pessimo anche Maicon, per esempio), ma non possiamo ignorare che da una stupidaggine del genere sia nata la rimonta gialloblù, altrimenti facilmente contenibile. So bene che oggi si sente in colpa, umanamente è comprensibile. Ma se l'è cercata. E mi chiedo se in panchina ci fosse stato il Delio Rossi di ieri, come avrebbe reagito a questo eccesso di confidenza autolesionista...

Adesso lecchiamoci le ferite e pensiamo a concludere con dignità questo campionato, preparandoci a un’Europa League assai poco onorevole. E non diamo la colpa a Stramaccioni, che almeno la grinta e il coraggio ce li mette. Nel frattempo, partecipiamo al sondaggio tra i tifosi interisti su cosa sia meglio fare: ‘scansarsi’ nel derby, favorendo il Milan. Oppure giocarsela, anche a costo di premiare con il tricolore la Juventus. Poi, Copacabana per tutti, quella vera. Che amarezza.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 03 maggio 2012 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino
vedi letture
Print