Premiato dall'Istituto delle Camera di Commercio Italiana di Singapore come miglior investitore asiatico nel nostro Paese per il suo acquisto della maggioranza dell'Inter, Erick Thohir, intervistato qualche giorno fa dal presidente Federico Donato in occasione della consegna del riconoscimento, parla a tutto tondo di questa sua nuova avventura. Thohir è stato premiato perché grazie al suo investimento l'Italia rimane un punto di riferimento per gli stranieri.

Ma perché Thohir ha scelto proprio la Serie A anziché la Premier League o altri tornei?
"Prima di tutto grazie alla ICCS per questo riconoscimento. Non me lo aspettavo, ma sono contento perché questo per me è un grande salto anche per promuovere l'Italia e non solo l'Inter. Tornando alla domanda, come si sa non ho investito solo in Italia ma ho interessi anche in altri Paesi come gli Stati Uniti. Ma se si parla dell'industria calcistica, gli States non possono essere paragonati all'Europa. E l'Italia è uno dei Paesi più grandi per quel che riguarda il calcio, e sono convinto che a breve il campionato italiano tornerà a competere con gli altri tornei europei come la Bundesliga e la Liga. E' un grande passo per me, se guardiamo all'investimento e alle opportunità che ci sono in Italia. Allo stesso tempo, credo che quest'investimento arrivi al momento giusto: l'obiettivo per i club italiani adesso è quello di diventare sempre più orientati verso il business. E la seconda generazione di proprietari è già rappresentata nei club. Nella stessa Inter c'è Angelomario Moratti che fa il vicepresidente, lui rappresenta la terza generazione della famiglia Moratti. Con questo credo veramente che l’investimento in Serie A sarà ottimo, i tempi sono quelli giusti, l’ambiente vuole cambiare le strategie dell’industria calcistica per competere con le altre leghe. Con gli altri presidenti e proprietari che ho incontrato sento che c’è la volontà di raccogliere insieme la sfida di mostrare che la Serie A è uno dei migliori tornei del mondo”.

I Moratti sono legati all’Inter da generazioni, da Angelo negli anni ’60 a Massimo negli anni ’90. Come si sente lei ad investire in quello che è un affare di famiglia o in qualcosa di molto simile? In Indonesia ha già trovato situazioni simili?
“Tutti i miei affari sono fatti con dei partner, credo nelle partnership. Avere un partner è utile per bilanciare l’affare; i Moratti sono famosissimi in Italia, e quando ho incontrato Massimo Moratti  e suo figlio abbiamo discusso a lungo, una-due ore circa, e abbiamo capito di avere la stessa visione e la stessa chimica su come competere con gli altri club del mondo. Abbiamo capito che c’è bisogno di rendere i club più efficienti a livello di profitti, ma allo stesso tempo, come famiglia e come proprietari, dobbiamo essere più in linea con le nostre previsioni. E’ questo quello in cui crede anche la mia famiglia quando deve condurre degli affari, dobbiamo essere molto professionali ma anche essere una famiglia; essendo solo professionali perdi il senso dell’imprenditoria, se ragioni troppo da famiglia perdi la professionalità. La nuova industria del calcio si basa tutta su numeri e statistiche, non più sui sentimenti o decisioni fatte per la gente. Questo è quello in cui crediamo io e i miei partner; il modo in cui dirigiamo la nuova Inter è basato su decisioni collettive, sui dati e sugli obiettivi, con premi e punizioni. Allo stesso tempo, rivedremo insieme il management non solo sul piano sportivo ma anche su quello economico. In questo modo, con dei buoni partner, possiamo far crescere il business secondo le nostre previsioni. Sulle questioni familiari, Italia e Indonesia hanno molte cose in comune; molti businessman indonesiani crescono all’interno della propria famiglia. Negli ultimi 5 anni di transizione, in Indonesia molte famiglie sono diventate professionali nel dirigere le aziende, ma al tempo stesso, da proprietari dobbiamo sederci fianco a fianco con altri professionisti per raggiungere i nostri obiettivi. E questo è quello che ho detto anche a Massimo Moratti; da professionista non c’è modo per te per competere con noi, perché siamo i proprietari. E poi, dal punto di vista dei proprietari, perché dobbiamo competere coi professionisti? Non c’è alcun motivo di farlo, visto che siamo i proprietari. Se non credi nei professionisti, perché dai loro il lavoro? Il buon equilibrio tra imprenditori, professionisti e famiglia è il modo migliore per gestire un’azienda”.  

Negli ultimi tempi c’è stato un dibattito lungo intorno al calcio italiano, del quale si è detto che non può più essere un modello di successo dal punto di vista finanziario. La gente crede che lei possa portare una ventata di aria fresca e di novità nel mondo del calcio italiano, in quanto primo investitore asiatico e uno dei primi stranieri. Cosa pensa di portare del pragmatismo asiatico all’interno del calcio italiano?
“L’Italia ha già buone basi su cui ricostruire; ogni anno si producono molti buoni giocatori, la Nazionale è una di quelle che ha vinto il maggior numero di Coppe del mondo. Per quel che riguarda il mercato, molte delle entrate dei club italiani vengono dall’interno, tra diritti tv e sponsor. Qui ci sono le fondamenta, ora la domanda è: come si fa a competere con gli altri grandi club nel mondo? Questi hanno la maggior parte degli introiti provenienti dall’estero, a differenza dei club italiani. E’ una cosa buona investire nell’Inter come nella Juventus o nel Milan, perché questi tre club hanno un forte brand, una grande storia e ottime fondamenta. La grande opportunità è portare questi tre club a competere con gli altri grandi club mondiali. Se lo fanno Manchester United e Paris Saint Germain, perché non possiamo farlo noi? Questo finché avremo un business plan e lavoreremo duro per raggiungere determinati numeri. Ma se si parla dei campionati, questi tre club non possono sopravvivere se il resto della lega non si uniforma al resto delle altre leghe mondiali. Perché all’interno del campionato ci sono 18-20 squadre. Per avere un buon contenuto, devi creare una buona qualità delle partite.  L’orario delle partite può anche essere favorevole agli spettatori asiatici. Se guardiamo agli altri campionati, si nota che quello asiatico è diventato il principale mercato: molte partite del campionato inglese sono giocate in un orario favorevole per gli spettatori asiatici, come le 19 che là è l’ora di pranzo. In Italia soprattutto le partite migliori si giocano in notturna per noi, e le partite al pomeriggio italiano il più delle volte non sono quelle importanti. Quanto può essere grande il bacino d’utenza? Dobbiamo trasformare tutti insieme il nostro piano d’affari. L’Inter di sicuro è un top brand mondiale, siamo tra i primi 15 al mondo. Ma io e l’Inter non pensiamo pensare in prima persona singolare, ma in prima persona plurale: non solo alla squadra, ma anche alla Serie A. Alla fine, siamo parte della lega e dobbiamo discutere insieme su come penetrare i nuovi mercati, come dare un buon orario di fruizione per il mercato asiatico, come dare un buon gioco per chi lo guarda e migliorare la qualità degli arbitri. E come creare partite in Asia: leggendo un giornale qualche giorno fa, ho visto che la Mlb gioca in Australia, la Nba porta due partite di campionato a Londra e l’anno scorso ha fatto la pre-stagione nelle Filippine con una partita degli Houston Rockets contro Atlanta (in realtà erano gli Indiana Pacers, ndr). Non era una vera partita, ma era comunque una sfida tra due squadre Nba giocata in Asia.  La Serie A deve fare lo stesso; magari un giorno avremo Inter-Milan giocata a Singapore”.

Viaggia molto in Italia, passa ormai il 50% del proprio tempo a Milano o comunque vicino all’Inter svegliandosi la notte. A Milano è diventato ormai una vera celebrità, e lei passa molto tempo con la gente, analizzando i problemi di un Paese che ormai le è diventato familiare. Come trova la sua vita lì?
“Per me non è una problema ma una sfida. Quanto sei in determinate posizioni, devi dare soluzioni e risultati, e per questo devi lavorare ed essere concentrato, e dare il meglio che puoi. Così ci si può godere i prossimi due anni, se si rivoluziona il club. Continuo a dire a molta gente che se ho fatto quest’affare non è per questione di glamour, ma perché amo l’Inter e amo il calcio, e al tempo stesso è il mio lavoro. Al tempo stesso non posso negare che si tratta di un accordo di tipo globale; vengo riconosciuto in Italia, in Indonesia, è una realtà con la quale devo confrontarmi. E mi tocca anche perdere un po’ della mia privacy. Ma se vuoi diventare un ambasciatore, ti deve piacere questo lavoro e non puoi lamentarti, perché quando sei in cima alla montagna il vento soffia più forte. Non è facile, ma devi comunque affrontarlo”.

Ha parlato di qualità, ha parlato di brand, di potenziale e managerialità. Per noi della Camera di Commercio Italiana a Singapore è soprattutto un grande investitore arrivato dall’Asia, ha in mano l’Inter ed è entrato nel calcio, che è una delle principali industrie che abbiamo. Cosa pensa relativamente alle capacità degli italiani in tema di industria e affari? Che idee ha delle forze e anche delle debolezze del nostro Paese?
“Non voglio fare il politico per l’Italia, per me è un Paese che deve risolvere da solo i propri problemi politici. Ma per come la vedo io da straniero, non ci sono tanti Paesi nel mondo che hanno una cultura popolare, intendendo con questo il fatto che la gente non ricorda il Paese in quanto tale, ma per il suo stile di vita. L’Italia produce molte cose efficienti, produce macchine di alta qualità, ottima cucina, ed è una delle principali mete turistiche del mondo. Non sono tanti i Paesi che hanno opportunità del genere. Avete già un ottimo brand e stile di vita, è impossibile paragonare l’Italia ad altri Paesi. Ma anche qui c’è la sfida per l’Italia per competere con le altre nazioni del globo; Londra e il Regno Unito, per esempio, hanno avuto un grandissimo successo internazionale e molta gente investe lì. Credo fortemente che buona parte dei businessmen italiani, e in questa famiglia ormai ci sono dentro anche io, possono creare più opportunità per gli investitori. Questo è il momento giusto, se tutti lavorano insieme, per creare molti progetti interessanti per l’Italia. Ovviamente, parlo di turismo e anche di infrastrutture; parlando di proprietà, è il Governo che deve decidere come essere più aperto per chi vuole investire. Se invece parliamo di aziende, devono essere i businessmen italiani insieme a chi viene da fuori a creare un nuovo modello di industria per l’Italia. Molti brand di successo nel mondo hanno creato industrie fuori dal proprio Paese, ma le idee continuano a essere decise da loro. Penso che l’Italia ne abbia le capacità, ci sono molti imprenditori forti, ma credo che nei prossimi due anni gli imprenditori italiani devono essere i nuovi Marco Polo; penso che sia il momento giusto, perché l’Europa sta lentamente tornando ai vertici e l’Italia deve essere parte di questo grande passo.  Come Paese ne ha l’opportunità, avete i migliori brand del mondo”. 

Lei ha sempre detto di volere dimostrare qualcosa, di essere appena arrivato. Qual è il suo obiettivo o uno dei traguardi che si è prefissato per i prossimi due anni a Milano?
“Quello ufficiale è chiaro, l’ho spiegato anche nella prima conferenza fatta da presidente dell’Inter: massima trasparenza verso tifosi e stakeholders, l’obiettivo principale ora è quello di rendere l’Inter un club in salute. E’ un periodo di transizione che ci coinvolgerà per i prossimi 2-3 anni, quando la gente si congratula con me adesso dico loro di aspettare ancora un paio di anni. Stessa cosa per la squadra: abbiamo cominciato a costruire una squadra nuova, iniziando da gennaio con l’acquisto di Hernanes. Abbiamo ingaggiato anche Nemanja Vidic, uno dei più forti difensori d’Europa, e avremo anche altri giocatori in più oltre ai trasferimenti di gennaio. Avremo la stessa visione non solo per il management ma anche per lo staff tecnico e per i giocatori. L’obiettivo è tornare in questi due-tre anni in Europa, arrivare in questo periodo di tempo alla Champions League. Questo è l’obiettivo necessario da raggiungere. Allo stesso tempo, dobbiamo bilanciare l’età media della rosa, che deve essere di 26.5 anni. E dobbiamo anche bilanciare la formazione, non possiamo essere scoperti in alcune posizioni perché quando giochi in Europa, raddoppi improvvisamente gli impegni, arrivando anche a giocare 2-3 gare a settimana. Bisogna quindi avere 22-24 giocatori della stessa qualità, e non è facile. Ultima cosa, vogliamo riportare l’Inter tra i 10 top brand mondiali nel calcio: adesso viaggia intorno alla 15esima posizione, nei prossimi 2-3 anni dobbiamo tornare tra i primi dieci. Non è facile, sarà un lavoro duro, ma è una sfida. Ma vi farò presto vedere i risultati”.

 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 16 aprile 2014 alle 12:50
Autore: Christian Liotta
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