È complicato trovare, durante una partita di pallone, dove sta il confine tra quello che volgarmente viene definito culo e l’abilità di una squadra nel trovare il momento giusto in cui colpire vergognosamente e senza pietà, affossando le speranze altrui. Sta di fatto che a Crotone, come altri amici e colleghi ben più rinomati del sottoscritto hanno evidenziato, prima dell’uno-due definitivo sul filo di lana abbiamo sofferto come delle carogne, rischiando in un paio di circostanze la caduta rovinosa evitata da un Samir col riflesso che la lingua di un camaleonte al confronto è poca roba. Tutto vero, per carità, se non fosse che Handanovic è uno stipendiato dell’Inter, portiere professionista, titolare indiscusso e indiscutibile non soltanto della porta nerazzurra ma anche di quella della nazionale slovena ormai da qualche anno. Cioè, in soldoni, non è uno che stava passando per strada e a cui hanno detto: toh, prendi una maglia e fai il portiere che ce ne manca uno. Trattasi di un marcantonio spesso assai reattivo tra i pali ma, nonostante la stazza, di tanto in tanto balbettante nelle uscite. Sia quel che sia sabato pomeriggio Samir si è limitato a svolgere il suo lavoro, ciò per cui viene remunerato dalla Società nerazzurra; e lo ha svolto più che bene, oltre le più rosee aspettative. Ma, ripeto; viene pagato per quello, mica per fare le righe al campo o tenere in ordine l’erbetta dell’area di rigore o, ancora, per ritirare a fine partita le magliette dei compagni di squadra e portarle in lavanderia. Però non importa; però bisogna sottolineare la prova fortunata della truppa Spalletti, quando in altre circostanze ho letto (anche con piacere, facendo il portiere – scarsissimo – apprezzo sempre e comunque chi resta solo come un cane - ma chi l’ha detto che i cani stanno soli? - per novanta minuti e spesso le fortune o sfighe della squadra dipendono da un suo intervento prodigioso o da una papera colossale) di cinismo assoluto grazie ad un grande numero uno tra i pali.

Pertanto, la domanda che mi sorge spontanea è: scusate, ma quali sono le differenze tra l’Inter di Crotone e altre partite con altri protagonisti ma medesimo copione? Da che mondo è mondo, o calcio è calcio, il pallone non è un’equazione corretta; cioè, non è che se tu hai un paio di occasioni, gli avversari la sfangano e poi trovano la porta non vale e la giuria ti assegna i punti a tavolino. Che poi, se vogliamo dirla tutta, sta in questo l’essenza del calcio, il bello ed il tragico del pallone; più di altri sport, fantastici per carità, si parte da zero a zero e non è detto che il più forte vinca. Spesso capita, inutile negarlo; personalmente trovo che il soccer – come lo chiamano gli statunitensi per i quali il football è altra roba – sia avvolto da un’aura di misticismo e mistero, in fondo non sai mai come andrà a finire. Torniamo a Crotone e lasciamo perdere i voli pindarici o le fantasie romantiche; non abbiamo fatto bene, non abbiamo dato lezioni di calcio ai padroni di casa, non abbiamo dominato in lungo e in largo. Alcuni, io rispetto SEMPRE le opinioni altrui perché il rispetto è la base di una buona educazione, hanno tirato in ballo l’Inter manciniana di cui tutti abbiamo recente memoria; vero, anche col Mancio riuscimmo a centrare un filotto iniziale mica da ridere salvo poi arenarci in sceneggiate, liti interne, ripicche da bambini della scuola materna ed altri fantastici ammennicoli. Per tutta una serie di motivi insomma ma, dal mio punto di vista, per una mancanza reale della Società a supporto di chi stava in panchina, senza menarla ancora con il colpa di quello, no dell’altro o di quell’altro ancora.

Ecco, oggi la Società esiste. Poi alcuni potranno non essere contenti della cosa, alcuni potranno sperare che Suning molli la presa (per andare a finire nelle mani di chi se me lo spiegano sono felice), alcuni potranno non pensarla come me; però è innegabile che la struttura attuale stia diventando più leggera, con poche voci che escono dallo spogliatoio, con una unità d’intenti che difficilmente mi era capitato di vedere in passato. Già, altra obiezione; guarda che anche con Pioli abbiamo fatto sette vittorie di fila giocando bene a tratti ma, nel momento clou della stagione, quando avremmo dovuto dare quel quid in più, abbiamo fatto pena. Vero, ma durante lo scorso campionato lo spogliatoio aveva un peso specifico non indifferente e i giocatori hanno mollato pietosamente, tanto al massimo c’era qualcuno che si incazzava un po’ (Ausilio ad esempio) ma le cose poi rientravano e un bel chissenefrega era d’uopo. Per quel che ho visto, per quel che mi hanno raccontato, per quel che ho inteso quest’anno il vento è completamente cambiato; soprattutto perché i giocatori hanno capito che il tempo delle mele è finito, Sophie Marceau è cresciuta, è il momento di darsi una mossa e chi sgarra viene preso, non letteralmente, a calci nel sedere.

A tutto ciò va aggiunto un ingrediente fondamentale; Luciano Spalletti da Certaldo, l’uomo che più di tutti sta incarnando quel senso di appartenenza e quel significato di nerazzurro sopito da tempi lontani, quando la nostra panchina era occupata da un Vate, da una entità soprannaturale che tutto può nel dorato e magico mondo del pallone. Spalletti non solo ha riportato entusiasmo, ma ha soprattutto creato – o sta cercando di farlo – un gruppo coeso che lavora in una sola direzione, aiutato ed appoggiato in maniera che evidente è un eufemismo, dalla Società. In terra di Calabria, ad esempio, anche nei momenti di maggior difficoltà i ragazzi non hanno mai perso la testa; perché un conto è giocare male – o non bene – un altro farsi trascinare nella bufera come capitava fino a pochi mesi orsono. Insomma, fortunati lo siamo, cinici pure; nel frattempo, mentre continuiamo a tenere il capino basso e sappiamo di dover lavorare ancora fortissimo, godiamoci questo quattro su quattro; in attesa della prossima, con la convinzione che pian piano non potremo che migliorare.

Poi, c’entra zero, lasciatemi fare i complimenti alla Primavera che non finisce di darci soddisfazioni; vincere un derby, anche se a livello giovanile, è sempre bello. Stravincerlo è anche meglio. Ed occhio al ragazzino, Odgaard ha le stimmate per diventare un grande calciatore. Voluto, tu guarda, dalla strana coppia Sabatini-Ausilio. Amatela, sempre. Buon inizio settimana Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Lun 18 settembre 2017 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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