Questo pomeriggio si torna in campo, e sembra quasi un peccato. Perché resta ancora negli occhi il modo in cui l’Inter ha riscritto domenica scorsa il mito di Atalanta, ottenendo una vittoria contro un’avversaria che aveva strappato elogi a destra e manca e che arrivava a San Siro con tutta l’intenzione di alimentare lo spirito di rivalsa (perché indubbiamente c’era, anzi visto il contesto e i risultati ottenuti sino a domenica scorsa era ulteriormente foraggiata) del suo allenatore nei confronti di quella società che a suo dire non lo capì fino in fondo, forse però senza mai porsi il dubbio se l’assioma fosse contrario, e che invece è finita sconfitta come nemmeno Melanione (o Ippomene, dipende dalle versioni) fu capace di fare contro la ninfa invincibile nella corsa, costringendola a raccogliere ben sette, e non tre, pomi in fondo al sacco. Una partita entusiasmante, che ha onorato al meglio la cornice di un San Siro capace di regalare un effetto scenico senza pari, pieno e ribollente di passione. Insomma, la giornata perfetta, senza timore di smentita.

Si torna a giocare questo pomeriggio e sembra quasi un peccato, dicevamo. Ma tornare in campo, specie in anticipo, può, anzi deve essere un bene. Perché ora più che mai l’Inter pare aver trovato il ritmo giusto e soprattutto la quadratura del cerchio, con una formazione ben delineata, un copione di gioco d’alto livello, e adesso con la piacevole novità di una prolificità in zona gol inusitata che ha fruttato ben 12 reti nelle ultime due sfide di campionato, e pazienza se qualcuno, in maniera più o meno spiritosa, parla di quantità di reti da risparmiarsi e spalmare preferibilmente su più partite, nemmeno parlassimo di minuti a credito di un’offerta telefonica. Pare essere definitivamente passata anche la dipendenza dai gol di Mauro Icardi, vista l’ampia collezione di firme nel tabellino marcatori alimentata dalla ritrovata verve di Ever Banega e dal superamento dell’ultima barriera, quella del gol, da parte di Roberto Gagliardini, che finalmente ha visto fruttare la sua innata capacità di inserimento nell’area avversaria. Il ferro, quindi, è caldissimo e va battuto finché è tale, già da oggi contro il Torino di Sinisa Mihajlovic che lanciando il suo proclama pre-partita si è detto pronto a far deragliare il treno nerazzurro lanciato in piena corsa.

Un treno al quale il nuovo macchinista salito in corsa pare aver tolto tutti gli impicci che ne frenavano il rendimento e, a parte qualche stop comunque non leggeri, ha finalmente tirato fuori il massimo della potenza. Potenza importante, che però, in questo campionato che si è da subito delineato in blocchi ben definiti e piuttosto rigidi, sembra non bastare mai: perché il rendimento dell’Inter con l’arrivo di Stefano Pioli è da primissimi posti, quasi da lotta per lo scudetto, ma al momento altro non frutta che il quinto posto in classifica, perché gli altri treni che circondano quello nerazzurro viaggiano in parallelo alla stessa velocità, e l’effetto ottico dato dai mezzi che viaggiano insieme alla stessa velocità è quello di mezzi che sembrano fermi. Una potenza che c’è ma che a conti fatti quasi non si vede, che non rende affatto giustizia al lavoro compiuto dal tecnico parmigiano, che però su questo lavoro e sui frutti che porterà rischia inevitabilmente di giocarsi il futuro.

Già, il futuro della guida tecnica dell’Inter. Che non sembra una preoccupazione per nessuno e che magari quest’estate potrebbe diventare il capitolo principale in vista della prossima stagione, quella che tutti in casa Inter, a partire dalla proprietà di Suning, vogliono sia quella del risorgimento nerazzurro, del ritorno alle posizioni di vertice senza se e senza ma, da ottenere attraverso investimenti extra-lusso e l’arrivo di nomi di qualità, accompagnati possibilmente da un allenatore di grande levatura. Come Stefano Pioli sta dimostrando di essere grazie a quanto fatto sin qui all’Inter: etichettato come semplice traghettatore di una stagione che sembrava già segnata prima di Natale, ha risanato un ambiente pressoché depresso riportando entusiasmo, passione e risultati. Il diretto interessato afferma sempre di voler pensare al presente ma al tempo stesso vede il futuro, vede le intenzioni di fare qualcosa di grande da parte di Jindong Zhang e soci e sente di poterne fare parte integrante. 

Pioli, soprattutto, sente di avere dalla sua un appoggio importante, quello del tifo: tifo che domenica si è espresso a gran voce con un coro a lui dedicato, qualcosa che in casa Inter non accadeva da anni. Coro lanciato dalla Curva Nord e approvato dal resto dei presenti a San Siro, un segnale che, come già scritto su questi schermi, appare più eloquente che mai: il popolo interista è dalla parte di Pioli, tecnico che si è presentato dal primo giorno come fiero appartenente a questo popolo e che questo popolo vede come ideale alfiere dei propri valori. La domanda è una sola: basterà? Basterà quella che saggezza popolare recita essere ‘voce di Dio’ a far desistere la proprietà di Nanchino dal cedere alla tentazione del grande nome, dell’alto papavero da mettere sulla panchina per premiare chi si è fatto il mazzo con tanta gavetta, tanto sudore, alti e bassi, ottenendo il diritto ad occupare una panchina prestigiosa come quella dell’Inter?

In questo momento, gli schieramenti sembrano definiti, anche sul fronte opposto visto che quelli che sembrano essere i principali desiderata di Suning non mandano segnali di grande attenzione alle voci circolanti, specie considerando le notizie provenienti da Londra, mentre al di qua del confine c’è un fronte che sembra ben solido e compatto nell’appoggiare l’attuale tecnico. Anche se tutto questo, logicamente, rientra nel legittimo gioco delle parti, essendo ancora troppo presto per fare discorsi definitivi ed essendoci ancora una stagione da completare e obiettivi ancora da raggiungere per tutti, ad oggi gli exit-poll parlano chiaro. Ci sarà tempo per capire se i risultati saranno poi quelli definitivi: intanto, c’è un impegno davanti importantissimo per proseguire nella rincorsa all’obiettivo europeo, dove ormai i bonus sono finiti. E un eventuale canto del Gallo potrebbe rappresentare una brutta sveglia da scongiurare. 

 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 18 marzo 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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