Questo avvio di stagione schizofrenico sta spiazzando ogni stabilità nel commento della squadra di Mazzarri. L’attuale valore della rosa è direttamente proporzionale alle prestazioni di una squadra che disattende le aspettative sia nel bene che nel male. A Palermo l’Inter non ha partecipato alla gara contro i rosanero con una singolare forma di protesta verso la concentrazione. Un approccio superficiale che, grazie a un avversario non irresistibile, nel primo tempo non si è tramutato in un una debacle difficilmente rimontabile. La cosa che ha più sconcertato l’Inter e gli interisti è stato realizzare in pochi minuti la scomparsa di ogni certezza. La difesa è solida e non prende gol da tempo immemorabile? Vidic è un faro? Ogni giocatore sa quello che deve fare dal primo minuto? La squadra è corta e Mazzarri ha capito come valorizzare Guarin? Pronti, partenza via: Vidic non capisce dove si trova, si preoccupa troppo di Vazquez e si fa soffiare il pallone causando il gol gentilmente omaggiato. 

Per quaranta minuti abbiamo visto undici giocatori che tentavano di entrare in partita senza riuscirci. Tutti tranne due: Medel e Kovacic che, pur a tratti, tentava di dialogare con i compagni. Il secondo tempo è stato apparentemente più confortante. Ma dopo 75 minuti la benzina è finita e stava per arrivare la beffa. E’ successo che Guarin invece di chiudere un triangolo ha deciso “insolitamente” di tenere il pallone, farselo soffiare e provocare una ripartenza fulminante dei palermitani. La traversa ci ha messo una pezza ma il concetto di massima è che il colombiano, messo di nuovo a fare il centrocampista, è tornato a fare confusione e ad essere il giocatore più paradossale che si ricordi: pericoloso per i compagni ma anche per gli avversari visto che in almeno due occasioni è andato vicino al gol. 

Continuo a pensare che, se deve essere impiegato, tanto varrebbe metterlo più avanti, perché resta un giocatore atipico. Anche questa sera ha dimostrato di essere potenzialmente importante individualmente ma dilettantesco collettivamente.
Non sono piaciuti nemmeno Nagatomo, Juan Jesus e D’Ambrosio, sono apparsi spaesati Osvaldo e Icardi. Ma il punto dolente sono i cambi, del tutto insufficienti per l’approccio inconsistente che hanno avuto Dodò, Hernanes e Palacio. Soprattutto Hernanes che al terzo indizio fornisce una prova che è in crisi. Non conosciamo i reali motivi che portano il brasiliano a essere tanto intangibile ma non c’è partita in cui il Profeta non appaia cedevole. Non sembra trattarsi di meccanismi, di schemi, di ruolo ma solo di atteggiamento. Il sacro terrore che avvolge l’Inter è che Hernanes sia sempre stato questo e nessuno abbia voluto vederlo. Non è ancora possibile crederlo. Personalmente trovo che questo buon centrocampista giochi meglio su ritmi più bassi, diversamente sembra lo spettatore più vicino al campo.

Eppure questa brutta Inter da trasferta stava per vincere la partita. Se fosse accaduto avremmo sentito parlare di squadra cinica. Ma non è accaduto e c’è da registrare un doppio caso arbitrale culminato in un due gol annullati con due interpretazioni del guardalinee sfavorevoli. Giudicare questa squadra resta ancora un azzardo, così come il lavoro di Mazzarri. Ma resta la sensazione che a centrocampo manchi una vera leadership con esperienza e che sappia nascondere il pallone quando serve. Dovrebbe essere Hernanes e temo che su questo equivoco andremo avanti a lungo. 
Il tecnico dovrà lavorare molto anche sui movimenti dei reparti. In lunghi tratti della partita. I giocatori erano troppo distanti, la squadra era lunga e quando il pallone era tra i piedi nessuno veniva ad aiutare il compagno. 

Mercoledì arriva l’Atalanta. Sarebbe bene che l’Inter si ricordasse come negli ultimi due anni ai bergamaschi è stata regalata la partita per l’approccio sbagliato. Se la squadra è più vicina a quella vista col Sassuolo o quella col Palermo e Torino, lo sapremo presto.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 22 settembre 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
vedi letture
Print