"Non volevo arrivasse quel momento in cui la gente si guarda in tribuna dopo un tuo lancio fuori misura o un tuo tiro sbagliato e pensa: 'Pirlo è vecchio, è finito, non regge più. Non l'avrei sopportato. Non ho mai avuto un piano B. Ho cominciato a giocare con mio fratello, con le palline di spugna. Ho sempre pensato che giocare a calcio fosse il mio destino". In un'intervista a Vanity Fair, Andrea Pirlo racconta così la sua decisione di appendere gli scarpini al chiodo, a quattro giorni dalla sua partita d'addio che andrà in scena a San San Siro, dove verrà celebrata la sua carriera nella ''Notte del Maestro'': "Formazione ideale? Prenderei Nesta in difesa: con Ale ho diviso per anni la camera nei ritiri con la nazionale. Ronaldo il Fenomeno davanti: ci ho giocato all'Inter. Buffon in porta. Io in mezzo, ma mi porto Gattuso a guardarmi le spalle. L'allenatore ideale? Ne ho avuti di straordinari, da Mazzone che mi cambiò ruolo spostandomi da trequartista a playmaker davanti alla difesa, ad Ancelotti, un altro fratello. Ma Conte li supera tutti. Ho avuto la fortuna di incontrarlo al momento giusto, dopo l'addio al Milan nel 2011. Conte mi ha insegnato molto. Ma tutti mi hanno lasciato qualcosa. L'inglese Hodgson all'Inter mi chiamava Pirla: non lo faceva apposta, era un problema di lingua, non conosceva bene l'italiano".

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Sezione: Ex nerazzurri / Data: Gio 17 maggio 2018 alle 22:44
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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