Scudetto, mercato di riparazione e governo cinese. Sono questi i trend topic fissati in alto sull'agenda dei media nostrani che scrivono quotidianamente di Inter. Tre parole che hanno la pretesa di correre troppo, precorrere i tempi, di sfuggire da un presente che mai come nell'avvio di questa stagione sembra aderire fedelmente alle aspettative di tifosi, dirigenti, giocatori e allenatore.

La prima parola di tendenza ha fatto capolino un secondo dopo il back to back vincente con Fiorentina e Roma, quando Luciano Spalletti ha dovuto rintuzzare le pretese spropositate di chi - un po' per provocazione, un po' per strappare il titolone da prima pagina – gli chiedeva se la sua squadra potesse essere competitiva per il titolo. Patata bollente che il tecnico di Certaldo ha passato volentieri al mittente con la sua ormai proverbiale verve toscana: "Noi si punta alla finale di Champions, anche se purtroppo non ci giochiamo. Facciamo qualche discorso più sensato, nel senso che noi siamo arrivati a 30 punti dalle prime (l'anno scorso ndr) e ora è tutto un esaltamento. Così, poi, se arrivi secondo, hai fallito".  

Ecco, il fallimento, questo è il punto del discorso: alzare scientemente l'asticella mediatica, per poi vedere che la tal squadra non ha i mezzi per saltare più in alto delle sue possibilità. Giochino che, di giorno in giorno, l'ex tecnico della Roma sta contribuendo a smascherare, lanciando messaggi biunivoci al suo gruppo e agli osservatori: "Se si dice che bisogna andare in Champions, a me sta bene. Per salire sugli aerei che ci portano in giro per l'Europa dobbiamo fare il check-in in queste partite e l'anno scorso si sono portati a casa pochi risultati in queste partite. Non siamo sulla scaletta degli aerei, siamo a casa a guardare", il concetto espresso prima della gara con la Spal, poi vinta proprio in controtendenza con il magrissimo ruolino di marcia con le piccole fatto registrare nell'annata passata. 

In poche parole, Spalletti vuol far passare l'idea che questa squadra deve scalare le montagne alla sua andatura, non con la pedalata elegante del Napoli né con quella autorevole della Juve; il perché è presto spiegato: l'energia potenziale dei  nerazzurri, vista la storia dei chilometri percorsi negli scorsi anni, è minore rispetto alle due squadre che in Italia possono fregiarsi dello stemma di pretendenti al trono della Serie A.

La fretta che i giornalisti hanno di assistere a uno scatto poderoso della Beneamata, di scollinare a punteggio pieno prima del Gran Premio della Montagna del derby con il Milan del 15 ottobre, è inversamente proporzionale alla strategia sacrosanta fondata sulla prudenza che il caposquadra Spalletti ha imposto al suo capitano, ai luogotenenti e ai gregari.

L'input è chiaro: vietato 'prendere la scia' alle questioni relative alla campagna acquisti di gennaio e al potenziale sblocco delle restrizioni del governo cinese, che poi sono due argomenti che vanno a braccetto. 'Siamo questi. Non facciamoci mettere il bastone tra le ruote, andiamo su compatti con le biciclette che stiamo usando", l'urlo di Spalletti.
Meglio un piazzamento in classifica nella tappa di oggi che una caduta in discesa senza poter usare i freni in quella di domani. Quello che conta è arrivare al traguardo tra i primi quattro della classifica nel Giro d'Italia. La via più dritta, comunque impervia, per arrivare al Tour europeo della prossima stagione pur senza vestire la maglia rosa.  

Sezione: Editoriale / Data: Gio 14 settembre 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
vedi letture
Print