“Servono il tempo effettivo e cinque sostituzioni”. Così parlò Luciano Spalletti neanche un mese fa, richiamando l'attenzione su nuovi temi che il calcio moderno, specie con l'avvento del Var, pone all'attenzione degli addetti ai lavori. Un tema a mio avviso che merita tutte le attenzioni del caso ed è per questo che mi preme tornare, seppur a distanza di diverse settimane, sull'argomento.

Il calcio è uno sport a tempo, nella logica della sua nascita si doveva giocare a pallone per 90 minuti, salvo piccole perdite di tempo come rimesse laterali o sostituzioni, e avrebbe vinto chi avrebbe segnato il maggior numero di reti (o pareggiato). Nel tempo come sappiamo questo sport si è evoluto, si è trasformato, sono cambiate molte regole ma non è cambiato il tempo di gioco: 90 minuti erano e 90 sono rimasti. Per sopperire agli evidenti tentativi di giocare col cronometro sono stati adottati vari accorgimenti: dal recupero, sempre più consono al tempo perso per sostituzioni e interruzioni di gioco (recuperate quasi interamente) ai raccattapalle che rimettono immediatamente in gioco la palla per ripredere prima possibile. Ma ciò nonostante, qualunque partita si guardi, il tempo di gioco effettivo si aggira sempre intorno ai 33-35 minuti, un terzo rispetto ai 90 previsti.

Proteste, falli, punizioni, rigori, palle fuori, ammonizioni, espulsioni, sostituzioni e in ultimo il Var hanno prodotto un gioco spezzettato di continuo. A risentirne è lo spettacolo e talvolta anche le squadre che si trovano in svantaggio, penalizzate da un gioco avversario teso a far scorrere i minuti e impedire le giocate. I pochi minuti di recupero concessi a fine partita non rendono sicuramente giustizia a tutte le interruzioni che ci sono durante una partita, senza dimenticare che spesso si gioca poco anche durante lo stesso recupero. Perché allora non concedere a tutte le squadre, in tutte le partite, lo stesso tempo reale di gioco? D'altronde, se si deve giocare per 90 minuti, perché bisogna assistere a un'oscillazione temporale in cui la palla rotola sul campo differente da partita a partita? Molti sport, in primis il basket, hanno adottato il tempo effettivo. Rischio che le partite si protraggano per ore? Abbiamo validi esempi, come dicevo, di sport che utilizzano il tempo effettivo che vedono durare le partite sempre in un arco di tempo limitato e predefinito. A mio avviso vale la pena provare, magari anche riducendo il tempo effettivo da 90 a 80 minuti, ma 80 minuti veri, giocati appieno.

E sono d'accordo con Spalletti anche sulle cinque sostituzioni. Perché limitare la possibilità di un allenatore di poter variare schemi, uomini, provare a dare una scossa alla partita e dare una chance a calciatori che spesso trascorrono intere partite seduti in panchina? I cinque cambi al posto dei canonici tre sono stati ampliati da quest'anno a tutte le categorie dilettantistiche, perché non dare questa possibilità anche ai professionisti? “Se un calciatore non gioca psicologicamente lo ammazzo e poi è difficile recuperarlo quando lo vedo tutti i giorni agli allenamenti... Con più sostituzioni ne trarrebbe beneficio anche lo spettacolo” diceva sempre Spalletti nella conferenza del 15 settembre scorso.

Var, tempo effettivo, più sostituzioni... troppe rivoluzioni? Sicuramente i puristi del calcio storcono il naso di fronte a tutte queste invadenze moderne, ma bisogna anche rassegnarsi al fatto che il calcio è già cambiato, è già stato plasmato dalla modernità. La popolarità di cui ha goduto nell'ultimo secolo ne ha fatto forse la forma di spettacolo più diffusa al mondo, con la nascita di diverse professionalità che ruotano attorno al mondo del calcio. Impensabile mantenerne invariata la natura di oltre 100 anni fa, ben venga invece l'opportunità di adattarlo a quello che lo spettatore vuole. Ovvero spettacolo, errori ridotti al minimo, massimo agonismo in campo. Io sto con Spalletti.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 11 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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