"Resta con noi Beppe Marotta”. Sarebbe bello, a mio avviso, ascoltare questo coro domani a San Siro da parte della Curva Nord prima, durante e dopo Inter-Empoli. Non perché ci sia il pericolo di un addio a stretto giro di posta da parte del Direttore Generale, nonché amministratore delegato dell'Inter capolista, ma il fatto che Marotta abbia ufficializzato che lascerà il club nerazzurro nel 2027, data di scadenza del suo contratto, non ha fatto fare salti di gioia alla stragrande, se non totalità, dei tifosi nerazzurri.

Senza dimenticare i grandi meriti nella costruzione di un'Inter vincente da parte di Piero Ausilio, Dario Baccin e Alessandro Antonello, Marotta ha rappresentato e rappresenta una sorta di coperta di Linus per la Beneamata. Dopo troppe stagioni post-Triplete senza lampi degni di una società così blasonata, in sei anni di Inter il sessantasettenne dirigente varesino ha conquistato uno scudetto (in questa stagione è in pole position per la seconda stella) due Coppe Italia, due Supercoppe di Lega, una finale di Champions e una di Europa League. E paradossalmente l'Inter si è stabilmente fregiata della patente di squadra competitiva per ogni genere di successo proprio quando si sono iniziate a manifestare le grandi difficoltà di una proprietà come quella rappresentata da Suning, arrivata a Milano con grandi ambizioni e potenzialità nel 2016, ma poi costretta a chiudere i rubinetti anche per decisioni politiche relative all'azzeramento degli investimenti all'estero sul calcio da parte del governo cinese.

Cancellata la possibilità di spendere senza incassare, Marotta e i suoi partner hanno allora fatto quello che in pochi sanno fare nel calcio, ossia i dirigenti a tutto tondo, riuscendo a intervenire sul mercato con idee e intuizioni che hanno mantenuto la squadra a livelli altissimi in Italia e ottimi in Europa, dove, per vincere, serve anche che il Dio Eupalla, per dirla alla Brera, sia con te. E il lavoro dirigenziale non è servito solo a far alzare di molto l'asticella in campo, ma anche sul delicato versante economico-finanziario, visto che l'ultima semestrale si è chiusa con un utile di ventidue milioni, risultato difficilmente ipotizzabile sino a qualche mese fa. I tifosi dell'Inter sono in trepidante attesa per sapere se a maggio, quando scadrà il termine per la restituzione del prestito da Suning al fondo Oaktree, come e se cambierà la proprietà del club, ma la positività del lavoro svolto nell'ultimo periodo da parte dell'attuale dirigenza, va sottolineata con forza.

E ora, fortunatamente, torna protagonista il campo. Archiviata la parentesi dedicata alle Nazionali, sarà di nuovo protagonista il pallone con l'Inter che al Meazza, nel giorno di Pasquetta, contro l'Empoli vuole tornare al successo dopo la beffarda eliminazione in Champions League da parte dell'Atletico Madrid e il pareggio interno con il Napoli maturato nel finale di gara complice anche una legittima stanchezza psicofisica della squadra dopo la sfortunata battaglia sportiva disputata al Civitas Metropolitano. A nove giornate dal termine del campionato, la banda guidata da Simone Inzaghi ha ben quattordici punti di vantaggio sulla rivale cittadina chiamata Milan e ben diciassette sulla rivale storica chiamata Juventus.

Manca poco, veramente poco, per portare nella gloriosa bacheca di Viale della Liberazione la seconda stella, già sfiorata due stagioni fa. Il bel gioco proposto dal Demone di Piacenza, alias Simone Inzaghi, è una certezza, l'importante sarà continuare a scendere in campo con la massima concentrazione e con la cattiveria agonistica che ha caratterizzato, finora, lo splendido campionato dell'Inter. Eventuali record di punti, o seconda stella nel derby, sono cose che ora non ci devono assolutamente interessare. Imperativo è chiudere al più presto una pratica che ha il meritato padrone. Con la maglia a strisce nerazzurre.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 30 marzo 2024 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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