È complicato analizzare una squadra che gioca come l’Inter ma vince comunque le sue partite, restando in alto in classifica. Ha vinto contro l’ultima in classifica subendo una traversa, un palo che l’ha graziata e tenendo in partita un avversario, badando solo al possesso palla. Al rientro dalla sosta sarà decisamente più semplice constatarne i difetti segnalati anche in queste vittorie o le potenzialità inusitate, viste a tratti, come nell’ultima mezzora a Roma. 

L’Inter ha giocato un primo tempo da vera squadra, premendo il Benevento nella propria area e rischiando niente in difesa. Skriniar ha quasi fatto un gol da cineteca dopo aver dribblato due uomini e tirato debolmente, Perisic poteva fare un gol magnifico se, sul calcio d’angolo che lo trovava pronto alla battuta a rete al volo, non avesse trovato la schiena di un avversario. Una giocata che riporta ai tempi di Brehme e Mattheus.  La squadra è stata propositiva e saggia per quasi un tempo, con iniziative che da un lato hanno mostrato gli evidenti problemi dei campani e dall’altra il tasso tecnico superiore dei nerazzurri. Poi ha iniziato a concedere, a togliere la corrente in almeno tre occasioni. Prima D’Alessandro con una discesa culminata con un tiro che ha sfiorato il palo, poi con la traversa di Memushai e infine con il gol dello stesso D’Alessandro resuscitando un Benevento senza speranza.

Nel secondo tempo, la partita, invece di prendere una direzione è rimasta sospesa in un limbo che l’Inter ha tentato di amministrare tenendo palla e creando tre occasioni pericolose.  I beneventani hanno sfiorato il pareggio col palo e poi niente di realmente significativo, se non un paio di spaventi in occasione di appoggi approssimativi a centrocampo o calci d’angolo che hanno trovato la retroguardia in affanno. Ad oggi questa squadra gioca sempre un solo tempo, mostra un calcio sciolto e sicuro, la squadra resta in partita e imprime il suo gioco fino a quando non si complica qualcosa e manifesta un atteggiamento che disturba per l’evidente talento di alcuni suoi interpreti, mostrato senza continuità, quasi svogliatamente e la modalità eternamente distratta di interpreti che, persino in occasione di gare tutto sommato semplici come quelle col Benevento, riescono a rimettere in gioco avversari decisamente inferiori con giocate svogliate, prive di concentrazione. Non solo quest’anno.

Il caso di Brozovic è emblematico: un minuto prima si distrae su un pallone a centrocampo, subisce fallo ma rischia e fa arrabbiare Spalletti, pochi minuti dopo si fa trovare pronto su una splendida giocata di Candreva e la mette dentro con il sospirato inserimento da centrocampista che mancava. Poco dopo si ripete con una punizione eseguita magistralmente e che diventa decisiva. Perciò mentre si esulta per quelle prodezze viene da chiedersi perché Brozovic si accenda solo ogni tanto, pur possedendo numeri da giocatore vero. Il fatto che trae in inganno più di ogni cosa è la classifica, ragguardevole e importante, di quelle che convincono di essere ad un livello molto alto. Può darsi ma c’è un inganno su cui si casca regolarmente

Il fatto è che da due anni il campionato è spaccato in due e le prime in classifica totalizzano molti più punti del passato, allo stesso tempo le ultime ne racimolano pochi. La scorsa stagione, fino a marzo Pioli su 18 partite disputate ne aveva vinte 13, pareggiate 2 e perse 3. Eppure aveva rosicchiato pochi punti e solo lambito il quarto posto. Nonostante questo si parlava di record, di squadra che Pioli aveva domato. La verità è che il livello delle big è notevolmente aumentato, al punto che un punto perso con una squadra della parte destra della classifica è come una sconfitta. Per questo parlo di trend ingannevole, nonostante la gioia e il piacere di vedere l’Inter temporaneamente al secondo posto, una zona della classifica che dovrebbe frequentare stabilmente e non accontentandosi di alcuni momenti favorevoli della stagione. 

Abbiamo già ricordato il parallelo con la stagione di Mancini ma forse è più corretto guardare le avversarie per comprendere realmente la forza reale dell’Inter. Attualmente Napoli e Juve appaiono ad un livello più alto, la Lazio gioca un calcio convincente ed è a soli 3 punti dall’Inter, la Roma si è ripresa e ha vinto a Milano una partita che probabilmente non meritava fino al 70esimo e il Milan è ancora un oggetto misterioso, pur avendo giocato bene, anche meglio della Roma in questo ultimo turno. Se guardiamo solo a noi stessi capiamo poco, perché al rientro dalla sosta sarà importante comprendere se con Milan e Napoli la squadra saprà giocare entrambi i tempi, tenere un ritmo alto, avere intensità e personalità e se Spalletti cambierà davvero il modulo per inserire la seconda punta (Eder). 

Oggi il gioco dell’Inter è maledettamente lento e vedere la squadra giocare da fermo negli ultimi venti minuti, con un linguaggio del corpo che indica sufficienza piuttosto che attenzione, fa tornare indietro alle scorse stagioni e ai mortificanti strapiombi dopo due mesi di salamelecchi tra stampa e tifosi. Milan e Napoli sono le avversarie giuste per smentire o assecondare il brutto vizio di sentirsi appagati solo per essere stati Inter per qualche settimana, invece che per tutta la stagione. 

Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 02 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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