Intervista del Corriere dello Sport a Beppe Accardi, agente di calciatori. Uno in particolare: Ibrahima Mbaye. "Prima ne ho parlato con mia moglie e le mie figlie, poi sono andato da lui e gli ho detto: ma se noi ti adottiamo, tu che ne pensi? Ci siamo guardati un attimo, beh, aveva gli occhi lucidi. Mi ha detto una cosa che me la ricordo ancora...". 

Cosa? 
"Dopo te la dico. Comunque oggi (ieri, ndr) sono andato al Tribunale di Modena per avviare la pratica per l’adozione di Ibrahima Mbaye, nato il 19 novembre del 1994 a Guédiawaye in Senegal, giocatore dell’Inter in prestito al Bologna. Mi hanno spiegato che l’adozione di un adulto consenziente dovrebbe avere tempi più brevi delle altre". 

E’ la prima volta che un agente diventa il papà di un suo assistito. Ci sono padri che diventano procuratori, ma mai il contrario. 
"Lui mi chiama «Capo», mia moglie Antonella invece la chiama mamma. Gli ho detto: sulla maglia devi mettere Mbaye-Accardi. Mia moglie è intervenuta: no, devi scrivere Mbaye-Vaccari". 
 
Come è arrivato a questa decisione? 
"La verità è semplice, come tutte le cose vere: ci vogliamo bene. Ibra è uno di noi, è cresciuto con me, mia moglie e le mie figlie, Naomi, di 23 anni, e Talita, di 28. Ci conosciamo da sei anni, quando non è in giro dorme a casa, a Medolla, dove abito, anzi Medollywood" 
 
Partiamo dall’inizio. 
"Vado in Africa a vedere questo ragazzino di quattordici anni. E’ un talento. Chiamo l’Inter: Ausilio, devi prenderlo. Ok, mi fa. Però rimandava sempre. Così il presidente dell’Etoile Lusitana, la squadra dove giocava Ibra, mi dice: chiamo un mio amico che sblocca tutto. E chi è l’amico? Mourinho. Il giorno dopo mi richiama Ausilio: Beppe, hai già due biglietti per l’aereo, vi aspettiamo domani a Milano, Mou mi ha detto che se non lo prendevo mi dava un calcio in c...". 

E’ il 2011: Mbaye arriva in Italia. 
"Gioca un torneo a Bergamo, lo vedono in tanti. Walter Sabatini, allora stava al Palermo, mi chiama: dimmi quanto ti dà l’Inter e io ti do il doppio. Rispondo: Walter, ho già dato la parola all’Inter. E lì comincia la sua avventura". 
 
L'adozione è una bella responsabilità. 
"Io non voglio sostituirmi al padre, tutt’altro; ma Ibra è uno di noi, lo considero il figlio maschio che non ho avuto. So già che qualcuno ci speculerà sopra e dirà che ho i miei vantaggi a fare questo ma credimi, nei casi d’adozione sono più gli oneri degli onori. Voglio equipararlo alle mie figlie, perché lo sento come un figlio, tutto qua. Gli voglio bene, lui ne vuole a noi, questa è l’unica cosa che conta. Qualche anno fa a Natale mi fece commuovere. All’epoca prendeva un rimborso spese di centocinquanta euro, ma la sera di Natale arrivò a casa nostra con quattro pacchettini regalo per la mia famiglia. Li aveva scelti con cura, li mise sotto l’albero di natale. Dai, un ragazzino che fa così vuol dire che ha la testa giusta". 
 
La scelta di adottare Mbaye capita negli stessi giorni in cui Arrigo Sacchi dice una sciocchezza sul fatto che «ci sono troppi neri nei nostri settori giovanili». Che ne pensa? 
"Bah, non è una bella cosa, ma sono convinto che Sacchi non abbia voluto offendere gli stranieri. Diciamo che ha usato impropriamente delle frasi. La verità è che il mondo sta cambiando, dobbiamo imparare a mescolarci, per amore o per forza, come succede nel resto d’Europa". 
 
Ultima cosa: ci svela cosa le disse Mbaye quando le propose l’adozione? 
"Disse una cosa piccola ma commovente: Capo, sarebbe bellissimo". 
 

 

Sezione: News / Data: Gio 19 febbraio 2015 alle 11:56 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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