L'Inter è pazza, ma anche il cielo su Riscone di Brunico lo è. Qui piove praticamente tutti i giorni, al punto da dover rinviare la presentazione della squadra ai tifosi sabato scorso. Un peccato soprattutto perché penso a quanta gente abbia fatto dei sacrifici per assistere agli allenamenti e lo debba fare al freddo/piovoso che si alterna a squarci meravigliosi di sole. Clima imprevedibile, come lo è la nuova versione dell'Inter. In questo momento viviamo tutti di speranze, di voci a cui vorremmo credere ciecamente, di piccoli segnali che Luciano Spalletti manda all'esterno, lasciando intendere che qualcosa succederà. Intanto, è arrivato Borja Valero, quello che lascia il suo marchio in tutto ciò che fa (a proposito, iniziare a vendere barbe finte da indossare allo stadio, in stile James Harden? Il marketing prenda nota, rinuncio al copyright). Lo spagnolo non basta, ma aiuta, come le Dufour.

Vi sarete resi conto del fatto che il nome più richiesto dal tifo nerazzurro, quello che sfrutta i canali social per esprimersi, è Radja Nainggolan. E lo dico senza timore di smentita, per quanto Angel Di Maria rimanga un'opzione concreta. Il belga viene considerato l'elemento indispensabile per dare la svolta all'Inter, per qualità e temperamento da leader che ha ampiamente dimostrato alla Roma. Lungi da me smentire ciò che è sotto gli occhi di tutti, mi farebbe enormemente piacere vedere Radja nel centrocampo nerazzurro. Però al contempo vorrei mandare una tirata d'orecchi a coloro i quali prima di vederlo all'opera nella Capitale lo avevano etichettato come inadatto alla maglia nerazzurra.

Era il 2013, lo ricordo bene. In estate si parlava seriamente di Nainggolan in nerazzurro, perché a Cagliari il centrocampista era cresciuto in modo esponenziale e l'avvento qualche mese prima di Erick Thohir, che con il giocatore allora 26enne condivideva l'origine indonesiana, lasciava ben sperare. Sembrava un'operazione utile a tutti, dal punto di vista tecnico-tattico e dell'immagine in Asia. Invece nonostante i tentativi mal celati del Cagliari di proporlo ai nerazzurri, l'affare non si sviluppò mai. E ci fu chi accolse benevolmente l'epilogo estivo della vicenda, dopo aver definito Nainggolan, e cito testualmente, uno 'scarpone'. Da non credere. Non mi ritengo un fine esperto di pallone, so bene che c'è chi ne mastica decisamente più di me. Eppure all'epoca non mi era sfuggito il potenziale di quel ragazzo eccentrico (preludio all'esplosione colorata successiva) e condividevo l'idea di portarlo a Milano. Per quanto la teoria einsteiniana della relatività legittimasse ogni punto di vista, mi sembrava assurdo che si diffondesse cotanto ostracismo nei suoi confronti e che la stessa società non sferrasse il colpo decisivo su una preda servita su un piatto d'argento.

Stesso discorso nel gennaio 2014, quando Walter Mazzarri fu omaggiato della qualità di Hernanes piuttosto che del temperamento di Radja. Nulla di strano, considerando che a quei tempi nell'Inter non c'era chi sapeva battere un calcio d'angolo. Il resto è storia, in quel mese la Roma fece un enorme affare strappando, con una formula molto creativa e vantaggiosa, il belga al Cagliari per la modica cifra totale di 18 milioni di euro. L'Inter s'impegnò per 20 con Lotito per il brasiliano, che non lasciò traccia a Milano. Oggi siamo qui a sperare che Nainggolan riesca a salire su quel treno dove tre anni fa nessuno lo invitò. E poco importa se le cifre siano tremendamente lievitate, pper il popolo nerazzurro deve riabbracciare Spalletti a ogni costo. Mi chiedo se chi oggi lo ritenga fondamentale sia lo stesso che ne censurava l'arrivo nel 2013.

Cambiare parere è una virtù, ma qui siamo a livelli illogici. Perché Nainggolan non era uno scarpone all'epoca e non è un Pallone d'Oro oggi. Però ci serve, come sarebbe servito quattro anni fa. E il fatto che abbia esordito in A contro i nerazzurri nel febbraio 2010 (già, quella Inter) non può essere una mera coincidenza. Non mi fido dei like e delle risposte sui social per legittimare trattative di mercato. Mi fido solo di chi ha il compito di riportare in alto l'Inter. Per ora, come detto in passato, siamo fermi ancora all'atto di fede, a Borja-Skriniar-giovanidibellesperanze e a un promettente hashtag. Ma i tempi stringono e ci sono delle promesse da mantenere.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 11 luglio 2017 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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