Dopo la sconfitta contro la Sampdoria e vedendo partire inesorabilmente il treno della Champions League, a Stefano Pioli è stato chiesto se tra Crotone e Inter poteva esserci una differenza di motivazioni. "No", la risposta secca alla vigilia, con ragioni pienamente condivisibili: impensabile che un gruppo possa non sentire la spinta emotiva del riscatto dopo aver perso in casa contro i blucerchiati e avendo ancora un'Europa da conquistare.

Evidentemente non era abbastanza, per alcuni giocatori, che allo Scida avevano in corpo pile scariche e testa altrove. Si parla di un livello inconscio, non di giocare a perdere, non ve ne sarebbe alcuna ragione. E' però sconcertante la pochezza calcistica di chi in Calabria avrebbe dovuto dimostrare di meritare un posto in una squadra che il prossimo anno vuole vincere e non ha invece compreso quanto il rush finale conti per stabilire, nella testa dei dirigenti, con quali elementi provare l'assalto a nuovi e agognati titoli.

Per questo quella frase, "Per fortuna c'è il derby", dettata dalla volontà di porre una motivazione che scuota l'ambiente, non rinfranca. Quale potrebbe essere la spinta in più che può dare linfa e grinta a chi non ne trova nella sola ragione del giocare per l'Inter? Chi può pensare che possa essere l'avere davanti una stracittadina l'interruttore giusto per svoltare? Perché dovrebbe cambiare qualcosa?

Ovvio, la speranza di Pioli (che quella frase l'ha pronunciata) deve essere quella di avere qualcosa da mettere nel piatto degli stimoli. In un contesto di accettabile amor proprio, quale non è una prestazione del livello di Crotone per la stragrande maggioranza degli schierati, solo l'aver perso l'ultima gara e aver strappato voti da ultimi della classe dovrebbe essere sufficiente. Per chi ama davvero le sorti dell'Inter lo è. In Piero Ausilio, cui non si può certo additare di non avere a cuore le sorti di un club in cui è nato e cresciuto come dirigente, si vede la rabbia post-partita del tifoso che prova a mantenere i nervi saldi, riuscendoci a stento e non per forza nell'immediato. 

Quella stessa voglia di urlare contro qualsiasi essere umano o fantoccio capiti a tiro, trasformando la rabbia in concretezza e qualità di gioco, la metterebbero dalle tribune se potessero scendere in campo i tifosi che si sono radunati, un anno di più, sulle tribune di San Siro. Alla stracittadina lo stadio si riempirà perché basta la parola stessa, derby, per scatenare la grande adunata. Chissà se la muraglia nerazzurra sarà una motivazione dall'effetto tangibile o come tante altre resterà speranza di un traguardo per cui non si riesce a dare quel che la platea meriterebbe: una squadra da Inter.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 11 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Todisco
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